…eppure l’avvocatura non è un mondo maschile

Di Caterina Fuda
È trascorso un secolo da quando, per la prima volta, una donna poté iscriversi all’Albo Professionale degli Avvocati. Questa donna fu l’avvocato Lidia Poët, che dovette lottare (ben 37 anni di battaglie legali dalla sua Laurea) per vedere così realizzato il suo grande sogno, cioè quello di esercitare la professione forense. E, infatti, prima dell’approvazione della Legge Sacchi, i Consigli dell’Ordine respingevano le domande di iscrizione delle donne Avvocato, ritenendo che l’Avvocatura fosse equiparabile a un Ufficio Pubblico e, quindi, non esercitabile dalle donne. Oggi, invece, i dati nazionali pubblicati dal Consiglio Nazionale Forense e dalla Cassa Forense dimostrano che gli avvocati donne sono quasi alla pari degli avvocati uomini. Purtroppo, i dati numerici non sono in grado di superare le difficoltà del genere femminile ed equipararsi perfettamente agli avvocati uomini.
In un momento storico in cui l’Italia vanta la presenza di donne esemplari alla guida della Giustizia, quale la nota costituzionalista Marta Cartabia, le donne avvocato, però, devono spesso fare i conti con il limite e il pregiudizio che l’avvocatura sia un mondo maschile.
Eppure, nelle aule di Giustizia, ogni giorno dominano la scena le donne avvocato caparbie, valide, intuitive e, soprattutto, ricche di conoscenze giuridiche che non hanno nulla da invidiare ai loro colleghi uomini.
In occasione della Giornata Internazionale della Donna, da avvocato, mi sento il dovere di dedicare questo breve contributo a tutte le donne avvocato che tengono alto il nome dell’Avvocatura Italiana con impegno, costanza e in difesa dei diritti dei propri assistiti.