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Costume e SocietàLetteratura

Sopralluogo a casa del cartomante

Il Cartomante di Torre Normanna V

Di Bruno Siciliano

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Scorri in fondo all’articolo per ascoltare questo capitolo del romanzo letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

Stracuzza mise il cellulare in tasca e, seguito da Salincelo, imboccò Via Mercadante per recarsi alla casa del Cartomante.
Donna Rosina sembrava attendere i due militari che si presentarono alla porta verde a vetri della casa di Mastru Vitu.
Una casetta piccola e disordinata. Lei, povera donna, faceva quello che poteva, era avanti con gli anni, era rimasta sola e povera, Mastru Vitu l’aveva accolta nella sua casa per pietà e lei si adattava a fare a modo suo la domestica.
La casa era composta da tre stanze divise da una piccola entrata da cui si accedeva a una cucina appena abitabile, alla sala da pranzo che fungeva anche da sala d’attesa per lo studio del cartomante, alla stanza da letto con annesso bagno e allo studio di Mastru Vitu.
Dappertutto c’era polvere: sui mobili anni sessanta, sulle sedie, sulle poltrone spaiate del salotto e perfino sul tavolo della cucina. L’appuntato Salincelo aveva indossato i guanti e, da quando aveva fatto il suo ingresso in quella casa, la sua allergia alla polvere lo aveva fatto starnutire in continuazione con grande disappunto di Stracuzza, che avrebbe preferito un po’ più di silenzio per permettergli di concentrarsi.
I due militari cominciarono a rovistare nei mobili della sala ingombri di vecchie riviste di gossip e di archeologia, segno che il cartomante ne era appassionato.
Il maresciallo, però, non vide niente in particolare che potesse attirare la sua attenzione, ma c’erano solo statuette in plastica di madonne e santi, un orribile Duomo di Milano Made in China e altri ninnoli e soprammobili di dubbio gusto e di nessuna importanza. Nella credenza della cucina trovò un raccoglitore pieno di bollette pagate e ricevute dell’Agenzia delle Entrate, nessuna ricevuta bancaria e nessun libretto di risparmio.
Dove teneva i soldi, il Cartomante, quelli che guadagnava giornalmente e quelli che gli servivano per prestarli a strozzo ai clienti, e dove poteva trovarsi il registro dove lo strozzino avrebbe dovuto appuntare i nomi dei suoi clienti e le scadenze?
Tutti i cassetti vennero vuotati, tutti gli sportelli aperti, Salincelo batté pure le nocche su tutti i muri della casa per scoprire vuoti o intercapedini, ma niente. Anche i materassi e i cuscini dei letti e quelli del divano furono perquisiti.
Poi i militari, finita la loro scrupolosa ricerca, dopo circa tre ore, salutarono donna Rosina ed uscirono dalla casa con grande sollievo di Salincelo che poté, così, respirare di nuovo l’aria pura e smettere di starnutire.
Invece di chiarire le idee del maresciallo la perquisizione aveva riempito la testa dell’investigatore di nuovi dubbi e interrogativi, per cui Stracuzza se ne tornò in caserma con un umore più nero di quando era uscito, si sedette alla sua scrivania, cercò nei cassetti e trovò un mezzo sigaro toscano, lo accese e ammirò la nuvola di fumo biancastro che faceva le capriole più fantasiose prima di ammorbare l’aria e renderla irrespirabile.
“Che schifo di giornata!” Pensò il maresciallo tra sé e sé e Poi chiamò:
«Salincelo! Vedi se riesci a capire quando il medico legale farà l’autopsia e fammi avere tutto per domattina, compresi i rilievi della scientifica. Poi interroga tutti in paese, scopri chi poteva essere cliente di Mastru Vitu. Non abbiamo trovato nulla, da qualche parte lo deve tenere il registro dei creditori, non poteva conservare tutto in  testa! E i soldi non possono essere scomparsi nel nulla!
Fammi sapere, per favore, telefonami a qualunque ora del giorno e della notte!
Adesso non ce la faccio più, vado a casa!»
Così Stracuzza uscì dalla caserma e tornò dalla sua Giulia che lo aspettava. Era riuscito a riconquistarla dopo tanto tempo e adesso era veramente sua, tutta sua. Ma lui era davvero felice?


