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Zomaro, i laghetti e i sentieri di Spartaco

Locride… e dintorni in Mountain Bike VIII

Di Rocco Lombardo

Lo Zomaro è considerata una delle porte naturali del Parco Nazionale d’Aspromonte, ne costituisce infatti il punto più stretto, sviluppandosi lungo il dossone della Melìa, dal quale è possibile avere in più punti una visuale completa del versante tirrenico e di quello ionico; è una località ricchissima di vegetazione, boschi verdissimi, faggi lussureggianti, abeti e pini larici centenari, molto frequentata soprattutto durante i mesi estivi, sia per la frescura tipica montana, che mitiga le torride giornate estive di scirocco, sia per l’esistenza di acque oligominerali conosciute e apprezzate. Un territorio agevolmente raggiungibile dalla Locride attraverso la Strada Statale 111 Locri–Gioia Tauro.
L’antico Monte Caulone si sviluppa geograficamente a nord-est dei contrafforti Aspromontani e si dipana lungo la linea culminante della montagna tra lo Jonio e il Tirreno, tra boschi, sentieri, vecchie torbiere, sorgive di acque oligominerali e resti archeologici che un tempo hanno reso importante e strategica questa zona di montagna, si hanno infatti importanti testimonianze già dai discendenti dei coloni provenienti dalla Grecia Antica: risulta infatti che i Locresi frequentassero da sempre, e per motivi soprattutto militari, questa montagna, e la vollero dedicare a Zeus Omario (Giove conciliatore) da qui, probabilmente, trae origine il toponimo Zomaro.
Il percorso odierno è un classico per tutti coloro che praticano non solo la Mountain Bike ma anche le escursioni a piedi, decidiamo pertanto di partire di buon mattino in gruppo da Locri, imbocchiamo la Strada Statale 111 per risalire la dorsale che congiunge i due mari, attraversando, nell’ordine, il borgo di Gerace e, in rapida successione, alcune contrade a cavallo tra i comuni di Gerace stesso e Canolo. Dopo una serie infinita di curve e controcurve con pendenze anche importanti, percorsi i primi 25 chilometri interamente asfaltati, incontriamo finalmente un tratto pianeggiante, l’altopiano del Passo del Mercante (942 metri sul livello del mare), uno degli undici che uniscono l’Aspromonte e le Serre, che ha rappresentato per molti secoli uno degli sbocchi naturali di transito, relazioni e scambi commerciali tra le popolazioni joniche e tirreniche.
L’escursione odierna ci porterà a toccare i tre laghetti (Varca, Crocco e Moleti) del territorio, ripercorrendo i miti e le leggende legate ai cosiddetti Sentieri di Spartaco; rinfrancati dalle fresche acque sorgive che alleviano le fatiche della salita, ci addentriamo nella fitta e silenziosissima pineta a ridosso del quadrivio, che, attraverso un percorso dolce e suggestivo, al fresco di secolari abeti e al riparo dai raggi solari, ci condurrà nei pressi dell’area di rimboschimento del Serro di Lucrina (dei Locresi), ove il sentiero incrocia la Strada Provinciale e prosegue verso la sorgiva d’acqua di Varca (la Barca).
Seguendo la traccia sterrata arriviamo infatti alla contrada Varca, nei pressi  dell’invaso artificiale omonimo, anche se non è chiaro a cosa sia riferito lo strano toponimo se non, forse, volere rappresentare i luoghi che pare abbiano la forma del fondo di un grande veliero, conosciuto anche come il Laghetto della Mortilla (il fitonomo si richiama al Mirto), realizzato dai Consorzi di Bonifica per antincendio boschivo che, pur mantenendo un discreto fascino, appare alquanto abbandonato alla sua condizione di desolante avamposto ingegneristico-fluviale; si prosegue costeggiando il bacino del laghetto attraverso un sentiero poco battuto, contornato da floridissime e insidiose felci e, tenendosi sul declivio della faggeta, dopo alcuni salti adrenalinici e dislivelli brevi ma impegnativi, si arriva in località Piano di Mortelle, una delle aree coltivate a cavallo tra i comuni di Canolo, San Giorgio Morgeto e Mammola, ove incontriamo un tranquilla e mansueta mandria di mucche al pascolo; si segue sempre la traccia GPS impostata che, incrociando la vecchia Strada Romana, conduce all’acquedotto di Canolo e, quindi, al pianoro sterrato delimitato da alcuni cancelli, teatro di competizioni agonistiche a carattere regionale.
Dalla Torbiera di Piani Gulata, nel territorio di Canolo Nuovo, si continua a pedalare lungo la traccia sterrata sempre mantenendoci a quota 1.000 metri, tra faggete e pinete, in direzione di Pietra Liso e, da lì, si prosegue verso BragaTorto (Pietra Storta), ove è stata rinvenuta un’importante area archeologica, collocabile intorno al IV sec a.C., le cui ricerche, condotte dall’Università del Colorado prima e del Kentucky poi, hanno documentato l’esistenza di un sito fortificato a ridosso della via istmica che congiungeva appunto la costa locrese con la piana del Petrace e del Mesima, un sito che ha restituito fino a qualche anno fa reperti archeologici molto interessanti, ma pochissimo conosciuti. “Un paesaggio di potere, un sistema di preallarme pianificato gestito da Locri Epizephyri all’epoca dei conflitti con Reghion, Crotone e Caulonia”, che attesta in modo inequivocabile l’uso di questa via di comunicazione e di traffico già in epoca preellenica, strettamente collegata alla rete di fortificazioni sparse tra l’Aspromonte e le Serre, ove il crocevia del Passo del Mercante rappresentava il percorso più agevole attraverso la fiumara di Antonimina e la salita di Braga Torto, che scollinava a sud/est in località Palazzo nel territorio di Cittanova; punto suggestivo di osservazione del percorso, il panorama che si apre a noi spazia dal borgo di Antonimina alle gole della fiumara S. Paolo, il mare e i paesi della costa fanno da sfondo a diversi promontori che precipitano a valle in modo vorticoso.
