Di Agostino Giovinazzo
Etimologicamente, il termine gabella trae la sua origine dal latino medievale cabella o gabulum (e, probabilmente, anche dal dialetto arabo qabalah) con il significato, perlopiù, di versamento imposto sugli scambi di merci e sui consumi.
La riscossione era affidata a esattori (denominati, per l’appunto, gabellieri), figure a metà strada tra un concessionario in proprio e un pubblico ufficiale.
Il termine gabella era quindi espressione tipica tanto di una imposizione diretta, quanto indiretta, o persino di una tassa, e faceva riferimento a molteplici forme di contribuzione non legate da alcun rapporto d’identità, la maggior parte delle volte ricadenti su beni di primaria necessità e di largo consumo (a esempio: sali, tabacchi, vino, legno, lana, latte, olio, carne e simili).
L’imposizione su tali prodotti era particolarmente invisa alla popolazione, in quanto in molti casi percepita come un limite al diritto di proprietà o anche come sottrazione di risorse destinate al soddisfacimento di fabbisogni personali.
Il contrabbando nasce quindi come reazione alla volontà di un potere di imporre limiti, o addirittura divieti, al passaggio di merci e persone da una parte all’altra di un territorio.
La parola contrabbando significa proprio andare contro (contra) il bando, il decreto emesso dall’autorità governativa, dal potere costituito.
La crescente estensione di tale fenomeno evasivo ha spinto – soprattutto in passato – molti autori a dedicare ampie riflessioni in tema di sanzioni, con l’intento di formulare modelli teorici di comportamento del contribuente, il tutto finalizzato all’individuazione delle circostanze e delle condizioni in cui la condotta evasiva risulti non conveniente per l’autore.
Cesare Beccaria, primo autore ad aver impiegato modelli matematici per analizzare la criminalità, incluse un capitolo dedicato al contrabbando nel trattato Dei delitti e delle pene, dove riteneva che “[q]uesto delitto nasce dalla legge medesima poiché, crescendo la gabella, cresce sempre il vantaggio” e che “[l]a pena di perdere e la merce bandita e la roba che l’accompagna è giustissima, ma sarà tanto più efficace quanto più piccola sarà la gabella, perché gli uomini non rischiano che a proporzione del vantaggio che l’esito felice dell’impresa produrrebbe”, giungendo nel prosieguo a propugnare l’applicazione congiunta di pene più severe, tra cui quella della servitù sulle galere.
In tale contesto, Beccaria scrisse infatti: “un tal delitto merita una pena considerabile fino alla prigione medesima, fino alla servitù”. Nel caso del contrabbandiere di tabacco, a esempio, Beccaria ritenne indicato un regime carcerario che includesse “[i]l travaglio e servigio della regalia medesima che[il contrabbandiere] ha voluto defraudare”.
Oltre a ciò pubblicò, sempre nel 1764, un saggio dal titolo Tentativo analitico sui contrabbandi nel quale esponeva, con l’ausilio di equazioni matematiche, il rapporto tra le tariffe fiscali e il delitto di contrabbando.
Il fine ultimo di tali riflessioni algebriche era quello di individuare la quantità di merci che un commerciante doveva contrabbandare per trovarsi in una situazione di non convenienza economica in relazione ai differenti livelli dei tributi imposti dalle autorità.
Questo, nelle intenzioni di Beccaria, avrebbe consentito di comprendere e individuare quale fosse il livello ottimale nella fissazione dei tributi, così da ottenere il risultato, immediato, di massimizzare le entrate tributarie nelle casse dei riscossori e, mediato, di far emergere il commercio clandestino evitando il proliferarne di nuovo.
Beccaria era infatti della convinzione che “Il determinare una tal quantità generalmente può servir di lume a construire una tariffa” e che “il vantaggio di questa ricerca per un costruttore di tariffe sarà quello di sapere quanto debba temere dai mercanti di contrabbando anche dopo un certo numero di rappresaglie”.
Ciò evidenzia il grande peso dato a questa peculiare tipologia di condotte evasive.
Foto: ocean4future.org
Tratto da Contrabbando doganale e delitti in materia di accise, edito da Key editore, collana diretta da Enzo Nobile.