Edil Merici

Succede sempre così: tanti anni di patimenti, di gelosia, di speranza e di preghiere e adesso che finalmente c’era riuscito tutto gli sembrava così scontato e banale. Indubbiamente lei lo amava con tutta se stessa, ma era diventata capricciosa, appiccicosa, premurosa, assillante e pesante in un modo che lo opprimeva.
Veramente la felicità non è di questo mondo, i primi mesi erano stati come se avessero vissuto in un vero paradiso, ma adesso una moglie per il maresciallo era proprio troppo.
È davvero strano, il mondo. Ti batti e ti arrabatti per raggiungere qualcosa, poi ti accorgi che erano più belli i giorni della ricerca e dell’attesa, i giorni della pena e della speranza, i giorni in cui quella felicità ti sembrava irraggiungibile. Poi arriva quel giorno in cui, seduto al bar della piazza, arriva il maligno e ti suggerisce: «Che aspetti, Luciano? Il marito adesso non c’è! Vai a casa di Giulia, abbracciala e baciala, lei ti sta aspettando e ti pensa!» E il maresciallo Stracuzza, quel pomeriggio, fece proprio così: andò a casa di Giulia, la trovò da sola, la coprì di baci e di carezze e cominciò l’amore.
«Sei tornato! Che bello, mi potevi almeno avvertire, ti avrei preparato qualcosa.
Lo vuoi un caffè freddo o un tè o una bella spremuta ghiacciata?»
«Mi si è chiuso lo stomaco, Giulia, non riesco a buttare giù proprio niente.»
«Allora andiamo un po’ di là così ti rilassi un pochino?»
«Giulia, ti prego, vorrei veramente solo riposare un poco, magari mi stendo sul letto con la finestra chiusa.»
«Usciamo, stasera? C’è il teatro, in piazza, e dicono che sia proprio divertente. E poi io voglio passare un po’ di tempo assieme a te, non usciamo mai!»
Stracuzza sentì dalla stanza da letto queste ultime parole, ma s’era già tolto la giacca e la cravatta, fece volare le scarpe in mezzo alla stanza e si buttò sul letto, sfinito.
Passarono solo pochi minuti e lui era già nelle braccia di Morfeo, che non gli regalò un sogno ristoratore, tutt’altro. Sognò di Mastru Vitu con la gola aperta che gli gridava con la voce roca: «Non li troverai mai, i miei soldi e neanche il libretto nero e neanche chi m’ha ammazzato, non troverai niente perché non sai niente di me, povero imbecille!»
Poi furono le mani di Giulia su di lui e i sussurri della sua voce e sognò di fare l’amore con lei come lo aveva fatto il primo giorno e gli occhi gli si velarono di lacrime.

Si era addormentato.
Erano già passate le otto e non era ancora arrivato in caserma, Luciano Stracuzza.
Era una cosa che non era mai successa.
A casa del maresciallo c’era stata un poco di maretta, la sera prima, perché Giulia aveva insistito per uscire, ma Stracuzza era stato irremovibile e non aveva avuto neanche voglia di cenare.
«Sicuramente c’è un’altra donna, gli aveva gridato, d’un tratto, Giulia, perché tu non sei più quello di prima.»
«Ma ti pare, Giulia, io non ho tempo neanche per te, figurati se nella mia giornata o nel mio cuore ci può essere posto anche per un’altra!»
«Fatto è che tu non sei più quello di una volta. Quando ho bisogno di te tu non ci sei mai, per te esiste solo la caserma e ho saputo che avete anche un’agente donna da qualche giorno!»
«Oh, Dio! Ti prego, Giulia, non cominciare, che ci posso fare se il comando mi ha mandato Cristina?!»
«Ah, la chiami così, Cristina e basta!»
«Come vuoi che la chiami se questo è il suo nome?»
«È bella?»
«È carina…»
«Più bella di me?»
«Ma che ne so Giulia…»
«Ah, non lo sai. Adesso non lo sai più, fino a qualche tempo fa ero io la più bella del mondo, come mi dicevi tu!»
Poi era arrivato il momento dei giuramenti, dei pentimenti delle lacrime, delle scuse e, finalmente, della rappacificazione che tra baci, giuramenti e amplessi era durata per tutta la notte e parte del mattino successivo.

Foto: adnkronos.com

Redazione

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