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I borghi degli angeli: da Santa Caterina a Isca sullo Ionio


Edil Merici

Di Rocco Lombardo

Continuiamo il nostro tour in mountain bike a nord della Locride alla scoperta dei borghi degli angeli, un viaggio nel tempo, lento e autentico, tra antiche case e viuzze strette, chiese millenarie e dimore storiche, bellezze paesaggistiche e panorami mozzafiato: ci concediamo ritmi tipicamente mediterranei, immersi totalmente nell’ambiente naturalistico di un territorio ancora a tratti selvaggio e nella spontanea e storica accoglienza delle genti che vi abitano.
La bellezza di questo territorio è proprio questa: vita tranquilla legata ad ambienti e ritmi rurali, semplice e senza grosse pretese in un ambiente meraviglioso; (ri)scopriamo pertanto un pacifico e silenzioso angolo della nostra terra, ricco di colline lussureggianti e costoni che degradano dolcemente verso il mare, attraverso sentieri antichi che collegano borghi dalle atmosfere rarefatte di serenità e quiete, radicati orgogliosamente nella storia, nelle tradizioni, nelle architetture, nella cultura e nei paesaggi che ne contraddistinguono da sempre l’identità.
Dobbiamo tristemente registrare come, dal secondo dopoguerra e fino a qualche decennio fa, questi luoghi abbiano sofferto la desertificazione, soffrendo le politiche sociali che costringevano gli abitanti a lasciare i propri paesi alla ricerca di un lavoro che garantisse loro sopravvivenza e finanche dignità. È indubbio, infatti, come il fenomeno dell’ emigrazione abbia contribuito notevolmente allo spopolamento dei nostri borghi e all’eccessivo impoverimento del territorio, con tutte le tristi ricadute che in parte soffriamo tutt’oggi.
In fondo si diceva che “partire era un po’ come morire” e, in effetti, la maggior parte degli emigrati non è più rientrata, dopo aver affrontato per decenni con tenacia e determinazione qualsiasi sacrificio, senza considerare, suo malgrado, che aver lasciato la propria terra ne ha profondamente segnato la storia recente.
A noi piace comunque raccontare il bello di un territorio che riconosciamo non essere facile e alla portata di tutti: non abbiamo grandi collegamenti, né importanti infrastrutture, i territori più suggestivi e autentici sono anche quelli più nascosti e impervi da raggiungere, ci fregiamo spesso di un turismo più lento e lontano dai circuiti di massa, e ci confrontiamo quotidianamente con una mentalità chiusa ma, allo stesso tempo, antica, con tradizioni dimenticate ma ancora vive nei borghi in cui il tempo sembra essersi fermato.
Allora forse è vero che comunichiamo male la nostra terra, sempre pronti ad accentuarne le criticità e mai le peculiarità. Nel nostro piccolo cerchiamo di promuovere e far conoscere le bellezze del territorio, dipingendo un quadro non falsato da stereotipi e luoghi comuni, ma più autentico e ancorato ai territori, alla storia e alle tradizioni.
Lasciato il borgo delle terrazze panoramiche di Santa Caterina e la tranquillità che regnava sovrana tra le strette vie, lontane e assorte dai ritmi e dalle frenesie della vita quotidiana, siamo ridiscesi verso la costa, lungo un percorso ambientale incontaminato e poco urbanizzato, caratterizzato da scorci scenografici, da calanchi bianchissimi e costoni collinari coltivati a uliveti e vigneti. Attraversata la frazione marina di Santa Caterina, a ridosso delle bianche spiagge della costa nei pressi della Torre di Sant’Antonio, ci spostiamo in una fredda e poco trafficata domenica di marzo lungo la famigerata Strada Statale 106 in direzione nord, non senza provare un leggero patema d’animo per la pericolosità dell’arteria e con in aggiunta un moderato e sferzante vento contrario. Percorriamo pertanto una decina di chilometri interamente pianeggianti, attraversando nell’ordine la frazione marina di Badolato e, di seguito, quella di Isca Marina, per poi iniziare la risalita verso il centro storico di Isca sullo Ionio.
