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Costume e SocietàLetteratura

Il giorno dell’Assemblea

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri XLVIII - Concludiamo la ricostruzione del divorzio di Gordio e Armide leggendo cosa accadde quando l’anziano marito geloso si presentò dinanzi al magistrato eponimo per proporre una modifica sulla legge del divorzio. Una vicenda che, nonostante la rigida norma introdotta da Zaleuco, avrebbe avuto un esito davvero inaspettato.

Di Giuseppe Pellegrino

Anche Gordio si presentò carico del cappio al collo e degli anni, che avevano devastato il suo corpo. Che se Dione era vecchio, sembrava ancora vigoroso. Gordio, al contrario trascinava i suoi anni e, ora, la sua paura, si dà destare la pietà degli altri, senza invidia alcuna per i suoi inutili beni. Anassimene, magistrato eponimo, lo invitò a chiedere formalmente il cambio della legge, avendo visto che anche il vecchio si era presentato con il rispetto richiesto. Gordio si vantava di essere un ottimo parlatore. Ora però, davanti alla Dàmos, con la corda al collo, la sua bocca era diventata asciutta e secca. Non si ricordava più del discorso che aveva preparato e che gli sembrava convincente, per cui stette zitto. Anassimene, magistrato eponimo, sembrò capire la difficoltà dell’uomo, tuttavia era già l’ora quarta e non si poteva aspettare molto, anche per la riunione della Bolà con Artemidoro, per cui, con un volto finto dolce, l’arconte invitò l’uomo a iniziare:«Ripeti, Gordio, le stesse cose che hai detto a me. La Dàmos capirà.»
«O vecchi àristoi – incominciò col piede sbagliato Gordio, – voi potete meglio capire la necessità della proposta che io oggi faccio con rispetto alle norme di Zaleuco. Lo Splendente, in tutte le sue leggi, ha pensato che la famiglia fosse il cardine della polis, e perciò vietò vesti orlate di porpora, dispose di cavarsi gli occhi all’adultero, vietò vesti milesie, e incoraggiò l’unione della famiglia, imponendo che il klèros non potesse essere diviso, ma solo amministrato dal figlio più grande nell’interesse di tutti gli eredi. Dispose pure che gli eredi fossero solo i figli maschi e neppure una Donna delle Cento Case può esercitare in presenza di un erede legittimo. Perciò, egli protesse la famiglia, distinguendo anche la posizione della donna da quella dell’uomo. A Locri avviene, come in tutta l’Ellade, che anche una donna possa divorziare dal marito prendendo le sue cose dotali e dicendo allo sposo di curarsi di sé stesso. Spesso la donna fa questo perché vuole l’emozione di un uomo giovane. Così una famiglia si trova divisa e anche la dote che dovrebbe andare ai figli e allo sposo viene dispersa. Io non chiedo alla Assemblea dei Mille di cambiare la legge che dà diritto anche alla donna di divorziare. Perché ciò, mi ha detto il venerando magistrato eponimo, avviene in tutta l’Ellade. Io vi chiedo che venga tutelata la famiglia, impedendo che la lussuria la distrugga. Se una compagna di desco decide di lasciare lo sposo, lo faccia; ma non solo per il suo piacere, poiché uno sposo giovane sopravviverà a lei ereditando la dote, che spettava ai figli. Io chiedo a voi, che siete pieni di anni e di esperienza, che venga disposto che una donna che divorzi dal proprio marito, poi non possa sposare un uomo più giovane del marito che ha lasciato.»Così concluse Gordio, soddisfatto della sua perorazione, che considerava convincente e cercava il consenso di chi era vicino. Certo la sua perorazione, dal punto di vista della legislazione locrese, aveva un suo fondamento; dal punto di vista di uno che non aveva figli ed era molto più vecchio della moglie, il fondamento veniva meno. Ma il vecchio era cieco nella sua gelosia e non vedeva che le sue ragioni. Admeto era deluso. Se Dione aveva posto un problema, Gordio aveva recitato una commedia. La perplessità si estese a tutta la Dàmos, che aveva un atteggiamento grave. All’improvviso, si sentì un uomo gridare:
