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I borghi degli Angeli: Guardavalle e la Valle dell’Assi

Locride… e dintorni in Mountain Bike XXXVIII

Di Rocco Lombardo

La magia della Locride non si esaurisce con il patrimonio naturale e ambientale, ma si allarga a quello storico e artistico, ancorandosi a tradizioni, miti e leggende che caratterizzano questo territorio ai confini orientali del continente, tanto crudo quanto intriso di magia. Una terra costretta a districarsi da sempre tra contraddizioni, peculiarità ed unicità, in cui la natura regna (ancora!) sovrana e incontrastata: valli e cascate, borghi secolari e megaliti, biodiversità e aria rarefatta, il tutto in un contesto paesaggistico in cui le imponenti e aspre alture si tuffano in un mare limpido e profondo.
Durante le nostre escursioni, l’approccio con il territorio non è per nulla scontato: abbiamo imparato a vedere e non solo a guardare quanto di volta in volta ci circonda, dagli antichi sentieri ai secolari tracciati, dalle verdi valli ai brulli costoni arenari, dalle piccole stradine dei borghi arroccati alle ampie dorsali montane. Abbiamo imparato a osservare un mondo ancora antico, sincero e ingenuo, che vuole proiettarsi nel futuro, rimanendo però fedele al proprio passato e facendo spesso i conti con una natura che, non curandosi delle consuetudini umane, si appropria di quanto vuole.
Oggi iniziamo un percorso che si spingerà a nord della Locride, sconfinando nella provincia di Catanzaro, in un lembo di Calabria che dalle pendici orientali delle Serre Calabresi si allunga fino alle bianche spiagge dello Ionio, attraversando i territori dei cosiddetti Borghi degli Angeli: Guardavalle, Santa Caterina dello Jonio e Badolato.
Pedalare in questo antico e suggestivo territorio percorrendo sentieri collinari di grande impatto scenografico, offre la possibilità di (ri)scoprire un pacifico e silenzioso angolo della nostra terra, ricco di fiumare e vallate, colline e costoni argillosi, che degradano dolcemente verso il mare, attraversando borghi poco conosciuti, poco apprezzati e, in questo periodo, poco densamente abitati, che invece offrono sensazioni e armonie di rinnovata vitalità, immerse completamente nella storia, nelle tradizioni, nelle architetture, nella cultura e nei paesaggi che ne contraddistinguono da sempre l’identità.
Per la bellezza e la ricchezza del percorso, abbiamo deciso di dividere la narrazione in più tappe, limitandoci a trattare una prima parte relativa al borgo di Guardavalle e al percorso che conduce ai Piani del Gatto e al villaggiodi Elce della Vecchia, per poi completare il racconto, nelle prossime settimane, con la visita al borgo di Santa Caterina dello Ionio e, quindi, concludere con Badolato, un giro magico e affascinante in ogni suo chilometro di percorrenza.
