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Il sentiero dei monasteri bizantini: da Staiti a Pietrapennata

Locride… e dintorni in Mountain Bike XXIX

Di Rocco Lombardo

Nei nostri percorsi lungo i sentieri della Locride e dell’Aspromonte (e molto spesso al di fuori di essi!) sono frequenti gli incontri con testimonianze della cultura arcaica, classica, greca, medievale e moderna, nonché tracce della civiltà montana che, a causa del progressivo esodo dalle montagne, rischia di andare completamente perduta. Dopo aver doppiato la rocca di Brancaleone Vetus e visitato l’omonimo Parco Archeologico, attraverso uno dei tanti tracciati di origine bizantina, abbiamo raggiunto l’Abbazia di Santa Maria de’ Tridetti, per poi scollinare e percorrere un antico tratturo che si apre sulla vallata di Bruzzano Zeffirio, attraverso profumatissime piantagioni di bergamotti, fino a raggiungere la Rocca degli Armeni o Rocca Armenia, l’antico insediamento rupestre di Bruzzano Vetere. Questa prima parte del percorso, come ricordato nei precedenti appuntamenti, ci ha portati, a pieno titolo, in un territorio che rappresenta uno scrigno di tesori ambientali, paesaggistici e culturali in cui la storia si intreccia indissolubilmente con la natura, in cui ogni roccia, ogni rovina, parla di genti e linguaggi dimenticati e di memorie che esprimono la nostra identità culturale, legata e influenzata per secoli da grandi civiltà che in questo terittorio hanno trovato pace e ospitalità.
L’Aspromonte, nonostante abbia fama d’essere inaccessibile, selvaggio e inospitale, conserva pertanto intatta la sua natura primordiale fatta di romitori, grotte e anfratti nella roccia, borghi abbandonati e insediamenti pastorali che costituiscono un vero e proprio patrimonio da rileggere in termini di ricchezza ambientale e culturale, tenendo nella giusta considerazione il rapporto secolare dialettico tra l’uomo e l’ambiente.
Per millenni la nostra montagna è stata attraversata da gente che camminava: per abitarvi, per procurarsi i mezzi di sussistenza, per recarsi da una parte all’altra, per vendere, comprare e pregare. La civiltà bizantina per oltre sei secoli, ha modellato l’identità culturale della nostra terra, le fonti storiche ci parlano di molti eremiti, monaci greci, in buona parte fuggiti dalle persecuzione arabe, allocati negli anfratti dei monti, nel fitto dei boschi, in capanne e in caverne difficili da raggiungere; l’Aspromonte divenne così una sorta di montagna santa, popolata e prediletta appunto da asceti che vissero schivi e desiderosi di solitudine e preghiera.
Eccoci oggi, nuovamente, a percorrere questo lembo di territorio denominato, e non per nulla, Isola ellenofona, ovvero il sentiero dei monasteri bizantini, attraverso i borghi di Staiti e Pietrapennata, per poi raggiungere la sperduta Abbazia di Santa Maria dell’Alìca, luoghi che hanno mantenuto vive per secoli le loro antiche origini greco-bizantine, le tradizioni, la cultura, le testimonianze storiche della presenza e della coesistenza in questa area di culture diverse in quasi 2.500 anni di storia.
Staiti fa parte della cosiddetta area grecanica, ossia quel pugno di comuni, sparsi sulle falde dell’Aspromonte, in cui per secoli si è conservato l’uso della lingua greca, ungioiello architettonico collocato sul fianco della Rocca Giambatore, a 550 metri sul livello del mare, uno tra i borghi più piccoli ed antichi della Calabria e il cui nome deriva dalla famiglia Stayti.
Percorsi infatti dodici chilometri, in costante salita, dalla costa di Brancaleone, dopo aver ammirato, stavolta dalla Strada Provinciale, nuovamente l’Abbazia di Santa Maria de’ Tridetti, arriviamo alle porte di un borgo in cui il tempo sembra essersi davvero fermato; inerpicato e protetto da una sorta di barriera naturale, costituita da roccia viva, nota come a praca, che lo rendeva quasi irraggiungibile dai pirati, veniamo accolti dalla toponomastica scritta di benvenuto in greco: Kalos irtete sto Staiti, che ci fa comprendere e compenetrare appieno lo spirito del territorio che stiamo attraversando. È una tipica domenica mattina invernale, decisamente freddina ma limpida e serena, l’azzurro del cielo si confonde con quello del mare all’orizzonte, il leggero vento contrario non ha ostacolato più di tanto la percorrenza della salita, comunque pedalabile, facendoci apprezzare gli scorci e i paesaggi collinari fino a raggiungere una suggestiva cascata, provocata dalle consistenti piogge del periodo, che ci proietta in una realtà rarefatta e affascinante.
Prima sosta nei pressi del seicentesco Chiostro di Sant’Anna, posto ai piedi del borgo; dopo alcune foto di rito, riprendiamo la salita, adesso più ripida, fino all’ingresso del paese. La nostra attenzione viene catturata subito dalle suggestive indicazioni toponomastiche, che ci indicano appunto il sentiero delle chiese bizantine, caratterizzato da 18 opere allegoriche in terracotta, disseminate lungo le vie del borgo, che raffigurano varie testimonianze bizantine presenti nell’intero territorio regionale, una sorta di mappa a cielo aperto degli itinerari e dei monumenti che i monaci greco-bizantini ci hanno lasciato in eredità.
Il silenzio e l’armonia regnano sovrani, gli sguardi incuriositi e sinceri di alcune donne che si recano alla messa mattutina ci accompagnano fin sul sagrato della chiesa barocca Arcipretale di Santa Maria della Vittoria costruita nel 1612, dove si presume che nel ‘500 fosse collocata una chiesa tardo-rinascimentale, in ricordo della battaglia navale di Lepanto (7 ottobre del 1571) combattuta tra turchi e cristiani, tra cui tanti calabresi, e di cui si contarono circa 600 caduti.


