Le riforme di Pisistrato
La Repubblica dei Locresi di Epizephiri XXXVII - Pisistrato fu per Atene un tiranno che oggi definiremmo illuminato, in grado di rivedere completamente la politica sociale cittadina e di valorizzare al meglio la produzione agricola e industriale. Per questo, esattamente come recenti scoperte dimostrano che avvenne anche a Rodi, venne preso a modello dall’antica Locri.
Di Giuseppe Pellegrino
Nessun discorso sarebbe comprensibile senza fare riferimento a Pisistrato e al suo sistema di tassazione presso i Greci. La riforma implica il superamento della cosiddetta liturgia, per la quale era vietata una imposizione diretta di tributi ai cittadini.Superato il momento, si era proceduto a una forma di riscossione di somme necessarie al mantenimento della polis come tributo imposto, seppur accettato malamente.
Nel tempo, è chiaro, il metodo della liturgia si presentò farraginoso, poco pratico, e finanche ingiusto. Pisistrato si pose il problema della tassazione. Fece anzi di più: una riforma agraria, e un sistema di tassazione unico.
Pisistrato fu un tiranno che oggi diremmo illuminato: avveduto e benevolo. Distribuì la terra ai contadini sottraendola agli Aristocratici, che non la coltivavano, anche in modo violento. La cosa più importante fu la sua riforma agraria e il suo sistema di tassazione ad Atene, che così Aristotele descrive:
La tirannide di Pisistrato si instaurò dapprima nel modo seguente con siffatti risultati. Pisistrato amministrava le faccende della città in modo moderato, con indulgenza e clemenza verso coloro che disobbedivano, e anticipava ai bisognosi il danaro per sostenere i lavori per la campagna. Con ciò otteneva due risultati, non rimanendo nessuno in città, perché si occupavano della campagna, disimpegnandosi così dalle beghe cittadine e, nello stesso tempo, avendo disponibilità di beni, le producendo entrante maggiori con una campagna fiorente. Imponeva infatti la decima. A tal fine previde l’esistenza di giudici che distribuì per i villaggi con il compito di controllare (il raccolto), di prevenire le beghe, al fine di evitare l’abbandono della campagna e che si disinteressassero della coltivazione.
Fuori dal farraginoso e poco chiaro resoconto di Aristotele, di fatto ci fu una riforma agraria e un sistema di tassazione unico per tutti.
La riforma agraria fu anche violenta, perché sottrasse le terre incolte ai possessori e la diede ai contadini. Pisistrato si inventò anche una sorta di prestito agrario, dando ai contadini contributi sia per l’acquisto di terreni, sia per il loro miglioramento, non gratuitamente ma con un tasso minimo: cosa questa non di poco, in tempi in cui l’usura era la norma e raggiungeva tassi insopportabili. Vi era obbligo, però di coltivare solo ulivi.
L’imposizione fiscale fu unica per tutti: la decima. Il dieci per cento del prodotto andava all’Erario della polis. Certo l’imposizione non fu gradita.
La ragione, invece, per cui il prestito agrario veniva concesso solo per la coltura di olivi non era stata capita fino alle scoperte archeologiche di Rodi.
Gli accertamenti archeologici avvenuti a Rodi (anno 2004) hanno portato a conoscenze storiche imprevedibili. Qui è stata rinvenuta una vera e propria fonderia, che funzionava a base di olio di oliva, che è stata datata 2600 a.C. In tale periodo, Rodi era passata dalla influenza egiziana a quella greca. L’esistenza di un sistema raffinato per l’epoca di poter fondere metalli in modo facile portando la temperatura ad oltre 1.200 gradi, per forza di cose fa spostare molte date sulla conoscenza degli antichi. Invero si trattava di un frantoio. Il frantoio, ritrovato praticamente intatto, presentava due reparti: quella di macinazione e di spremitura delle olive; un secondo reparto della cui utilità ci si è resi conto solo dopo un’intuizione. Nel secondo reparto, infatti, è stata trovata una quantità di orci per l’olio di grande dimensione e difficilmente trasportabili. L’attenzione fu richiamata da un orcio gigantesco, posto a una certa altezza, con alla base dei buchi e a distanza di qualche metro da una sorta di fonderia. Fu riprodotto e collegato con canne la fonderia con l’orcio. Quindi, messo l’olio, che dall’orcio finiva nella fornace per caduta, si proseguì al fine di tarare il grado di fusione. Si raggiunsero i 1.200 gradi: temperatura questa sufficiente per fondere il bronzo e anche il ferro. L’olio d’oliva era l’equivalente del petrolio e non serviva, se non limitatamente, ai fini alimentari, ma ai fini industriali.
Questo il punto di arrivo. Per il resto la tassazione, intesa come onere posto a carico dei cittadini a fini pubblici, inizia di certo con la liturgia, per poi seguire, in epoca della moneta, con la tassazione. A Locri l’evento ebbe modalità e ritardi diversi per una duplice ragione: la prima è che una disposizione attribuita a Zaleuco inibì alla polis di emettere moneta. Ciò fino al 354 a.C., per cui il baratto e le sue conseguenze durarono molto di più che presso gli altri Greci. La seconda è che la presenza del klèros aveva in sé il dovere di contribuire per le spese della polis. E tuttavia, la liturgia non era ignota presso i Dorici.
Foto: leussein.eurom.it