Breve sosta e si riprende la pista sterrata, che ci riporta stavolta sul versante tirrenico attraverso alcuni sentieri a ridosso di profondi fossi ed esaltanti sottoboschi interamente ricoperti da una spessa coltre di fogliame e da una particolarissima biodiversità vegetale; ci inoltriamo quindi nella radura di cespugli variopinti e profumati, attraversando il Villaggio Zomaro, e proseguendo lungo un tratto pietroso e sconnesso in discesa fino a lambire un altro luogo caratteristico: il Casino del Granduca, anche conosciuto come Casa del Principe, un’antica e imponente dimora di montagna, ormai abbandonata a se stessa, vestigia di un passato relativamente recente, grandiosità e bellezza mortificate dai rovi e dalla vegetazione selvatica, ove sono comunque visibili tracce di un “disegno urbanistico-montano ambizioso”, come alcuni tratti di una linea ferrata che avrebbe consentito il trasporto su rotaie prevalentemente di acqua e materiale vario fino al Laghetto di Crocco (conosciuto come il laghetto di Zomaro), realizzato attorno al 1950 nella vallata sottostante dagli Imperiali di Francavilla, nobile casata di origine napoletana, proprietari di buona parte del pianoro, per incrementare la pastorizia e l’agricoltura in montagna, già allora ampiamente coltivata a grano, e la messa a dimora di una decina di maestosi e imponenti alberi di Tasso, censiti e riconosciuti tra gli Alberi Monumentali d’Italia, che formano uno scenografico viale di ingresso alla tenuta stessa.
La pista che conduce al laghetto è molto conosciuta e battuta, ben segnalata dalla toponomastica sentieristica del Club Alpino Italiano, essendo frequentata dagli appassionati della montagna, dai raccoglitori di funghi e da coloro che vengono a rifornirsi alla sorgiva dell’Acqua Bianca, molto apprezzata per le sue qualità terapeutiche. Il toponimo Crocco è riconducibile a un fiore: il Crocus bulbifero, da cui si estrae lo zafferano, il nettare degli dei, che veste di viola questo pianoro.
Comprovate fonti storiografiche narrano che lungo i sentieri di questo territorio affascinante, tra il 72 e il 71 a.C. si combattè la cosiddetta Guerra Servile tra le truppe romane comandate dal proconsole Marco Licinio Crasso (da cui il toponimo Piani di Marco) e lo schiavo-gladiatore Spartaco, il ribelle trace che, a capo di un esercito di schiavi, aveva messo in grande difficoltà Roma, riuscendo a fuggire discendendo lungo la penisola, con l’obbiettivo di raggiungere la Sicilia e da lì la libertà con le navi che avrebbero dovuto mettere a disposizione i pirati Cilici che, non presentandosi, permisero ai Romani di intrappolare l’esercito servile proprio in quest’area. Ecco da dove deriva la denominazione di Sentieri di Spartaco.
Circumnavigato il laghetto, affrontiamo l’ultima parte suggestiva del percorso, riprendendo la traccia che, attraverso un single-track (ovvero un classico percorso di montagna in cui bisogna procedere in fila indiana per le ristrettezze del sentiero disomogeneo e sconnesso) con un giro ad anello ci condurrà fino a Villaggio Moleti nel territorio di Ciminà, alle porte del bosco di Monte Trepitò; affrontato il single-track sbuchiamo infatti per un attimo fuori dal fitto bosco presso Passo Cancelo, che lambisce la strada asfaltata e l’ippovia, per poi riaddentrarci nella faggeta fino a raggiungere il laghetto di Moleti, anche questo un invaso artificiale progettato per la prevenzione incendi, che ci si apre lucente con un riverbero verde brillante per la fitta pineta che lo circonda e nelle cui vicinanze sorge una area pic-nic attrezzata con panche e fornaci, ove ci concediamo un meritato riposo.
Ci aspetta adesso la via del ritorno: usciti dal bosco riprendiamo la SP 36, che ci obbliga ad alcuni sali scendi e falsi piani molto dispendiosi, anche per i chilometri già accumulati, che inevitabilmente cominciano a irrigidire le gambe, fino ad incrociare la Strada Provinciale 80, che in ripidissima discesa, superati i Piani di Spilinga,ci porterà alle porte del borgo di Antonimina e quindi alle Terme delle Acque Sante della frazione Bagni, da dove percorrere gli ultimi sette/otto chilometri fino al punto di partenza.
Il percorso totale si è articolato in 75 chilometri circa, con una estenuante prima parte in costante ascesa fino ai 1.000 metri slm, una serie di tratti sterrati e sconnessi tra boschi e radure, la visita ai tre laghetti del territorio, il tutto con un dislivello altimetrico complessivo di circa 1.300 metri; percorso affrontato in gruppo con Giovanni Mento, Giuseppe Piccolo e Giuseppe Pileggi, in una calda mattinata di inizio estate.
Alla prossima escursione!

Redazione

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