Edil Merici

Per tale motivo, in tutti i paesi che si erano battuti contro i turchi, furono costruiti monasteri e chiese dedicati a questo evento; risalendo per le strette viuzze pavimentate e lastricate ci imbattiamo nelle cosiddette porte statesi, ovvero alcune originali e variopinte opere di street-art, raffigurate sui portoni delle abitazioni che richiamano suggestioni e raffigurazioni sospese tra storia e contemporaneità.
Saliamo fino in cima al borgo, dalla piazza panoramicissima del Comune al belvedere antistante il Museo dei Santi Italo-Greci, per ricollegarci alla strada che conduce in cima alla rocca e da lì al cimitero, per poi piegare a sinistra attraverso una discesa sterrata sconnessa e pericolosa fino ai piedi della valle sottostante. Ci troviamo così in pochi chilometri in aperta montagna, la salita che ci aspetta alla volta di Monte Cerasia (1.031 metri sul livello del mare) è particolarmente faticosa, pur lavorando molto sul cambio, e pur agevolando i rapporti più leggeri, è resa particolarmente dura dalla friabilità del sentiero e dai canaloni aperti in mezzo al selciato, la fatica inevitabilmente comincia a farsi sentire, mitigata solo a tratti dai suggestivi balconi naturali che si aprono nel bosco di lecci e faggi, e i cui affacci lasciano letteralmente senza fiato.
I forti contrasti tra l’azzurro del mare e il verde variopinto dei costoni montani, ci accompagnano fino in vetta, ove godiamo di un punto panoramico tra i più suggestivi del nostro territorio: volgendo lo sguardo a sud la cima innevata dell’Etna sembra vicinissima, la si può quasi toccare con un dito tanto si staglia a noi imponente nella cornice magica dei due mari Ionio e Tirreno, che si incontrano nello Stretto. Un panorama unico e impareggiabile che finanche le foto, ancorchè numerose e prospettiche, non riescono a descrivere fedelmente per la maestosità che ci appare all’orizzonte.
Proseguiamo quindi lungo il crinale ventoso della montagna, fino a incrociare la strada provinciale che da Palizzi conduce a Pietrapennata; pochi chilometri  di falso piano, con lo Stretto e l’Etna saldamente alla nostra sinistra, e l’ennesimo affaccio naturale ci schiude il panorama sul borgo di Pietrapennata, che deve il suo nome ai costoni rocciosi che lo sovrastano.
La tradizione orale indica il borgo fondato miticamente dai Cavalieri di Malta, anche se è certo che prima della distruzione avvenuta nel 1696, come ricorda un documento conservato presso l’Archivio storico di Reggio Calabria, la presenza dei Cavalieri di Malta sembra potersi collegare al titolo della vicina chiesa della Madonna dell’Alica, secondo alcuni riferibile alla celebrazione della vittoria di Lepanto; il borgo di Pietrapennata, che dal punto di vista amministrativo risulta essere frazione del comune di Palizzi, è abitato da pochissime persone, perlopiù anziane, che resistono al tempo e al fenomeno endemico emigratorio, che ha spopolato tanti altri gioielli urbanistici e architettonici della nostra terra provocando una profonda ferita nell’animo di chi ostinatamente non vuole abbandonare le proprie abitazioni e rescindere definitivamente le radici della propria esistenza (eroi moderni di un mondo in mutazione!).
Conosciuto un tempo per l’artigianato casalingo delle tovaglie di lino e ginestra, ci inoltriamo nelle ripide viuzze semi abbandonate del borgo, tra ruderi di abitazioni e le poche modeste case ancora abitate che schiudono le finestre al nostro passaggio, e da cui si affacciano sguardi di cordialità e ospitalità che ci accompagnano fino davanti alla Chiesa dello Spirito Santo, al cui interno è custodita la marmorea Madonna col Bambino, attribuita ad Antonello Gaggini e proveniente dalla rupestre Abbazia di Santa Maria dell’Alica. I dintorni di questo posto incantato hanno esercitato il loro fascino su tanti artisti, poeti e scrittori, che hanno tratto da questo luogo motivi di ispirazione e contemplazione; tra tutti Sir Edward Lear, che nel 1847 fu rapito da quest’angolo di Calabria e dalle poche case che costituivano il borgo di Pietrapennata, e il cui passaggio, che cercheremo di ripercorrere in parte nella prossima parte del percorso, è ancora ricordato tramite una pannellistica dedicata, (Il sentiero dell’inglese) che ritrasse nei sui disegni e descrisse con queste parole:

Pietrapennata non ha niente di notevole, ma, dall’alto, immediatamente sopra di esso, apparve ai nostri occhi uno dei più stupendi panorami. Che spaccature isolate e straordinarie! Quale ampiezza e profondità del più denso bosco! Quali tenue e leggiadre linee all’orizzonte, con la distesa azzurra del mare e le lunghe pianure dal lato orientale dell’Italia! Oh, boschi rari di Pietrapennata! Io non ricordo di aver visto un posto più bello… in qualunque luogo si andrà, sarà molto difficile trovare un’altra Pietrapennata…

Redazione

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