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Attualità

La lotta agli incendi e il ruolo attivo dell’Aeroporto dello Stretto

Di Pasquale Amato e Domenico Gattuso  

Già in un documento tecnico pubblicato nell’Aprile 2017 dal Movimento di Cittadinanza Attiva, di cui siamo coordinatori, curato da una equipe di tecnici qualificati, si è osservato che esiste un grande potenziale di domanda di mobilità per l’Aeroporto dello Stretto (turistica, per lavoro, studio, cure) assorbendo anche una parte rilevante del traffico dell’aeroporto di Catania, ormai in avanzato stadio di saturazione. Nello stesso documento si affermava che:

Occorre anche inquadrare la presenza dell’Aeroporto dello Stretto in chiave di protezione civile, per l’assistenza a un’area che prevede il massimo rischio sismico e le cui reti di soccorso via terra sono limitate alle strade statali ben note e alla ferrovia, strutture che in caso di forte sisma potrebbero non essere agibili.
Allo stesso modo l’aeroporto sarebbe centrale per le operazioni di Stato (Protezione civile, Vigili del Fuoco, e così via). Con un cerchio di raggio di meno di 300 km, centrato sullo Stretto (che corrisponde a 50 minuti di volo di un Canadair), si copre la Sicilia, la Calabria, buona parte del territorio lucano e tutto il Cilento campano.

Tra le misure suggerite per il rilancio dell’aeroporto nel documento si indicavano tra l’altro:

  • il potenziamento dei servizi per l’aviazione generale, che passa per le strutture di ricovero (hangar), assistenza (manutenzione), rifornimenti (carburante per aeromobili);
  • il potenziamento/creazione di infrastrutture/servizi tecnici per gli aeromobili. Altresì la costruzione di strutture di ricovero /assistenza per differenti taglie di aeromobili permetterebbe lo stazionamento di velivoli executive, di protezione civile, elicotteri e via discorrendo invertendo il trend che ha costretto gli operatori dei Canadair ad abbandonare l’Aeroporto dello Stretto.

Il riferimento al documento è importante in ordine due considerazioni allorché si voglia affrontare seriamente la questione della salvaguardia ambientale e dell’ecosistema rispetto ai devastanti incendi cui si assiste in queste settimane.

  1. La migliore difesa contro gli incendi boschivi si attua attraverso misure di prevenzione e di monitoraggio (presidio dei siti, strisce tagliafuoco, cura della vegetazione e del sottobosco, taglio periodico razionale e così via). Occorre una presenza diffusa di forestali preparati e opportunamente equipaggiati (con una pseudo-riforma del 2016 il governo Renzi assegnò all’Arma dei Carabinieri lo storico Corpo Forestale, trasformando da un giorno all’altro coattivamente i dipendenti in militari). Occorre attivare politiche per il recupero dei borghi antichi e la valorizzazione agro-forestale delle aree interne. Occorre curare la sentieristica e favorire la presenza di escursionisti e turisti guidati da esperti. Occorrono strumenti adeguati per individuare focolai di incendio o presenze sospette di piromani (esiste ormai un ventaglio di tecnologie e di sensori specializzati) e attivare pronti interventi. Occorre vincolare le aree bruciate in modo che esse non siano appetibili agli speculatori. E certamente si potrà fare ricorso a altre misure sperimentate con successo in passato. Indubbiamente occorre agire da terra, ma in taluni casi un intervento rapido non può essere possibile con mezzi stradali considerata la natura spesso impervia dei luoghi collinari e montani. La rete di monitoraggio e controllo del territorio richiede pertanto una dotazione di mezzi aerei di diversa fattura: dall’aereo leggero di ricognizione, all’elicottero, al drone teleguidato. Va da sé che infrastrutture aeroportuali e basi eliportuali giocano un ruolo importante, specie se già esistenti; e vanno adeguatamente attrezzate e utilizzate.
  2. Se la situazione sfugge di mano e scatta l’emergenza, occorre tuttavia assumere altre misure per arrestare l’evento critico e contenere gli effetti di disastro. Nel caso specifico degli incendi delle foreste occorre una buona dotazione di mezzi terrestri e aerei, nonché di personale qualificato e preparato ad affrontare condizioni di rischio. I mezzi d’intervento più veloci e potenti sono senz’altro gli elicotteri dotati di secchio e gli idrovolanti.

A questo proposito si avanzano le seguenti riflessioni:
il costo di un canadair si aggira sui 40 milioni di euro, circa un quarto di un aereo F-35; la flotta di canadair di Stato è composta da 15 canadair e 15 elicotteri. L’Italia sta acquistando 90 caccia militari F35 per 14 miliardi di euro, ovvero macchine da guerra. Come non rilevare l’assurdità delle scelte di governo? Con 1 solo miliardo di euro si potrebbero acquistare 25 canadair invece di 6 aerei militari, con 10 miliardi addirittura 250 canadair. Allora perché non agire in questo senso e dotare gli aeroporti strategici di canadair e di piloti di Stato? Il servizio civile sarebbe certamente più redditizio e il costo dei disastri determinati dagli incendi assai più contenuto.
Il Governo si trova in mano oggi una dotazione straordinaria di risorse finanziarie con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (o Recovery Fund); e il Sud ha diritto di vedere riconosciuta un’equa considerazione ai fini del recupero del ritardo di sviluppo determinato da prolungate ingiuste politiche. Prima ancora di parlare di grandi opere che potrebbero contribuire a danneggiare l’ambiente occorre puntare su interventi significativi, mirati, necessari ed efficaci in tempi rapidi (per il PNRR la scadenza è il 2026). Si potrebbe, fra l’altro, ridare dignità all’Aeroporto dello Stretto, garantendo la continuità territoriale che gli spetta, e dotandolo di una flotta stabile operativa di canadair, aerei da ricognizione, elicotteri, droni, tecnologie di controllo e comunicazione, per finalità di protezione e soccorso civile su un territorio molto ampio fatto di foreste, di ambienti straordinari, di isole come le Eolie, di borghi antichi e città storiche. Un canadair in decollo da Reggio può garantire un raggio d’azione di 100 km in 15-20 minuti, ovvero coprire tutta l’area metropolitana dello Stretto. L’Aeroporto dello Stretto risulta infatti strategico per la sua posizione e di certo non congestionato da movimenti aerei paragonabili per numero e frequenza a quelli di Catania e Lamezia. È tempo che le istituzioni di governo locale (Città Metropolitana, Regione, Comuni) si facciano sentire, assumendo una strategia politica lungimirante e di sistema. Più che di messaggi di solidarietà, la comunità ha bisogno di azioni concrete, rapide ed efficaci. Ognuno faccia la sua parte, solo insieme si vince.

Redazione

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