«Quante sventure vuoi, tu Gordio, per Armide, tua moglie? Tu vuoi che il destino riservi alla donna due sposi e nessun uomo? Vuoi che nessuno possa assaggiare i frutti di un albero immenso e carico?»
La Dàmos fu presa dalla ilarità. Gli àristoi erano irritati per il continuo riferimento che Gordio faceva alla loro età, come un richiamo di solidarietà per la comune vecchiezza. Ora ognuno capiva che l’uomo aveva solo un problema che era solo suo e non della polis. Ma le leggi di Zaleuco erano chiare, l’uomo doveva essere impiccato. Fu a questo punto, che un vecchio grigio chiese di parlare. Si rivolse al magistrato eponimo dicendo:
«So bene che nessuno può interferire nella decisione della Dàmos però, illustre magistrato, da nessuna parte Zaleuco ha scritto che il popolo, chiamato a vedere e sentire, non possa intervenire per chiarire.»
Il magistrato eponimo era irritato. Il vecchio era sempre in prima fila in ogni dove e nessuno sapeva chi fosse. Non commise la leggerezza di domandare, perché così avrebbe dato la sensazione di non controllare la polis, se un uomo poteva imperversare per le strade e magari spiare Locri. Tuttavia, la sua irritazione venne meno al pensiero che forse l’uomo aveva una soluzione al caso. Poiché era chiaro che Gordio andava appeso per il laccio, ma il magistrato non ignorava i dissidi in settori della polis che non sopportavano le rigide previsioni di Zaleuco. L’impiccagione di Gordio poteva essere l’inizio di un dissidio. Zaleuco aveva comandato con il pugno di ferro, forte della sua autorità. Ma la polis non aveva oggi un uomo di tale prestigio. Perciò l’arconte emerito decise di dare la parola all’uomo, dicendo:
«Puoi parlare vecchio.»
Il vecchio cominciò in modo ambiguo, dicendo:
«Gli anni e i millenni non rendono l’uomo vecchio, ma la sua incapacità di capire. Tu mi hai dato la parola non perché sappia quale sia la decisione, ma perché temi il suo effetto. I locresi bisbigliano di cambiamenti perché non tutti godono della certezza delle leggi. Perché i locresi sono Dori e Spartani e amano Ares e il sangue rancido delle battaglie. O voi àristoi, io vi dico che ci sarà un tempo in cui il discendente di un uomo allevato da una lupa feroce, sarà da tutti osannato per gli anni di pace che garantirà. Le leggi di Zaleuco, o locresi, non vi hanno portato ricchezze diverse e nuove da quelle che gli dei vi hanno dato; non vi hanno dato nuove conquiste, perché lo Splendente amava Locri e non la guerra. Ma lo Splendente, dalla sua nascita a oggi, vi ha garantito di godere in pace della ricchezza delle montagne, del lavoro. La legge, diceva lo Splendente, deve ubbidire ai bisogni nuovi della polis, perciò dispose che, se la legge scritta non possa essere più convenevole, debba essere posta in miglior forma. Gordio ha posto alla Dàmos il suo caso, non i bisogni nuovi. Ma io vi dico, Artemidoro vi porterà notizie terribili, per le quali gravi decisioni vi aspettano. Impiccare un vecchio, reso impotente dagli anni e roso dalla gelosia, non renderà più certe le leggi di Zaleuco. E voi perderete il vostro tempo dietro un demente, trascurando le decisioni che più da vicino riguardano la sicurezza della polis. Artemidoro è un locrese degno di questa polis, e merita il vostro rispetto immediato, mentre al contrario la Dàmos si trastulla con i guai di un vecchio. Lasciate andare a casa libero Gordio, si che si possa godere la fine della sua vita, che sarà comunque infelice.»
Così concluse il vecchio con grande imbarazzo di tutti. La Dàmos incominciò a sciogliersi, dimostrando di non voler prendere decisione alcuna. L’esimio magistrato eponimo capì che era meglio lasciar perdere e invitò i cittadini a tornarsene a casa, poiché Gordio non aveva proposto alcuna modifica.

Foto: recuperando.com

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