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Attualità

Da Sanremo a Papa Francesco: la Rai si riscopre “mamma”

Pensieri, parole, opere… e opinioni

Non sono un consumatore seriale di televisione e, negli ultimi anni, devo ammetterlo, sono stato anzi molto critico nei confronti della programmazione (e della gestione) della televisione di Stato, a mio modesto avviso sempre più spinta al largo dai venti di una deriva sociale che l’hanno resa quanto di più distante dallo strumento di cultura e informazione che intendeva essere al momento della sua fondazione.
Al netto di questa considerazione, e pur non avendo cambiato le mie abitudini, devo tuttavia ammettere che la settimana del Festival di Sanremo è (almeno parzialmente) riuscita a farci tornare indietro di qualche decennio non tanto (o non solo) per i meri contenuti di sapiente intrattenimento forgiati tra le mura dell’Ariston, quanto per il potere aggregativo esercitato su una popolazione affamata di contatto sociale. In un periodo storico in cui la pandemia ci ha obbligato a ricalibrare il senso del divertimento e a dare nuovo valore alle serate spese all’interno dei nostri appartamenti, la Rai è stata in grado di confezionare un Sanremo rivelatosi un inaspettato toccasana per i nostri animi fiaccati, come dimostrano i dati d’ascolto fatti registrare dalla 72ª edizione appena conclusasi. Per trovare infatti un numero di spettatori superiore a quello raggiunto dallo show condotto Amadeus, bisogna tornare alla 55ª edizione condotta da Paolo Bonolis e Antonella Clerici nel 2005, quando a vedere le cinque serate furono mediamente 11.366.000 persone contro le 11.270.000 di quest’anno. Se poi volessimo parlare di share, bisogna addirittura risalire al 1997 e alla 47ª edizione condotta dal compianto Mike Bongiorno assieme a Piero Chiambretti e Valeria Marini per trovarne una che aveva totalizzato una media più lusinghiera del 58% degli scorsi giorni. Freddi dati per affermare che il cambiamento dei tempi ci ha in qualche modo fatto fare un innovativo balzo indietro nel tempo, se consideriamo che abbiamo riscoperto il piacere di seguire un programma televisivo non rinunciando comunque all’apporto dato dalle nuove tecnologie, che hanno reso più che mai totalizzante l’esperienza Sanremo.
Il Festival ha dunque avuto la capacità di mettere a nudo i nostri bisogni e, come spesso accade, anche i nostri limiti e le nostre devianze: penso alla polemica innescata in seguito al gesto provocatorio di Achille Lauro al culmine della sua esibizione durante la prima serata, all’indignazione scatenata dal monologo di Checco Zalone, ma anche agli insulti che Lorena Cesarini è stata costretta a subire prima di salire sul palco e allo squilibrio dimostrato da Mario Adinolfi nel commentare la vittoria di Mahmood e Blanco sui social.
In tal senso, il vero colpo di gobbo di Mamma Rai (non ho ben capito se voluto o meno), è stato far seguire all’ultima serata della kermesse sanremese la meravigliosa intervista fiume che Fabio Fazio, dallo studio di Che tempo che fa, ha realizzato ieri sera a Papa Francesco. Al netto delle esternazioni che, in passato, hanno fatto storcere il naso al nostro Mario Nirta, Jorge Bergoglio ha dimostrato una volta di più di essere un Papa anticonformista, non solo accettando di essere l’ospite di un’emittente televisiva (lui che televisione ha deciso di non vederne dal 1990 e che, pure, sa bucare lo schermo molto più di tanti divulgatori) ma anche non esitando a esprimersi su concetti spinosissimi, strumentalizzati nei modi più creativi dai più valenti demagoghi della politica nazionale e internazionale.
Mentre il Papa parlava ripensavo ai commenti comparsi sui social in calce al bellissimo pezzo che Luisa Totino ha scritto per noi in merito all’affaire Lauro, che sono stati in grado di dimostrare come ancora troppe persone abbiano la supponenza di possedere la verità in tasca senza rendersi conto filtrare la realtà attraverso un paraocchi mentale che bollare come bigottismo sarebbe riduttivo. Mi tornavano in mente le espressioni di intolleranza nei confronti del diverso (sia esso migrante, di differente orientamento sessuale, malato, povero…) che ho sentito enunciare con orgoglio da subumani convinti che basti battersi il petto in chiesa per mondarsi dal livore vigliacco che hanno vomitato durante il resto della settimana. Mi chiedevo se quelle persone, in quel momento, stessero guardando la televisione e, posto che stessero comprendendo davvero il contenuto della lectio magistralis di etica morale che Papa Francesco stava così generosamente elargendo dai nostri schermi, se anche in quell’occasione stessero avendo il coraggio di dire sé stessi che non erano loro a sbagliare, ma il Santo Padre a non essere all’altezza del suo incarico.
L’intervista a Bergoglio, insomma, ha finito con il rivelarsi una sorta di inaspettata e straordinaria parafrasi dei temi toccati dal Festival: dalla libertà concessaci da Dio, che ci consente di esprimerci in maniera libera e inaspettata, alla tolleranza verso il prossimo, passando per il rispetto incondizionato dell’altro e persino per l’ironia, definita da Papa Francesco una medicina che (aggiungo io) i calabresi dovrebbero imparare ad autosomministrarsi per affrontare con maggiore serenità l’irriverenza del Checco Zalone di turno riservando invece l’indignazione per le ingiustizie sociali ed economiche che quotidianamente subiscono.
Un intervento di cui sentivamo il bisogno, che ci ha ricordato quale sia il potenziale (oggi spesso inespresso) del media televisivo e che ci fa sperare che, almeno per quanto riguarda la qualità generale dei programmi televisivi, la pandemia possa davvero aver cambiato le cose.

Foto: davidemaggio.it

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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