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Costume e SocietàLetteratura

Dalla padella nella brace

Di Francesco Cesare Strangio

Rossi non poteva permettersi il lusso di far scivolare gli occhi verso il fondoschiena di Barbara, pregiudicando la sua integrità morale e, nel frattempo, mettendo a rischio la stessa operazione commerciale. Era il tipico bollore degli uomini latini che a ogni costo doveva essere inibito.
Spostò il suo pensiero, rifugiandosi nel ricordo del suo vecchio zio, parroco del paese.
Sporadicamente, la sera a cena, raccontava un aneddoto sulla creazione: «Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza.»
Terminata la prima frase faceva seguire una pausa di qualche minuto in modo da lasciare il tempo necessario a chi ascoltava di riflettere.
Poi continuava: «Il diavolo, vedendo la contentezza dell’uomo, pensò di creare la donna; da quel giorno iniziò il calvario della creatura di Dio.»
La donna e Rossi camminarono per circa dieci metri lungo un corridoio di larghezza di due metri circa, finché arrivarono all’alloggio in cui risiedeva. Lo sguardo fu attratto dai cognomi riportati da una targhetta posta al centro del portoncino d’ingresso: Thomas Müller e Anna Fumagalli. Il primo è tipicamente tedesco, il secondo è prettamente lombardo.
Allo squillo della campanella fece seguito l’apertura della porta. Da dietro l’uscio comparve una ragazzina dal sorriso accattivante; dopo aver salutato entrarono.
Si trattava di uno dei tanti alloggi anonimi, composto da due piccole camere da letto, un WC e una cucina-tinello. Barbara fece sedere Rossi a quello che si presentava come il tavolo da pranzo; quando da una porta, presumibilmente il WC, uscì la signora Fumagalli. Aveva i tipici lineamenti italiani, capelli neri e un’altezza inferiore a 1 metro e 70.
La donna si presentò e nel suo linguaggio rimarcava l’accento bergamasco.
Per Rossi fu come vedere una parte dell’Italia. Capita spesso, quando si è all’estero, che emerga il sentimento della patria e l’affetto verso i connazionali.
La signora Fumagalli gli fece un’infinità di domande, per poi terminare chiedendogli se fosse stato qualche volta a Bergamo Alta.
Rossi rispose di sì e aggiunse che andava spesso nella piazza centrale, dove prendeva il caffè al bar dell’Ariosto.
Nel sentire quelle parole la mamma di Barbara riprese a parlare illustrando ogni viuzza e ogni angolo della cittadella medioevale. Le sue parole sembravano animate dalla forza di un fiume in piena.
Quella sera, la signora ebbe la possibilità di sfogarsi parlando senza limite della sua amata Bergamo: iniziò dalla fanciullezza e arrivò al momento in cui aveva conosciuto suo marito e si era trasferita in Germania.
Il marito era morto da un paio di anni a causa di un tumore ai polmoni; era un accanito fumatore, per di più lavorava nella miniera di carbone.
La bambina ascoltava interessata il racconto della nonna. Capiva perfettamente la lingua, ma evitava di parlare giacché temeva che si sarebbero messi a ridere per via del suo rimarcato accento tedesco.
Barbara aveva avuto la bambina all’età di vent’anni e, ventiquattro mesi dopo il parto, perse il marito a conseguenza di cirrosi epatica causata da uno stato cronico di alcolismo.
Rossi volle sapere cosa pensasse della promessa di Klöden sulla firma del contratto.
Barbara gli rispose: «Puoi stare tranquillo, perché Friedrich e Klöden hanno un grande interesse attorno alla commercializzazione dei prodotti oggetto del contratto.»
Poi gli aggiunse alcuni particolari su Klöden che Rossi ignorava.
Barbara gli raccontò che, oltre Friedrich, generale della Stasi, lo stesso Klöden era il responsabile generale del Ministero dell’Esportazione e dell’Importazione, quindi tutto era in mani più che sicure.
Poi continuò aggiungendo: «I due burocrati gestiscono molti milioni di dollari che non sanno come farli uscire dalla DDR
L’informazione non fece altro che dare nuova conferma sulla bontà dell’operazione stessa.
Quale migliore occasione, alterando i numeri, per portare a compimento i propri intenti per poi, a pensione avvenuta, trasferirsi in Italia con tutta la famiglia in barba ai principi social-communisti?
Barbara impegnò Rossi a non proferire parola alcuna su quanto gli aveva confidato quella sera.
L’imprenditore, spinto da quella tipica curiosità innata nell’uomo, le domandò com’era composta la Stasi.
Gli rispose che lo sapeva per sentito dire da suo fratello che svolgeva l’attività di ufficiale nell’esercito della DDR.
La donna iniziò a illustrare la struttura della Stasi: «Internamente la Stasi è composta di varie sezioni e sottosezioni con competenze differenti. Per compiti che possono riguardare l’area di competenza di più sezioni, sono formate le cosiddette Arbeitsgruppen, gruppi di lavoro con mansioni ben definite al riguardo di un singolo compito. Le sezioni principali, invece, vengono numerate con numeri romani e chiamate Hauptabteilungen, mentre le sottosezioni vengono chiamate solamente Abteilungen e delegate al controllo di qualunque aspetto amministrativo, burocratico e persino sociale.»
Barbara gli fece notare che Berlino Est era caduta dalla padella nella brace: dalla Gestapo, alla Stasi.

Foto: culturificio.org

Redazione

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