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Gli elementi caratterizzanti la lieve entità del fatto

Breve storia della Legge sugli Stupefacenti XV - Ci soffermiamo ulteriormente sugli elementi caratterizzanti la lieve entità del fatto, perché anche i mezzi e le modalità dell’azione, come vedremo, possono costituire un’importante discriminante nella decisione finale del giudice.

Di Serena Callipari, Davide Barillà ed Enzo Nobile

Sono da qualificarsi come lieve entità del fatto tutte le vicende delittuose relative alla violazione dell’articolo 73 del Decreto del Presidente della Repubblica 309/90 in cui le condotte, in virtù degli elementi di fatto inerenti all’azione criminosa e quelli relativi all’oggetto materiale del reato, sono caratterizzati da una minima offensività.
Gli elementi da prendere in esame ai fini della configurazione dell’autonoma figura delittuosa della lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, DPR 309/90 possono certamente individuarsi nella modalità e nei mezzi utilizzati per compiere l’azione delittuosa e nella quantità, qualità e tipologia della sostanza stupefacente.
Quanto ai suoi elementi caratterizzanti, le descritte novelle legislative, pur modificando la natura dell’istituto in esame, non hanno inciso sui suoi presupposti applicativi.
Dunque, l’indagine circa la sussistenza di questi ultimi deve essere svolta avendo riguardo a tutti i parametri richiamati dalla norma di cui all’art. 73, c. 5, DPR 309/90 e cioè ai mezzi, alla modalità o alle circostanze dell’azione, ovvero alla qualità, quantità e tipologia delle sostanze.

I mezzi e le modalità dell’azione

Una delle questioni più dibattute sull’utilizzo da parte del legislatore dell’espressione “mezzi e modalità dell’azione”, nell’ambito del principio di tassatività che deve necessariamente connotare il precetto della norma di diritto sostanziale, è stata quella riguardante la valutazione degli elementi di fatto che caratterizzano l’attività svolta dall’agente e, in particolare, se detti elementi debbano ricevere una valutazione complessiva oppure se debbano essere valutati singolarmente ai fini della configurazione della fattispecie delittuosa di lieve entità del fatto.
In altri termini, la risposta da fornire al quesito è quella di fissare dei principi in base ai quali stabilire in che modo gli elementi codificati dalla norma debbano essere valutati ai fini della configurazione del fatto di lieve entità e, quindi, dell’applicabilità al caso concreto della norma di cui all’art. 73, c. 5, DPR 309/90.
Al riguardo, in giurisprudenza, si registrano due correnti di pensiero: la prima che ritiene tutti gli elementi debbano essere valutati complessivamente (cosiddetto principio di globalità) con la possibilità, tuttavia, che il valore negativo di uno sia compensato e neutralizzato dal valore positivo degli altri elementi esistenti; la seconda ritiene, invece, che tali parametri possano essere considerati singolarmente con la conseguenza che è possibile, sulla scorta della valutazione anche di un solo elemento, riconoscere o escludere la configurazione della fattispecie delittuosa di cui al c. 5 del DPR 309/90 che disciplina la lieve entità del fatto.
Quest’ultima corrente di pensiero è stata maggiormente apprezzata dai giudici della nomofilachia secondo cui in tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego del fatto di lieve entità in questione, il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo, conseguentemente, escludere il riconoscimento della lieve entità del fatto quando anche uno solo di questi elementi porti a escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità.
E proprio sul punto la Corte di Cassazione, sezione 3, sentenza nº 49.575 del 15/10/2015, ha affermato che la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, c. 5, DPR 309/90, anche all’esito della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del Disegno di Legge nº 146 del 2013 (convertito in Legge nº 10 del 2014), può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio.
Di recente le Sezioni Unite della Cassazione, risolvendo il contrasto giurisprudenziale sorto, hanno affermato il principio secondo cui il giudizio di lieve entità del fatto deve scaturire dal positivo apprezzamento di ciascuno degli elementi indicati dalla norma.
In termini più specifici le Sezioni Unite della Suprema Corte, approfondendo la tematica di interesse, hanno affermato che solo all’esito della valutazione globale di tutti gli indici che determinano il profilo tipico del fatto di lieve entità, è poi possibile che uno di essi assuma in concreto valore assorbente e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri, come per l’appunto affermato nei precedenti arresti delle Sezioni Unite.

Tratto da L’ingente quantità e il fatto di lieve entità della Legge sugli Stupefacenti; Key editore
Foto: studiopenaleboccia.it

Redazione

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