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La Valle degli Armeni: Rocca Armenia

Locride… e dintorni in Mountain Bike XXVIII

Di Rocco Lombardo

Dopo aver scalato la rocca di Brancaleone Vetus e visitato l’omonimo Parco Archeologico, riprendiamo il percorso che si snoderà da ora in poi in un ambiente prevalentemente collinare, con ampie vedute panoramiche, attraversando terrazzamenti su cui insistono vigneti, uliveti ed estese piantagioni di profumatissimi bergamotti, che da secoli hanno sempre caratterizzato il paesaggio agrario. Ai piedi della ripida e sconnessa discesa, imbocchiamo uno dei tanti tracciati che hanno costituito un secolare reticolo stradale, derivato probabilmente da una centuriazione bizantina, che ci condurrà nel territorio di Staiti: percorsi, infatti, circa 12 chilometri di saliscendi in costante salita, arriviamo a pochi chilometri dal borgo, nei pressi dell’abbazia di Santa Maria de’ Tridetti, un raro esempio di Monumento Bizantino del XI secolo.
Le absidi della piccola chiesa s’intravedono già dalla strada, tra ulivi secolari e il declivio della collina. Percorsa d’un fiato la discesa che conduce all’abbazia, varcato il cancello d’ingresso, si presenta a noi una perla di straordinaria bellezza architettonica, disposta con l’abside a oriente e la facciata a occidente, secondo la consuetudine greca, la cui facciata principale è rivolta verso la montagna, denominata del conte Ruggero; la località in cui sorge è conosciuta con il nome di badia (abbazia) perché si pensa che in origine vi fosse annesso un complesso monastico oramai andato perduto, la struttura si presenta erosa dal tempo, ma dal forte impatto policromatico, il tetto ed una parte della navata centrale, così come parte delle pareti laterali e della cupola, sono andati persi per sempre, ma l’influenza bizantina resta evidente nello stile della struttura, strettamente legata alla cultura dell’area in cui sorge.
Nel suo insieme la Chiesa presenta un’architettura in cui convergono una serie di elementi di diversa derivazione: greci, arabi e bizantini, espressioni uniche che non si trovano in altre aree del Mediterraneo, testimonianza viva di quanto la nostra terra abbia costituito per secoli un importante crocevia, offrendo accoglienza e dimora a diverse civiltà e in epoche diverse; edificata infatti sopra uno schema greco, perché destinata a un culto greco, quale appunto quello dei Basiliani, è certa, comunque, la collocazione del monumento in un’epoca successiva all’occupazione normanna, una prova lampante della fusione delle culture.
Le origini incerte della chiesa, danno spazio ad alcune leggende, una di queste è legata alla mitologia greca, che riconduce agli abitanti di Locri Epizefiri l’edificazione di un tempio dedicato a Poseidone, per aver salvato la popolazione da una tempesta; partendo dal presupposto che un tempio doveva preesistere, i monaci basiliani che se ne impossessarono, lo trasformarono in una chiesa greca dedicandola alla Madonna che, forse in ricordo del luogo, chiamarono del Tridente, che poi in gergo divenneTridetti; gli studi più recenti, infine,hanno dimostrato che il nome derivi dal greco tridactionche significa tre dita, riferimento alla mano alzata di Gesù che benedice con le tre dita alzate, come spesso si vede nell’iconografia bizantina.
Ci concediamo una breve sosta dedicandola a foto e filmati di rito, estasiati dalla magia del luogo, un’atmosfera sospesa nel tempo che ci consente di indugiare sui particolari architettonici della chiesa; ci richiudiamo alle spalle il cancello che delimita il vialetto di accesso e riprendiamo a ritroso la salita fin sopra la Strada Provinciale per Staiti; imbocchiamo quindi una breve rampa a sinistra che ci consente di scollinare e percorrere un antico selciato, per lunghi tratti in asfalto e in cemento e solo in parte intatto, che si snoda agevole in leggera salita, fino ad aprirsi sulla vallata di Bruzzano Zeffirio.
Distinguiamo nettamente i centri di Motticella lato monte, Bruzzano lato mare, e lo sfondo suggestivo della rocca di Ferruzzano Antica all’orizzonte; varcati alcuni cancelli delimitanti aree di pascolo, intraprendiamo un’adrenalica e tecnica discesa sterrata, in molti tratti nemmeno tracciata, non tenendo in dovuta considerazione l’arenaria ammorbidita dalle piogge dei giorni precedenti, che si trasforma in poche centinaia di metri in un pantano acquitrinoso e impercorribile, se non con le bici in spalla; varcato l’ennesimo cancello delimitante un’azienda agricola riusciamo a raggiungere il greto della fiumara di Bruzzano, dove (materialmente!) immergiamo le nostre Mountain Bike per liberarle dal fango, ormai consolidatosi e resistente; il ripristino della funzionalità delle ruote e del cambio ci tiene occupati per circa mezz’ora, giusto il tempo di attraversare con qualche difficoltà le fredde correnti e i salti d’acqua provocati dalle copiose precipitazioni.

