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Montalto, Rifugio Canovai, Cascate Forgiarelle e Palmarello

Locride… e dintorni in Mountain Bike XIV

Di Rocco Lombardo

Il percorso odierno ci consente di abbandonare completamente la frenesia quotidiana e di immergerci nel cuore vero e primordiale dell’Aspromonte per ammirarne la cima più alta, incastonata e sospesa tra tre mari; un luogo incantato da visitare e apprezzare con il giusto spirito per prendere nuova coscienza del nostro essere, di chi siamo e quale sia il nostro posto nel mondo.
Un viaggio attraverso la montagna continentale più meridionale d’Europa oggi può risultare quasi un’esperienza esotica e sensoriale, l’esplorazione di un mondo a sé, un territorio ai più sconosciuto, selvaggio, spesso inaccessibile, aspro appunto.
La vetta del Montalto, meta privilegiata dagli escursionisti, dagli amanti della montagna e dai bikers, con i suoi 1.955 metri sul livello del mare, dona un fascino arricchito dalla presenza imponente e ascetica, sulla sua sommità, della statua bronzea del Redentore e dalla Rosa dei Venti, che saranno teatro dell’appendice finale del giro odierno, affrontato in compagnia di un gruppo di amici.
Partiamo di mattina molto presto e percorriamo a bordo di un pick-up e di un fuoristrada, con le bici al seguito, la Strada Statale 106 da Locri fino Bovalino, per poi incrociare la Provinciale per San Luca e quindi, da lì, addentrandoci nei primi contrafforti aspromontani, fino al crocevia per Polsi-Piani di Carmelia, avvolti da una suggestiva nebbia mattutina e con la temperatura decisamente gradevole (per non dire freddina, considerando 10° a fronte dei 35° registrarti alla partenza da Locri), fino a raggiungere appunto la località del Montalto, ai piedi dell’indicazione toponomastica che delimita l’Area della Riserva Naturale per le Biodiversità delle Foreste Demaniali dell’Alto Aspromonte, da dove dare inizio all’escursione vera e propria in Mountain Bike, con un primo tratto di un paio di chilometri, asfaltato e in falso piano,  fino all’altopiano Materazzelli.
Il percorso che abbiamo prefigurato risulta abbastanza impegnativo per il duplice fattore dell’altimetria e del dislivello complessivo; decidiamo pertanto di affrontarlo e dividerlo in due diverse mini-tappe, attraverso alcuni sentieri che, attraversando boschi e crinali mozzafiato, estendendo lo sguardo alle varie bellezze naturali: dalle cascate agli stretti valloni, passando per i numerosi agglomerati rocciosi.
Le Foreste dell’Alto Aspromonte sono affascinanti ed estremamente suggestive per chi ama la natura, ma anche per coloro che, recandovisi, non potranno non rimanere impressionati dalla magnificenza dei boschi, puntellati da alberi secolari e imponenti pini larici.
Decidiamo di imboccare lo sterrato segnalato in località Porta Materazzelli (1.825 m), da cui si dipana un sentiero accidentato e in certi tratti pietroso, che, prevalentemente in discesa, dopo circa un decina di chilometri ci permetterà di raggiungere il Rifugio Canovai (1.320 m). Ci si immette quindi fin da subito in un bosco di faggi e pini e, dopo qualche minuto, si arriva su una sterrata in abbandono, si scende qualche breve tornante e si arriva sulla pista principale, che delimita il Parco Territoriale per la Biodiversità. La pista prosegue il dislivello di quota a mezza costa non senza difficoltà, ma consente di ammirare qualche notevole esemplare di pino e quercia secolari. Superato un piccolo torrente diretto affluente dell’Aposcipo, percorriamo, in lieve salita, un altro breve tratto, e siamo al bivio che si congiunge alla strada asfaltata imbattendoci in un grande tabellone toponomastico con le varie indicazioni direzionali: seguiamo l’indicazione per il rifugio Canovai.
