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Costume e SocietàLetteratura

Il divorzio presso i Greci

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri XLV - Per comprendere meglio i costumi dell’antica Locri, l’abbiamo ormai compreso, è opportuno realizzare un approfondimento relativo a quali fossero invece i costumi dell’antica Grecia. Oggi ci concentriamo sulla pratica del divorzio, prevista dall’ordinamento greco, ma solo in casi molto particolare e nel rispetto di norme assai precise.

Di Giuseppe Pellegrino

È opportuno ricordare che, dalle opere letterarie, molte sono le notizie in materia di diritto. Si è citato Omero, ma anche Euripide è fonte di preziose notizie. Dalla Medea si ricavano due disposizioni in materia di divorzio: quella religiosa e quella civile. Medea afferma che era costume degli Dei restare fedeli alle loro consorti (non è vero; si pensi solo a Giove; ma il suo era solo adulterio, poiché la sposa sempre la stessa), e che da tale principio non potevano discostarsi gli esseri umani. Vero questo in linea di principio; poi ciascun popolo aveva i suoi usi, costumi e le sue leggi.
È pure citata nella Medea la possibilità di ripudio quando la donna era sterile o, comunque, dal matrimonio non nascevano figli. Dice Medea: “Forse di figli, io, padre non ti resi ?”Dunque Giasone non aveva alcun motivo religioso e di legge per ripudiare, né per associarsi altra compagna di letto. Il piacere per il piacere non era tollerato presso i Greci, ma solo la necessità di avere prole legittima. Si pensi che a Locri l’adulterio veniva punito con l’accecamento sia dell’uomo che della donna.
I Cretesi, ricorda Giulio Ferrario, erano usi ripudiar le legittime compagne di letto per lievi motivi. Presso gli Ateniesi l’istituto era molto in uso.E però, gli uomini erano tenuti a dare conto del fatto agli arconti e invocarne l’approvazione. La prima conseguenza del divorzio era la restituzione della dote, “o a decentemente mantenerla”. Era anche consentito il divorzio consensuale, “ed era loro concesso passare ad altre nozze.”La notizia lo storico la ricava dall’opera di Plutarco, Le vite parallele, allorché descrive la biografia di Pericle. Ovviamente, in caso di decesso di uno dei coniugi non era vietato passare ad altre nozze. Per l’uomo; per la donna vigeva l’epiclerato, che sarà trattato successivamente. Sul tema si ricorda l’obbligo della donna di sposare un parente prossimo del marito (in genere, il fratello) al fine di non disperdere la dote. Ferrario ricorda che in ogni caso, presso i Greci, era vietato un matrimonio incestuoso.Ciò posto, è bene sottolineare che nella Grecia, nei secoli VI-IV a.C., pare fosse abbastanza facile per un uomo e una donna ottenere lo scioglimento del vincolo matrimoniale, anche perché non era previsto un atto legale specifico, come d’altra parte non esisteva alcun atto giuridico che sancisse il matrimonio stesso. Per questo motivo le fonti sul divorzio in età classica sono piuttosto esigue, mentre ben più numerose sono quelle per il periodo ellenistico, grazie al ritrovamento di diversi atti di separazione su papiro provenienti dall’Egitto. Tuttavia è possibile affermare che nel diritto attico erano previste tre ipotesi di scioglimento del matrimonio: il ripudio, l’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie e lo scioglimento da parte del padre della sposa. Il ripudio da parte del marito, chiamato apòpempsis o ékpempsis, non aveva bisogno di alcuna giustificazione: il marito poteva ripudiare la moglie quando voleva, alla sola condizione di restituirle la dote. Invece, in caso di apòleipsis, quando, cioè, era la donna a volere il divorzio, questa aveva bisogno dell’intercessione del padre o di qualche altro cittadino di sesso maschile per portare il caso dinanzi all’arconte, che era chiamato a registrare la separazione con un gràmma apoléipseos. Questo atto giuridico, che registrava l’avvenuta cessazione della convivenza coniugale, era finalizzato essenzialmente a tutelare la donna, la quale, stando alle fonti (cfr. Iseo, 3, 78 e Demostene 30, 17), pare non agisse da sola, ma perlopiù congiuntamente alla famiglia di origine. Infatti, se cercava di ottenere il divorzio da sola, non solo si esponeva al biasimo della collettività (cfr. Euripide, Medea 226 e seguenti), ma spesso veniva ostacolata con ogni mezzo dal marito. A tal proposito, per come racconta Plutarco, Alcibiade impedì con la forza alla moglie di divorziare. Era durante la guerra del Peloponneso, che Ipparete tentò di divorziare dall’uomo e andò a vivere a casa del fratello Callìa; al Tribunale vi andò da sola e da qui Alcibiade la portò con forza a casa. E sempre Plutarco ci informa che non vi era nulla di illegale nel comportamento di Alcibiade, dal momento che la legge prevedeva che la donna si recasse dall’arconte in persona in modo da dare al marito un’ultima possibilità di impedire la separazione.