Il territorio ci offre un nuovo suggestivo scorcio, consentendoci di attraversare alcune piantagioni di bergamotti, e raggiungere, dopo un paio di chilometri, il crocevia che conduce alla Rocca degli Armeni o Rocca Armenia, ove sorgeva uno dei pochi castelli del territorio pre-Aspromontano della Calabria Ionica ricavati nella roccia; ci troviamo a pieno titolo in un luogo che rappresenta uno scrigno di tesori ambientali, paesaggistici e culturali da conoscere e tutelare assolutamente, dove la storia si intreccia indissolubilmente con la natura, dove ogni roccia, ogni rovina, parla di genti e linguaggi dimenticati e la cui toponomastica fa emergere memorie che esprimono la nostra identità culturale, legata e influenzata per secoli da grandi civiltà che in questa terra hanno trovato una realizzazione storiograficamente comprovata.
Percorsi alcuni tornanti in salita, tra uliveti secolari, si apre a noi un complesso roccioso maestoso, sospeso tra cielo e terra, ovvero l’antico insediamento rupestre di Bruzzano Vetere (conosciuto come Rocca Armenia), un villaggio rurale fondato dai Bruzi, un popolo indigeno costretto a rifugiarsi su questa rupe, dall’avanzata dei coloni greci sbarcati presso il promontorio di Capo Zeffirio.
In questo scenografico sperone d’arenaria trovarono sicuro rifugio dalle persecuzioni islamiche un nucleo di profughi di origini siriano-armene, che lo intitolarono alla loro patria; la Rocca ne custodisce infatti ancora intatti i segni caratteristici, dalle due grotte scavate nell’arenaria, alla chiesetta d’ispirazione bizantina (sulla cui parete ovest resistono tracce di affreschi) passando per le cisterne ricavate nell’arenaria, adibite alla raccolta dell’acqua. Fu un centro importante nel corso dell’VIII e nella prima metà del IX secolo, probabilmente anche sede vescovile osservante della chiesa di Costantinipoli, come attesta la presenza nell’area di numerose chiesette basiliane; inoltre, alle sue vicende storiche è legata l’origine di diversi paesi dell’Aspromonte Orientale, da cui nacquero i diversi casali di Bruzzano: Motticella, Ferruzzano, il Salvatore (ossia Casalnuovo), Petracore.
Percorriamo la strada lastricata principale, ancora ben visibile e fedelmente recuperata in alcuni tratti, come forse non si potrebbe dire della recente edificazione di un’anfiteatro e di una piazza ai piedi di quello che fu il Castello di Bruzzano, ormai allo stato di rudere, edificato tra il finire del X e gli inizi del XI secolo, una tipologia architettonica tipica del territorio e dei periodi storici in cui le varie parti furono costruite con aggiunte e stratificazioni, dal Medioevo fino ai primi dell’800; concludiamo il breve tour della Rocca ai piedi dello scenografico Arco Trionfale dei Carafa, a pieno titolo da considerarsi la porta urbana orientale del centro abitato, che non aveva una funzione difensiva, bensì di celebrazione e memoria in onore di qualche evento o di qualcuno, e in cui sono ancora (per poco!) visibili affreschi deteriorati dalle intemperie a cui sono esposti.
Durante la dominazione normanna, assunse il nome di Bruzzano Vetere e conobbe un periodo di grande prosperità. Nei secoli successivi vide l’arrivo di altri profughi provenienti dal Caucaso, specialisti nella coltura della vite, che ancora oggi costituisce una peculiarità importante del territorio e, dopo aver tenacemente resistito alla furia islamica dei pirati turchi, solo in seguito ai devastanti terremoti del 1783 e del 1908, fu definitivamente evacuata per i danni considerevoli subiti.
Il lavoro di ricerca svolto negli ultimi decenni e le tracce rinvenute in questo territorio (da Rocca degli Armeni a Ferruzzano e alla stessa Bruzzano), testimoniano e nel contempo confermano ineludibilmente il passaggio di popoli di origine Siriaco-Armene che, intorno al V secolo, abitarono e fecero fiorire questa zona, e come ai giorni nostri siano ancora fortemente radicati usi e costumi che richiamano le antiche culture Armene, basti pensare ai cognomi, ai toponimi, ai dialetti e alle consuetudini ancora presenti e vive nel territorio; un popolo, quello Armeno, dalla storia millenaria importantissima, dalla matrice culturale greca e latina, dimenticato dalla storia, oppresso e perseguitato ancora oggi, ma che tanto ha dato alla tradizione della nostra terra.
Scendiamo dalla Rocca e, in pochi chilometri, ci troviamo ad attraversare il centro di Bruzzano Zeffirio, il paese nuovo,riedificato a seguito del terribile sisma del 1908; la strada in discesa e asfaltata ci conduce a valle verso il mare e, nei pressi di un ponte, che ci consente di riattraversare la fiumara di Bruzzano, e quindi riprendere le indicazioni verso la Provinciale Brancaleone-Staiti e concludere il giro ad anello in uno dei territori più affascinanti del nostro comprensorio, stanchi, bagnati, ma soddisfatti con il compagno di escursione Giuseppe Piccolo.

Redazione

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