La pista un po’ asfaltata e in qualche tratto sterrata, scende tra splendidi e secolari boschi di abeti, faggi, querce e pini, in un contesto ambientale selvaggio e grandioso, ove è possibile vedere esemplari maestosi di abete bianco e la regina di questi boschi, ovvero la quercia-farnetto, relitto nazionale della specie, con alcuni esemplari davvero imponenti. Pochi tornanti prima del rifugio Canovai, sulla sinistra della strada, un sentiero taglia dritto nella pineta, conducendo lo sguardo a un esemplare monumentale la cui età è stimata tra gli 8 e i 10 secoli: il tronco è enorme, ricoperto di muschio, e i possenti rami si protendono in ogni direzione. Ancora qualche minuto e ci troveremo al cancello di Rifugio Canovai.
Lasciamo momentaneamente Canovai, costruito negli anni ’50 come dormitorio per ospitare gli operai che lavoravano nelle foreste demaniali, per incrociarlo nuovamente più avanti nel giro ad anello, e procediamo, per circa 1 km, costeggiando il torrente Ferraina tra secolari piante di ontani; giunti nei pressi di un ponte, troviamo un luogo particolare, di forma circolare, realizzato utilizzando il pietrame locale, per ospitare funzioni religiose in cui è presente anche un primordiale altare in pietra e una croce in legno; da qui si inerpica una mulattiera che inizia a salire con diversi tortuosi tornanti che conduce a un bivio da cui si diramano varie indicazioni: a destra si va verso la località denominata Croce di Dio sia Lodato, al centro verso la Valle Infernale e a sinistra verso Pollia, Cerasia, Montalto.
Si prosegue in lieve salita in quest’ultima direzione e, dopo pochi chilometri, si raggiunge un nuovo bivio ove pieghiamo sul sentiero di destra, in leggera discesa fino ad arrivare nel fondo valle, in cui scorre il torrente Cerasia. Una volta arrivati alla fine della strada (dopo circa 45 minuti), si prende il vero e proprio sentiero per le Cascate Forgiarelle: arrivati infatti nei pressi di un terrazzamento panoramico con tanto di indicazione toponomastica del sito, è necessario, dopo aver lasciato le MTB nei pressi di una staccionata, fare attenzione, perché il sentiero costeggia una parete rocciosa e, lungo il margine destro, rimane il vuoto.
In circa 15/20 minuti ci troviamo di fronte a uno spettacolo unico: le Cascate Forgiarelle in tutta la loro caratteristica morfologia, generate dal Torrente Ferraina e composte da quattro stupendi salti; siamo scesi a quota 1.200 m circa, nel cuore del Parco Nazionale d’Aspromonte, dove il torrente Ferraina compie un salto di 70 m, formando uno spettacolo tra i più suggestivi  dell’intero Aspromonte. Superfluo dire che ci concediamo un freschissimo bagno, con tanto di tuffi e doccia sensoriale ghiacciata nella pozza più ampia, che scaturisce dal multiplo salto che compiono le acque freddissime.

