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Costume e SocietàLetteratura

Le ultime ore di Jacques de Molay

Le ultime figlie di Lilith - Parte VII

Di Francesco Salerno

Le urla di battaglia si stavano facendo sempre più vicine. A breve il castello sarebbe caduto, era inevitabile.
Jacques fissò un’ultima volta il piccolo baule poggiato sul sua leggio. Aveva sempre saputo che loro non si sarebbero fermate, che non avrebbero mai rinunciato a recuperare quell’oggetto. Lo sapeva, ma le aveva sottovalutate. Il loro potere e la loro influenza erano divenute infine la rovina del suo ordine.
Chiuse gli occhi, sospirando stancamente. Di tutti i numerosi artefatti che il suo ordine custodiva, quello era senza dubbio il più prezioso nonché il più pericoloso. In qualità di Gran Maestro spettava a lui tenerlo al sicuro. Celato alla vista del mondo, cosicché la storia stessa ne obliasse l’esistenza.
«Sono stato uno sciocco» disse a sé stesso, mentre la porta del suo ufficio veniva spalancata.
«Mio Signore. Lui è pronto.»
«Bene!» rispose de Molay, per poi dedicarsi all’ultimo compito della sua esistenza.
Afferrò il piccolo baule e lo consegnò al suo luogotenente insieme a una lettera che lui stesso aveva scritto. Il tutto sarebbe stato consegnato a un giovane cavaliere di cui anche lui ignorava l’identità. Aveva voluto così. Chi avrebbe portato a termine l’opera non doveva essere conosciuto da nessuno. Il suo luogotenente avrebbe consegnato il tutto per poi recarsi in battaglia e perire da martire per il bene dell’Ordine. Tutto era stato programmato nel dettaglio. Nessuno avrebbe saputo. Mai!
De Molay fece un ultimo saluto al proprio uomo, poi richiuse la porta. Si inginocchiò, gli occhi rivolti al cielo, e iniziò a pregare. Non seppe dire quanto tempo era rimasto in questo stato ma, quando la porta venne forzata, seppe che il male lo aveva trovato.
«Mi attendevi, vecchio pazzo?»
La voce della donna era talmente melodiosa da rasentare l’incredibile. De Molay si alzò lentamente, voltandosi con tutta la calma di cui era capace. La sua fede lo avrebbe protetto anche da quell’abominio.
La donna sorrise con malizia dinnanzi all’ostentata forza del templare. Era bella oltre ogni immaginazione. I capelli corvini le ricadevano con grazie sulle spalle. Il corpo, perfetto e sinuoso, ricordava quasi un serpente. Gli occhi, due neri abissi di perdizione e tormento.
«Non è più qui, demone! Hai fallito. La tua abominevole missione non si realizzerà mai!»
Dinnanzi alle parole del Gran Maestro, la donna prima ebbe un sussulto, poi rise di gusto. Gli uomini erano così patetici nelle loro fallaci convinzioni! A un suo cenno, due cavalieri del re di Francia entrarono nello studio.
I due scattarono in avanti e bloccarono il vecchio templare. Gli legarono le mani dietro la schiena, poi lo tennero fermo in attesa. La donna a quel punto si avvicinò con passo felpato. Pareva quasi danzare mentre si accostava al viso di de Molay.
«Fate ciò che volete, ma preferirei bruciare nel rogo dell’inferno piuttosto che tradire il mio ordine!» sentenziò il vecchio, mentre sentiva la propria fede incrinarsi dinnanzi allo sguardo della donna.
«Oh, ma tu brucerai caro Jacques. Brucerai…» gli fece eco lei.
Un ultimo gesto, e l’ultimo Gran Maestro templare venne condotto al proprio destino.

Foto: ricercatorisenzapadroni.org


Edil Merici

Redazione

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