Le origini, storicamente, vengono fatte risalire al periodo della dominazione greca, riconducendone la fondazione ai tempi delle incursioni Saracene, quando gli abitanti di Sanagasi, di antica origine greca, ubicata nei pressi della moderna Isca Marina, recentemente peraltro teatro di interessanti scoperte archeologiche, cercarono riparo sulle vicine alture, accomunando le sorti di Isca a quelle patite da tutti i borghi interni della nostra terra. Anche la posizione fu ricercata e appositamente scelta perché parzialmente nascosta e quindi meno soggetta alle insidie, solo pochi chilometri, infatti, separano il borgo dalla costa.Pedaliamo in costante salita per circa tre chilometri lungo la Strada Provinciale 133, costeggiando il greto del torrente Vallescura, che denomina la valle e origina dalla Cascatelle di Isca, poste qualche chilometro a monte del borgo; il piccolo paese si schiude a noi curva dopo curva, adagiato tra due costoni di una valle verde e incontaminata, regalandoci un impatto visivo magico e sospeso nel tempo; valicato il ponte sul Vallescura, subito a destra ci troviamo il cimitero, per quindi proseguire lungo la Provinciale e circumnavigare a monte il borgo, fino a giungere nei pressi di un grande spiazzo pavimentato con i sanpietrini, che funge da parcheggio alle porte del centro storico.
Analogamente agli altri borghi del territorio, anche Isca subì gli influssi culturali e politici delle diverse dominazioni bizantine, normanne, sveve, angioine, aragonesi e spagnole; dal medioevo fino all’800 fu casale di Badolato, condividendone le sorti e i diversi passaggi di proprietà. Nella sua millenaria storia fu gravemente colpito da alcuni terremoti, da quello catastrofico del 1783 a quello più recente del 1947, che distrusse buona parte del centro storico e fece maturare l’idea di una più sicura ricostruzione nella frazione marina, che ritornò quindi a essere abitata a distanza di quasi undici secoli.
Poche abitazioni sembrano essere realmente abitate. Sarà anche la fredda mattinata domenicale, ma non incontriamo praticamente nessuno lungo le stradine lastricate che diramano dalla via principale. Ai piedi della Chiesa dell’Annunziata, il cui anno di costruzione, 1598, è inciso su una delle due campane del campanile, alcune indicazioni topografiche ci indicano la strada per la montagna che decidiamo di percorrere fino alla fine del borgo. La strada, lastricata in ciottoli di pietra, è molto scenografica, salendo subito di pendenza, e ci permette di costeggiare un imponente palazzo nobiliare del ‘700 dei Cosentino-Romiti, dal bellissimo portale in pietra lavorata e dal forte impatto scenico per le due sculture zoomorfe poste alla sua base, tipiche dello stile architettonico dell’epoca, fino a raggiungere, non senza fatica, la fine del centro abitato e, di conseguenza, della strada lastricata, trovandoci subito in aperta collina, nei pressi di un terrazzamento naturale da cui godere la vista dall’alto dell’intero borgo, circondati da una fitta e lussureggiante vegetazione, profondamente ferita ancora dagli incendi della scorsa estate, che tanto hanno funestato le nostre montagne.
Foto e filmati di rito per poi ridiscendere velocissimi lungo la strada principale del borgo, intitolata a Tommaso Campanella, facendoci attrarre dal dedalo della stradine che lo attraversano. Il piccolo centro storico risulta ben tenuto e in parte ben ristrutturato, con alcuni punti di particolare interesse, quali ad esempio una piccola loggia recintata che funge da mercato coperto, con tanto di suggestiva indicazione e cancellata azzurra e con la fontana centrale in pietra, per poi proseguire sulla salita che porta al Municipio, circondato da una panoramica strada che offre una balconata a 360 gradi sull’intera vallata.
Aggirato l’isolato del Municipio, scenografico e di recente riqualificazione, ci immergiamo nuovamente nelle stradine su cui si affacciano alcuni palazzi gentilizi a testimonianza delle famiglie notabili vissute un tempo, tra cui Palazzo Leuzzi, risalente alla fine dell’800, di proprietà del Comune e il cui nome deriva dalla famiglia a cui apparteneva originariamente, fino a sbucare nei pressi della dirimpettaia Chiesa Matrice di San Nicola dall’imponente struttura, riqualificata in cemento armato a seguito del crollo provocato dal terremoto del 1947, prospettica e ben visibile dall’intera vallata. Non possiamo quindi non menzionare il Conservatorio di Musica Popolare della Calabria, al cui interno il Museo conserva una grande collezione di oltre 60 pezzi di strumenti tradizionali e un piccolissimo e panoramico giardino di erbe officinali.
Pedalare nelle stradine strette e ripide del borgo è un tuffo in una storia fatta di tradizione e accoglienza, come sperimentiamo grazie alle poche persone che incontriamo in questa fredda domenica invernale. Non a caso la scrittrice milanese Ginevra dell’Orso, che ha eletto da qualche anno questo borgo come sua dimora e residenza di vita, decantandone con passione e amore fuori dal comune i profumi, le sensazioni e le peculiarità del paesaggio, afferma:

