“Dobbiamo chiedere perdono a Mario”
Riportiamo il testo dell’omelia pronunciata ieri dal Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace Francesco Oliva durante le esequie di Mario Zavaglia, il pensionato di Grotteria che ha perso la vita lo scorso 11 agosto durante l’incendio che ha devastato l’Aspromonte nel tentativo di salvare i propri animali.
Oggi la chiesa fa memoria di un santo martire, vittima della violenza nazista, san Massimiliano Kolbe, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, fondatore della Milizia di Maria Immacolata. Morì nel campo di sterminio di Auschwitz. Un sacerdote martire della carità. A san Massimiliano chiediamo che ci renda capaci di amare il prossimo, di cercare il bene comune, di rispettare la natura e l’ambiente che è la nostra casa comune.
Davanti a noi c’è la salma di Mario, deceduto a causa degli incendi che hanno bruciato tanti nostri boschi. È morto per difendere ciò che gli apparteneva: animali, alberi e le sue poche cose. A lui dobbiamo chiedere perdono: la sua morte è opera di mani criminali, di assassini ambientali, che esprimono il volto negativo della nostra società. Sono le mani di coloro che senza scrupoli distruggono il verde, la natura, gli alberi, l’ambiente. Uccidono la vita, perché distruggono il creato, quel meraviglioso giardino che Dio ha fatto per noi e ha affidato alle nostre cure. E così spengono la speranza. Chi brucia sta cancellando non solo il presente della nostra terra, ma anche il futuro, non crede nella vita e neppure in Dio, rompe la comunione con Lui e con la comunità credente. Dimentica che attentare alla natura e all’ambiente è far morire l’umanità e Dio che l’ha creata. La natura è un dono del suo amore, è la ricchezza più grande che ci ha consegnato, un dono che ha affidato alla nostra responsabilità. Custodire e salvaguardare l’ambiente è un dovere al quale non possiamo sottrarci, sarebbe un rinunciare alla vita. Occorre difenderlo dai piromani. Essi sono nemici dell’umanità, responsabili di un crimine contro la famiglia umana; mettono a rischio persino la vita di coloro che, con senso di responsabilità e fatica, lavorano e si prodigano per spegnere gli incendi. Faccio difficoltà a pensare che possano essere fedeli che frequentano le nostre chiese, che chiedono i sacramenti e festeggiano i Santi Patroni. Non si può pensare di aver fede in Dio e nello stesso tempo distruggere la natura. Come possiamo dire di credere in Dio, di servirlo e di ascoltare la sua voce, se distruggiamo la sua opera?
Ai fedeli, in riparazione di un peccato sociale così grave, chiedo di fare un digiuno o un’opera di misericordia, domani [oggi, ndr.] 15 agosto, il giorno in cui tanti sono soliti recarsi in montagna. Tutti dobbiamo chiedere perdono a Dio per coloro che hanno commesso questi atti distruttivi, provocando anche la morte del fratello Mario e di altri innocenti, per lo più, contadini legati alla terra, in vita e in morte. Morti soltanto perché volevano difendere i propri campi, gli uliveti e i propri animali.
Chiediamo perdono anche per gli animali e la selvaggina uccisa dalle fiamme.
Chiediamo perdono al Signore per i responsabili di questo disastro ambientale, che hanno trasformato in deserto la nostra bella terra. Tutti ne pagheremo le conseguenze, anche loro.
Dio soffre quando non mostriamo gratitudine per il creato e non lo riconosciamo attraverso le sue opere. Così facciamo soffrire Dio. Come può Dio continuare a fidarsi dell’uomo che distrugge l’opera delle sue mani? Come può fidarsi di chi disprezza la natura e uccide la speranza?
Cosa ci resta allora da fare? La risposta l’abbiamo nell’esortazione di Giosuè al popolo d’Israele: “Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà”. Temere il Signore, servendo, amando e rispettando le sue creature.
Ecco quel che ci resta compiere ora: riconciliarci con Dio e con la natura! Riconciliarci con la natura adottando un angolo di verde, un bosco, impegnandoci a custodire l’ambiente da ogni forma di inquinamento. Sono in molti ad auspicare una politica che riavvicini il cittadino alla montagna e ai boschi, una politica che lo renda corresponsabile nella loro tutela, che educhi a vedere la natura come madre, non matrigna, una risorsa per tutti e non una limitazione allo sviluppo del territorio, un bene comune di custodire senza abusarne. Coinvolgere il cittadino, singolo o in cooperativa, nella custodia del bosco e aiutarlo con incentivi economici può essere una via che lo avvicina a esso e lo responsabilizza nella sua cura. A che serve spendere risorse quando il bosco è già aggredito e distrutto dall’incendio?
Amare l’ambiente e tutta la natura ci avvicina a Dio e fa sì che tanti si avvicinino a Lui. È quanto indirettamente chiede Gesù, rimproverando i discepoli che impedivano i bambini di andare a Lui: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me». I fanciulli incontrano Dio amando il verde, i prati, la natura. Alterare l’ambiente e le condizioni climatiche è impedire che essi vadano a Gesù. Ai piccoli e alle generazioni future abbiamo il sacrosanto dovere di consegnare un mondo più vivibile, bello e gradevole. Chiediamoci: quale mondo consegneremo loro continuando così? È una domanda che consegno a me stesso e a ciascuno di voi.
Foto: telemia.it