Raggiungiamo di buon mattino il promontorio di Punta Stilo, un punto di partenza simbolico, avendo costituito da sempre lo spartiacque tra i greti della fiumara Stilaro, che abbiamo diffusamente raccontato nei precedenti appuntamenti, e la fiumara Assi, conosciuta in epoca antica con la denominazione di fiume dell’argento per la presenza di miniere del minerale omonimo. Ciò a testimoniare l’importanza di un entroterra costituito da colline, non molto impervie e quindi facilmente valicabili e transitabili, che ha rappresentato per secoli un’area di forte richiamo per le varie popolazioni succedutesi, in un territorio ricco di risorse minerarie, verdi vallate e terreni coltivabili, con il mare che permetteva, già nell’antichità, di venire a contatto e di commerciare con i vari popoli del Mediterraneo.
Le principali vie di accesso verso l’interno sono costituite, oggi come un tempo, principalmente dai crinali dei rilievi, gli stessi percorsi dai Greci e dai Romani, che seguivano appunto il displuvio tra i due torrenti, Assi e Stilaro, da cui originavano una serie di sentieri che collegavano la costa e la Vallata Bizantina con il Mar Tirreno (e ancora oggi questo tracciato – ex Strada Statale 110 – rappresenta il modo più veloce per raggiungere l’area tirrenica). Nel Medioevo, con l’ abbandono forzato delle coste, a causa delle incursioni saracene e della malaria, si assistette alla nascita di nuovi borghi situati all’interno e, chiaramente, anche questo portò allo svilupparsi di nuovi reticoli stradali innestatisi a mezza costa lungo i vari rilievi, gli stessi che noi amiamo ripercorrere nelle nostre escursioni domenicali.
L’area che abbiamo scelto come punto di partenza è quella in cui venne edificata quindi la città di Kaulon, abitata sin dalla metà dell’VIII secolo a.C. e i cui scavi archeologici, iniziati alla fine del XIX sec. dal nostro mentore Paolo Orsi, hanno riportato alla luce numerosi reperti grazie ai quali è stato possibile ricostruirne la storia in maniera dettagliata. La mattinata è decisamente freddina, una lunga striscia blu alla nostra destra e una temperata brezza marina ci accompagnano per il primo tratto pianeggiante in direzione nord, lungo la SS 106, fino alla frazione Marina di Guardavalle. Ci concediamo un rigenerante caffè prima di intraprendere la dolce salita che in falsopiano ci porterà, in circa dieci chilometri, alle porte del borgo, un tratto pedalabile e collinare circondato da piantagioni di ulivi e vigneti, che sale parallelamente al corso della fiumara Guardavalle.
Alle porte del borgo imbocchiamo un sentiero sterrato, reso particolarmente fangoso dalle recenti precipitazioni, che, seguendo un crinale di arenaria e in moderata salita, ci porta in località Marasà, da dove possiamo godere di un suggestivo colpo d’occhio sul paese e sul campo sportivo sottostanti. Da qui inizia la vera e propria salita, asfaltata per i primi chilometri, sterrata e pietrosa nella parte finale, resa particolarmente faticosa dagli importanti dislivelli che in alcuni tratti, e in prossimità di una area boschiva recintata, ci costringeranno a scendere dalle Mountain Bike e proseguire a piedi. Impareggiabile il colpo d’occhio sulla vallata dello Stilaro: distinguiamo chiaramente, in ordine decrescente, il Monastero di San Giovanni Theristis, il Castello Normanno di Stilo e Monte Stella.
All’inizio della salita una sbiadita indicazione, posta nei pressi di una nicchia in pietra che custodisce una piccola statua della Madonna col Bambino, ci indica a sinistra un sentiero che conduce al Monastero Basiliano di Santa Maria dell’Assunta.