Semplicemente, questo posto mi ha rapito con la sua bellezza, con la sua ostinazione, con il suo essere tanto cruda e al tempo stesso intrisa di magia. Io l’ho scelta, l’ho affrontata, l’ho persino sfidata quando mi ha messo al bivio delle scelte che capitano solo rare volte nella vita… e sono ancora qui, felice di aver scelto quella più difficile ma più emozionante. Per questo non finirò mai di ringraziare questa terra, questo angolo di mondo ancora vero, palpitante, in cui si può ancora sognare e credere ai piccoli miracoli quotidiani… concentrati sulle cose belle che hai, piuttosto che dedicare i tuoi pensieri a quello che non hai… infatti, nonostante mille difficoltà, più guardo quello che succede nel mondo, e più sono felice di vivere in questa terra. E non sono sola: sempre più persone decidono di staccarsi dal sistema dominante e optano per una scelta alternativa, fatta più di momenti e meno di cose…

Non solo italiani, ma soprattutto stranieri stanno ormai da alcuni anni acquistando e ristrutturando vecchie case e antiche dimore sulla Riviera dei Borghi degli Angeli, facendone la propria residenza per le vacanze o per la vita, alla ricerca di un modo di vivere diverso fra queste montagne affacciate sul mare. Ridiscendiamo ai piedi del borgo e nei pressi del ponte sul torrente, imbocchiamo una ripida salita sulla destra, che ci porterà ad attraversare la località Vallescura, un zona collinare coltivata a uliveti che, salendo di quota, si trasforma in zona montana, con a valle e a perdita d’occhio costoni argillosi che degradano verso il mare.
La salita è abbastanza faticosa, anche per i chilometri accumulati in precedenza, e prosegue lungo la traccia GPS che avevamo precedentemente caricato sui nostri portatili. Giungiamo quindi nei pressi di un’azienda agricola con ovile annesso, per richiedere conforto, al cortese e disponibile proprietario, sulla bontà della prosecuzione del nostro giro, ricevendo diverse indicazioni sui tratti percorribili per raggiungere il borgo di Badolat, posto al di là della valle del Galipari. Nonostante non rinveniamo la presenza di alcuna indicazione topografica, ridiscendiamo lungo una panoramica e stretta strada, in parte asfaltata, che nei pressi di una suggestiva struttura ricettiva, ci pone davanti alla scelta suggerita dal GPS, ancorché non battuta, di proseguire lungo una strada interpoderale che scende ripidamente lungo il greto della Fiumara Galipari, da dove poi poter risalire dalla parte opposta e quindi congiungersi con la Provinciale per Badolato.
Ovviamente non avevamo preventivato la presenza di vorticose e freddissime correnti, da dover essere necessariamente guadate a piedi e con le bici in spalla, in quanto le braghe di contenimento del torrente parzialmente crollate, risultavano impercorribili, rendendone oltremodo difficoltoso il passaggio. Tutto ciò ci costringe ad un’ulteriore appendice del percorso, dovendo ripercorrere a ritroso la strada interpoderale, per riprendere poi in cima la panoramica arteria che ci condurrà a valle, da dove poter risalire verso Badolato, attraverso un antico tracciato romano-bizantino che, in compagnia dell’eterno compagno di viaggio Giuseppe Piccolo, affronteremo nell’appuntamento della prossima settimana.


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