Risaliamo il costone della cascata lasciando a malincuore un angolo di paradiso, e riprendiamo le MTB percorrendo brevemente il percorso a ritroso, tra piste nei boschi, sentieri impervi e piccoli guadi; seguiamo la pista GPS fino alla località Croce di Dio sia Lodato, una salita impegnativa e molto dispendiosa, resa ancor meno agevole sia dal sole a picco, sia dal fondo sterrato cosparso da un tappeto di aghi di pino e pigne che rendono ancor più complesso il controllo della bici, fino a godere di uno strabiliante panorama, che si apre all’improvviso, un vero e proprio sipario che spazia fino al Mare Ionio attraverso la cinematografica Valle dell’inferno e comprende alcune delle cime più interessanti dell’Aspromonte ionico, come Puntone Galera, Monte Perre, Monte Iofri e Monte Scapparrone. Da qui si irradia un ulteriore sentiero che conduce nella foresta del Ferraina, con degli esemplari quasi millenari di quercia farnetto di una maestosità che lascia senza fiato, noi però riprenderemo a ritroso il sentiero.
Il ritorno risulta sicuramente più agevole e passa nuovamente, dopo alcuni chilometri, dal nostro punto di riferimento dell’oasi Canovai (dove verrebbe voglia di stabilirsi per sempre!); dal cancello del rifugio si diramano adesso due piste sterrate: quella più in alto sale a Materazzelli in 8 km (parallela al sentiero percorso in discesa in precedenza e in gran parte asfaltata), mentre quella più bassa segue per un tratto il versante destro orografico del Torrente Ferraina e, dovendo raggiungere la Cascata Palmarello, seguiamo quest’ultima per un breve tratto fino primo bivio ove pieghiamo a destra subito dopo una radura, fino a incontrare il Torrente Aposcipo, che si presenta con pozze di acqua cristallina, in cui ci concediamo un’ulteriore sosta rigeneratrice, con foto di gruppo e frugale merenda prima di riprendere la salita. Guadato non senza difficoltà il torrente bici in spalla, dato che l’alveo in alcuni tratti ha subito smottamenti per le piogge invernali che hanno fatto degradare grossi massi e tronchi sul greto, la pista ricomincia a salire con stretti tornanti tra pini larici maestosi, fino a giungere in un punto aperto in località Pollia dove s’incrocia un’altra pista.
Si prosegue a destra continuando a salire, sino a raggiungere lo sterrato, per riprendere poi l’ulteriore sentiero che ci porta in cima alla cascata denominata Palmarello, una volta abbandonata la strada più battuta, da subito comprendiamo che non si tratta di una semplice salita: infatti, dopo aver percorso circa 1 km sul crinale della montagna, il sentiero scompare e in una ripida e pericolosa discesa, in mezzo a rocce di grandi dimensioni e alla tipica vegetazione secca che caratterizza l’Aspromonte in questa stagione.
Finalmente raggiungiamo il punto panoramico, che ancora una volta ci regala l’ennesima sorpresa, la Cascata Palmarello, appunto, che si sviluppa praticamente sotto i nostri piedi, e solo dall’alto, tra la fitta vegetazione, riusciamo a intuirne il maestoso salto che, infrangendosi rumorosamente sulle rocce, sfocia sul torrente Aposcipo; la cascata è formata da un salto unico di circa 80 m, sicuramente tra i più alti del Parco Nazionale dell’Aspromonte.
Non possiamo scendere il costone in bici, non riuscendo peraltro dall’alto a valutare al meglio la condizione del percorso di risalita del torrente, decidiamo quindi di fermarci un attimo su questo spuntone di roccia, distante circa 60 m in linea d’aria dalla cascata trovandoci al cospetto di uno spettacolo a cui le parole non possono in alcun modo rendere giustizia, ma vi assicuriamo che trovarsi sul vuoto e ascoltare una colonna d’acqua che salta da una tale altezza con tanta veemenza è veramente una sensazione bellissima.
Dopo aver goduto del paesaggio circostante per qualche minuto, è il momento di rientrare, consapevoli che ci attenderà una bella salita; nonostante le asperità dell’ascesa, in circa 40 minuti raggiungiamo nuovamente il nostro punto di riferimento costituito da Rifugio Canovai, e quindi, ripreso il sentiero, tralasciati alcuni bivi a destra che portano di nuovo verso l’aposcipo, dopo circa 6 km da Pollia si raggiunge finalmente la strada asfaltata fino alla cancellata del Corpo Forestale dello Stato, che delimita l’area protetta e quindi al punto di partenza di Porta Materazzelli, da dove poter riprendere la dorsale aspromontana che, a sinistra, conduce alla Diga del Menta e, quindi, Gambarie, mentre a destra, lasciatoci alla spalle il rudere di un antico romitorio, ripercorrendo il tratto asfaltato e dissestato torniamo alle auto, ai piedi della vetta del Montalto.
D’obbligo la scalata a piedi alla vetta del Montalto lungo la scalinata, a tratti divelta, che ha origine dalla strada asfaltata, in poco tempo eccoci sul pianoro del Redentore: con uno sguardo d’insieme abbracciamo l’intera punta dello Stivale, riuscendo nitidamente a osservare i tre vulcani: Etna, Vulcano e Stromboli; Montalto, con i suoi panorami, col suo silenzio, seppur ad altissima quota, risulta molto vicino a tre mari: il Tirreno, lo Jonio e lo Stretto e rappresenta in assoluto una meta privilegiata per gli escursionisti di ogni dove, e un importante crocevia per chi percorre a piedi l’Aspromonte, l’emozione della conquista della vetta dopo l’arrampicata su per il sentiero, è esaltata dai brividi trasmessi dal panorama unico e irripetibile, una fantastica perla di una Regione la cui realtà naturalistica montana è troppo spesso dimenticata.
A conclusione dell’escursione un ringraziamento doveroso ai compagni d’avventura Giuseppe Piccolo, Giuseppe Pileggi, Sammy Accursi, Giovanni Mento e Vincenzo Neri, che hanno condiviso un esperienza emozionante e coinvolgente, da conservare e raccontare!

Redazione

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