Edil Merici

Non sono tantissime le notizie e le informazioni su ciò che rimane di questo monastero, sicuramente era un romitorio di monaci basiliani che ivi si insediarono verso il 1300 e che successivamente (1568) fu annesso dai frati Cappuccini a un Convento di cui oggi non rimangono che ruderi e a una chiesetta consacrata alla Madonna dell’Assunta sottoposta a vari restauri negli anni. Non da ultimo un’approssimativa ristrutturazione che ha restituito la chiesa al culto, e da dove, il 15 agosto di ogni anno, la statua della Madonna viene portata in processione per le vie dei paese con la nave, che consiste in una forma geometrica realizzata da più fedeli che recitano litanie dialettali. Dispiace comunque constatare l’abbandono e l’incuria che regnano sovrane nelle pertinenze dell’ex Monastero: siti del genere, a nostro modestissimo parere, andrebbero valorizzati e curati in tutt’altra maniera e non contornati da deprimenti ristrutturazioni in cemento e laterizi…
Proseguiamo nella nostra faticosa ascesa sterrata, con punte percentuali anche del 18%, fino a incrociare la dorsale sulla Strada Provinciale 140, nei pressi della Pineta di Santa Caterina dello Jonio, e quindi da lì proseguire in direzione di Elce della Vecchia. La temperatura si è decisamente abbassata, le cime innevate di Spadola e Serra San Bruno e le gelide acque del Lago Lacìna si trovano ormai a pochi chilometri. Arriviamo quindi nei pressi di un’area attrezzata con panche, tavoli e barbecue denominata Elce della Vecchia, una frazione montana ubicata a 1.034 metri sul livello del mare, sulla dorsale orientale del Massiccio delle Serre, alle falde del Monte Pecoraro, già scalato qualche settimana fa, sorta a seguito dell’alluvione del 1950, che aveva distrutto la frazione di Pietracupa posta a pochi chilometri a ridosso dell’alta valle della fiumara Assi, dove alcune famiglie avevano dato vita a un piccolo villaggio.
Il toponimo di Pietracupa è dovuto a un gigante agglomerato granitico, intorno al quale alcune famiglie provenienti dalle vicine località di Nardodipace, Fabrizia, Campoli, Ragonà e Mongiana, attratte dalla ricchezza dei boschi, stabilirono un affascinante e misterioso villaggio montano, oggi fantasma. Una tipica ghost town come tante altre incontrate nei nostri percorsi montani, raggiungibile in passato solo a piedi o a dorso di mulo e abbandonata per le continue alluvioni che ne funestarono la storia. L’ultima, del 1972, indusse i pochi abitanti rimasti a ritirarsi a monte, appunto a Elce della Vecchia.
Pochi minuti per rifiatare, mangiare un pò di frutta secca e, soprattutto, coprirsi con maglie termiche e mantelline suppletive prima di intraprendere la freddissima discesa che ci riporterà in una quindicina di chilometri a Guardavalle. Dalla località Piani del Gatto, posta alcuni chilometri più a valle, si dipanano una serie di sentieri escursionistici molto suggestivi, che permettono di visitare la valle dell’Assi e di accedere alla Cascata di Pietracupa che, dopo un salto di alcuni metri, forma la cosiddetta Gurna di Pietracupa, un piccolo laghetto presso il quale ci siamo ripromessi un ulteriore tappa nella stagione estiva, per concederci un rigenerante bagno e godere della natura circostante ancora incontaminata e affascinante, meta ambita dagli appassionati di torrentismo e trekking.
Siamo ormai in prossimità del cimitero di Guardavalle. Poche centinaia di metri e ci immergiamo nel dedalo delle strette viuzze del centro storico: grazie alla sua posizione strategica, il borgo di Guardavalle sorse come rifugio dagli abitanti della costa durante le incursioni saracene, seguendo l’andamento e lo sviluppo di tutto il costone della vallata, in modo tale da non essere visibile se non quando si era ormai nei pressi dell’abitato, caratteristica mantenuta anche oggi nonostante lo sviluppo abitativo. La cartolina scenografica del borgo ci appare, oggi come un tempo, avvolta e protetta dalle colline che videro sorgere le 12 torri di avvistamento, di cui rimane praticamente intatta la sola torre detta di sopramonte. Pedalare nelle stradine strette e ripide del borgo è un tuffo nella storia, l’assetto urbano arabo-medievale ci consente di percorrere i vicoli su cui si affacciano le abitazioni e i palazzi gentilizi costruiti in pietra e le numerose chiese, arricchiti da decorazioni e imponenti portali d’ingresso, riportandoci indietro in un passato dall’esclusivo patrimonio storico.
Da casale di StiIo ne seguì le vicende feudali nel corso dei secoli e fino all’annessione al regno d’Italia funse da scudo per diverse popolazioni che ivi si insediarono dai normanni agli svevi, dagli angioni agli spagnoli, dai francesi ai Borboni; tra i vicoli stretti e ripidi respiriamo l’atmosfera silenziosa domenicale, alle stradine si alternano i preziosi monumenti che ne raccontano la storia, tra questi l’Arco di Trionfo, nei pressi della Chiesa del Carmine, posta su una scalinata, nonché i numerosi palazzi gentilizi, che ne testimoniano un passato importante. Pedaliamo con gli occhi rapiti dalle facciate decorate di Palazzo Spedalieri (che si distingue per una facciata dagli ornamenti baroccheggianti) Palazzo Falletti (del XIX secolo), adiacente alla Chiesa del Purgatorio, e, ancora Palazzo Rispoli (sempre del XIX secolo)e Palazzo Salerno, di fronte alla Chiesa Matrice, sul cui sagrato veniamo accolti dal parroco e da alcune donne al termine della liturgia domenicale che, incuriositi dalla nostra presenza in MtB, ci invitano a visitarne l’interno, in fase di restauro, per la presenza delle reliquie di Sant’Agazio Martire, il patrono del paese.
Ci inerpichiamo nella parte più alta del borgo, in cui si trova l’imponente costruzione seicentesca mai completata di Palazzo Sirleto, del quale cui un’ala è rimasta a cielo aperto, e dal quale riprendiamo la via del ritorno e, soprattutto, la tanto agognata discesa che ci ricondurrà al punto di partenza. Con il sempre fedele compagno di avventura Giuseppe Piccolo imboccheremo al termine della discesa la panoramicissima dorsale che da Guardavalle conduce a Santa Caterina dello Ionio, di cui parleremo diffusamente la prossima settimana!

Redazione

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