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“Il popolo di mezzo” e la capacità di Mimmo Gangemi di ridare dignità al dolore

Di Luisa Ranieri

Il popolo di mezzo è un libro che, in questi nostri tempi senza memoria, ci ricorda cosa siamo stati e il peso che nella vita hanno le scelte che tutti siamo portati a fare, a volte liberamente, a volte gravati da un destino avverso.
Un romanzo storicoche, dal 1911 a oggi, porta alla ribalta le vicende di una famiglia siciliana inventata nei nomi e nelle vicissitudini ma in tutto simile alle mille che realmente, all’inizio del ‘900, hanno abbandonato i  posti natii per attraversare l’Oceano e cercare nella lontana America quel benessere, quella pace, in una parola quella giustizia, che in patria veniva loro negata e che anche nella nuova terra avrebbe continuato a esserlo.
Si portavano dietro la condanna di una pelle a mezzo tra il bianco e il nero, che li offriva alpiù bieco  sfruttamento o negli assolati campi di cotone o lungo le ferrovie da costruire nelle malariche praterie della Louisiana.
Si portavano dietro le rivalità tra le regioni di provenienza e le guerre tra i clan malavitosi che, sotto la sigla della Mano Nera, hanno impazzato a cavallo degli anni ‘20 per le vie di New York e di altre grandi città americane.
Si portavano dietrola rabbia per ciò che erano stati in Italia e che continuavano a essere in America, dove si faceva presto a issare una corda su un albero e, senza processo, condannare al linciaggio anche le persone più innocenti.
E la rabbia impotente poteva dare alla testa e portare a condurre un’esistenza sempre in cerca di una feroce giustizia personale (come accade a Tony) o, al contrario, essere incanalata e smussata per le vie più mansuete e costruttive dell’arte (come accade invece a Luigi), così come poteva pure spingere alcuni ad affidarsi alla possibile liberazione propugnata dal pensiero anarchico (“né Dio, né stato, né servo, né padrone”) e intanto prestarsi a costruire bombe contro il nemico.
Storie atroci di soprusi e violenze, quelle presenti nel libro di Mimmo Gangemi, anche se, talvolta, nei più feroci assassini, si può assistere al rincrescimento per ciò che sono stati o sono stati costretti a essere (il mafioso Nick Terranova, il giorno prima del suo assassinio, dice a Tony: “dipende da dove si nasce, da come si nasce […]. Se nasci in mezzo ai lupi, impari dai lupi e devi comportarti da lupo. […] I miei, a Corleone, raccoglievano olive sotto padrone, a culo a ponte per dieci ore di fila. Finché si sono stancati e hanno scelto di morire stando in piedi, guardando in faccia a belli e brutti. E siamo venuti in America. Lupi siamo venuti. Lupi affamati. Io ho imparato dai lupi”. E continua: “sposati e fai figli. E lascia perdere il resto, accontentati del punto a cui sei arrivato.”
Lo stesso Tony, dopo la terribile bomba anarchica da lui fatta esplodere davanti a Wall Street, vedendo saltare in aria una bambina che avrebbe potuto avere la stessa età della sorellina scomparsa dopo il linciaggio dei genitori, si sente finalmente aprire nella mente “uno squarcio” che gli fa comprendere che “i torti subiti dall’America non valevano tanta rovina.”
Una vicenda potente, questa raccontata da Gangemi e resa tale non solo dalla costruzione della storia ma anche (e direi soprattutto) dal linguaggio usato: essenziale, quasi sempre paratattico, con costruzioni lessicali a metà tra il siculo e l’italiano e quella che io individuo come la vera forza della sua scrittura, quell’uso del verbo intransitivo come transitivo che, evitando la lungaggine delle perifrasi, arriva alla resa immediata dell’azione: “Masi ringhiò rabbia”, “capitava che si riducessero a ondeggiare i passi”, “Tony sanguinò dolore”, “il macellaio e il figlio… avanzarono i passi”, “le ruote cigolavano lamenti da anime dannate”, “troppi fantasmi a inciampargli il destino”, “il treno sferragliava un ritmo monotono” e via discorrendo.
La candidatura di questo libro al Premio Strega?
Certo che sì: perché in esso lo scrittore, grazie anche a un linguaggio nuovo e fortemente evocativo, riesce a restituire piena dignità al dolore umano.

Foto: tramefestival.it

La copertina del romanzo edito da Piemme

Redazione

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