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Codice gortino: la struttura del processo

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri XXX - Nel proseguire il nostro approfondimento sul Codice Gortino, appare interessante parlare brevemente della struttura del processo presso la città cretese che, per come sottolineano le testimonianze giunte fino a noi, ci permette di evidenziare il peculiare ruolo emancipato ricoperto dalla donna all’interno della società.

Di Giuseppe Pellegrino

Tutti i giuristi mettono in evidenza che la struttura del processo, a Gortina, è uguale a quella ateniese (invero, sarebbe il contrario). In tutti i due regimi processuali l’azione inizierebbe con la cosiddetta agoghe, tuttavia non bisogna disconoscere che l’agoghe, ad Atene, è un mero atto stragiudiziale, mentre a Gortina è un vero e proprio atto giudiziario.
Un’ultima chicca è la legittimazione della donna a stare in giudizio perché chiamata o perché è iniziata una agoghe nel caso, credo, di dispersione della dote da parte del marito o da parte del figlio.
Molto interessanti le disposizioni generali per il matrimonio, che sono uguali tanto per entrambi i sessi quanto all’età, che era stabilita in dodici anni. Non erano consentite la bigamia e la poligamia ed era permesso il matrimonio con un parente collaterale di terzo grado. La separazione dei coniugi, il divorzio, era già codificata ed è indicata nell’iscrizione col termine διάκρισiς (diàkrisis). Lo scioglimento del matrimonio poteva avvenire col consenso di entrambi i coniugi o da una sola delle due parti e lo Stato non vi prestava alcun interesse, esistendo la previsione del versamento dell’importo di cinque Stateri, da parte del marito, se questi era stato la causa del divorzio. La donna che prendeva più di quanto le spettasse veniva punita con una multa.
A Gortina le donne, pur contraendo il matrimonio solo dopo la scelta del marito da parte del pater familias, godevano tuttavia di diritti patrimoniali: potevano ereditare il patrimonio famigliare e, in parte, amministrarlo autonomamente. L’età minima era di 12 anni, sia per l’uomo sia per la donna.
Anche se il diritto è fondamentalmente tradizionale, come nelle età precedenti, le leggi contemplano la possibilità della circolazione monetaria. Da ciò si è inferito che le leggi risalgano agli ultimi decenni del VI secolo a.C. o i primi del V secolo a.C., quando a Creta venne introdotta la moneta. Secondo molti studiosi le epigrafi costituirebbero quindi un’innovazione legislativa. Le leggi di Gortina presentano numerose analogie con il diritto di numerose poleis e, pertanto sono servite per la ricostruzione del diritto civile nella Grecia del V secolo a.C., sebbene numerosi passi mostrino come la società che le abbia prodotte, per il prevalere di società primarie (la famiglia, la fratria) avesse istituzioni più arcaiche rispetto alla polis.
Prima di Alberto Maffi, già Eva Cantarella, nel 1989, in un articolo in più ampio lavoro intitolato Donne di casa e donne sole in Grecia. Sedotte o seduttrici?, spiegava che la discriminante tra donna di casa e seduttrice era la presenza o meno in casa di una figura maschile atta a proteggere l’onore delle sue donne al pari di quello della casa stessa.
Di importanza vitale per il nostro lavoro l’illustrazione da parte del giurista della condizione della donna libera che sposa uno schiavo: cosa di per sé ammissibile a Gortina.
Invero, il Codice di Gortina, alla fine della sesta colonna, tratta, ad esempio, dell’unione tra uno schiavo e una donna libera. I figli della coppia erano considerati schiavi se la famiglia viveva nella casa paterna, liberi se, viceversa, risiedevano in quella materna. Ciò dimostra innanzitutto che esisteva un legame riconosciuto tra schiavo e donna libera.
Nel caso concreto non viene nominato il padrone dello schiavo, il cui consenso era invece fondamentale all’unione a Roma; e nemmeno si accenna nel codice alla famiglia della donna libera il che ci porta a pensare che esistessero anche in quella città donne sole (seduttrici per tornare all’articolo della Cantarella) ma anche intestatarie di case proprie, dove poter vivere col marito.
Infine, si è parlato di una legge del codice relativa al divorzio durante la gravidanza. Dopo la nascita del figlio a Gortina, se questo non era riconosciuto dall’ex marito, la donna poteva autonomamente scegliere di allevare o esporre il bambino.
In definitiva si delineano due linee di pensiero: quella degli illustri giuristi stranieri, che riconoscono nella condizione giuridica della donna gortina gli stessi tratti di sostanziale subordinazione al potere del capo famiglia (padre, fratello o figlio a seconda delle circostanze) che conosciamo per Atene, e quella di coloro che attribuiscono invece alla donna gortina una condizione di autonomia e di libertà maggiore di molto, di solito ritenuta conforme alla matrice dorica, che caratterizza le città cretesi del periodo classico.

Foto: teresigiovanni.wordpress.com

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