Questa affermazione, in contrasto con le altre fonti, crea numerosi problemi e lascia insolute molte questioni sul ruolo e sulla libertà della donna nello scioglimento del matrimonio. Infine il terzo caso, o aphaìresis, è abbastanza singolare, perché il padre della sposa poteva, per motivi personali, di solito di carattere patrimoniale, sciogliere in qualsiasi momento il vincolo matrimoniale. Ciò si spiega alla luce del fatto che ad Atene una donna passava definitivamente nell’oikòs del marito solo quando gli dava un figlio, quindi prima di allora ella faceva ancora parte della sua famiglia ed era soggetta all’autorità paterna. Nel caso dell’ereditiera, poi, la legge ateniese concedeva le stesse prerogative del padre anche al parente più stretto della donna.
Per quanto riguarda lo scioglimento delle nozze a Sparta abbiamo pochissime notizie. Erodoto, infatti, ci racconta del re spartano Anassandrida che, avendo sposato una donna che non poteva avere figli, ottenne di non ripudiarla, a patto che ne potesse sposare un’altra che generasse degli eredi. La storia è particolare e merita di essere raccontata per la semplice ragione che da essa si ricava che i figli di primogeniti avevano una legittimazione maggiore rispetto a quelli di secondo letto. Si ricava pure della possibilità di una seconda moglie, se la prima era sterile, senza alcun divorzio o, meglio, ripudio.
Erodoto racconta la storia di Dorieo (Sparta 540 a.C.), figlio di Anassandrida II (560520 a.C.), fratello di Cleomene I, Leonida I e Cleombroto. Poiché la moglie non restava incinta, gli Efori suggerirono di sposare una seconda donna, che diede alla luce Cleomene. Il tutto, senza che ci fosse un ripudio della prima moglie che, a sua volta restò incinta e generò poco dopo Dorieo. Seguirono Leonida, l’eroe delle Termopili, e Cleombroto. Dorieo alla morte del padre avanzò la sua candidatura a re, ma gli Spartani preferirono il primo genito Cleomene.
Nel codice di Gortina, città dorica anch’essa, la legge regolamentava la divisione dei beni successiva alla separazione, tanto che si allude alla separazione come a un dato oggettivo, un separarsi che prescinde dalla prospettiva del marito o della moglie. Il divorzio-ripudio veniva chiamato apòpempsis (da apopleio, mi allontano). Mentre si parlava di ékpempsis (da akpempo, mando via, fuori di casa),quando non occorreva alcuna giustificazione per il divorzio. In buona sostanza si trattava di un ripudio senza causa alcuna.
Merita comunque un riferimento particolare sull’argomento Giulio Ferrario, che nella sua opera omnia del Costume antico e moderno, sull’istituto del divorzio, argomenta in modo a volte contraddittorio. Dopo aver premesso che nelle storie greche non si trova alcun accenno alla poligamia, e che Omero distingueva il costume dei Greci da quello dei Barbari dal fatto che avevano sempre una sola consorte, si specifica che essi non disdegnavano congiungersi con una schiava, che restava però del tutto distinta dalla legittima compagna di letto, sostenendo che il divorzio era rarissimo e, anzi, che ai tempi eroici fosse vietato dalle leggi e dalla religione. Come prova porta la tragedia di Euripide, dove Medea si scaglia contro Giasone per il suo ripudio con le seguenti parole:

Quale ragione ti indusse il mio diritto
a calpestare così?
Forse di figli
io padre non ti resi?
E per desio
di prole or corri ad altra sposa in seno?
Empio! No, non hai scusa, e ben lo vedi,
la tua nera perfidia ed il tradimento.
Ma dee costui pensar che sia dei Numi
la schiatta estinta, e più non regni in cielo?
O dee pensar che poste a noi mortali
siano altre leggi?

Foto: Medea di Anthony Frederick Sandys

Redazione

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