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Costume e Società

Interofilia: uno dei tanti modi per “collezionare” la Storia

Di Frana

Comunicare è sempre stata una delle esigenze fondamentali dell’uomo. Così, in attesa che si sviluppasse l’attuale società della Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione, la missiva, prima con il trasporto ad personam, mediante messaggero, poi più economicamente attraverso il servizio postale, che i diversi Stati erano andati via via organizzando, è stata per più di un secolo il principale mezzo per dare e ricevere notizie. Fino alla seconda metà del 1800, corrispondere con qualcuno comportava l’uso di almeno un foglio di carta, più spesso di una busta, nonché del necessario francobollo, per rendere franca ovvero esente da tassa, la missiva. Il sistema, pur utilizzando materiale di base di non sempre facile reperimento, almeno nei centri minori, garantiva peraltro la riservatezza del contenuto, grazie alla chiusura, talvolta con un sigillo, della lettera. Non sempre però, come nel caso delle comunicazioni di lavoro che incominciavano a essere in numero assai significativo, con la diffusione e lo sviluppo delle attività legate all’industria e al commercio, la riservatezza rappresentava un valore aggiunto o essenziale: si poteva tranquillamente rinunciarvi, in cambio, ad esempio, di un servizio più celere ed economico. È quanto intuirono le Poste dell’Impero Austro-Ungarico che, nel 1869 introdussero l’uso, successivamente imitato da tutti i maggiori stati (il Regno d’Italia seguì l’esempio nel Gennaio 1874), di un semplice cartoncino che recava sul fronte l’impronta di un francobollo e lo spazio per l’indirizzo del destinatario, e lasciava il retro per brevi comunicazioni: la cartolina postale. Il successo fu immediato a livello internazionale. Il volume degli scambi epistolari aumentò rapidamente e con una velocità superiore alle aspettative, mentre il timore che occhi indiscreti leggessero il contenuto della missiva scemò di pari passo. Così, se in un primo tempo si pensò di aggirare l’altrui curiosità limitandosi a generiche frasi di circostanza, ovvero ricorrendo a espressioni in codice, a testi stenografici se non addirittura a grafie poco diffuse (il greco, ad esempio) successivamente non si prestò più particolare attenzione alla possibilità che qualcun altro, oltre al destinatario, leggesse il contenuto della cartolina: l’uso della Corrispondenza Aperta, più economica, più facile da utilizzare, in una parola più nuova, divenne una realtà. Ai contenuti legati al mondo degli affari, si aggiunsero così, in misura sempre crescente, pubblicità varie, partecipazioni, saluti, notizie di viaggi, raccontate, quest’ultime, con brio ma anche con la necessaria concisione che il poco spazio a disposizione imponeva, a meno che non si possedesse una calligrafia molto minuta, fatto abbastanza raro a quei tempi di scarsa e spesso non completa scolarizzazione. Entrati dunque nell’uso comune per la loro praticità e resi disponibili presso la quasi totalità dei centri abitati, gli Interi Postali testimoniano ancora oggi, con il loro contenuto, molti aspetti della vita di tutti i giorni, raccontando talvolta avvenimenti che hanno trovato spazio nei libri di Storia. Restando infatti in Italia, dovettero passare più di quindici anni perché lo Stato pensasse di estendere la comodità di disporre di tutto il materiale necessario alla missiva anche alla Corrispondenza Chiusa. In realtà, ancora una volta, qualcuno in Europa ci aveva pensato un po’ prima: ma tant’è, nel 1889, anche il Regno d’Italia emise il suo primo Biglietto Postale, altro Intero postale. Quest’ultimo, realizzato in cartoncino doppio e con margini gommati e perforati, permetteva la chiusura e quindi garantiva il segreto epistolare, pur conservando la facilità d’uso che aveva fatto la fortuna della precedente soluzione. E venne le guerra, prima di Libia, con l’occupazione dell’Africa Settentrionale, poi il 1º e il 2º Conflitto Mondiale, intercalati negli anni ’30 dalla partecipazione italiana alla Guerra di Spagna e quella per la nostra occupazione anche dell’Africa Orientale; con esse si verificò l’aumento vertiginoso del traffico postale fra le truppe al fronte e i loro famigliari. Gli Uffici di Posta Militare distribuirono pertanto ai combattenti speciali interi postali dette Cartoline in Franchigia con cui scrivere un messaggio scarno ma essenziali per mantenere vivo il legame affettivo con la propria famiglia, unico mezzo di comunicazione spesso disponibile per chi rischiava ogni giorno la vita.

Tratto da L’interofilia non è una malattia, di Franco Giannini

In foto: una cartolina scritta in italiano ma con caratteri greci per dissimulare il testo. Si legge: “Caro Peppino, ecco due cartoline grigio scuro. Se ne vuoi più, va allo ufficio postale dirimpetto al museo, sotto la galleria Principe di Napoli. Tutto tuo, Roberto.”

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