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I borghi degli angeli: da Isca a Badolato

Locride… e dintorni in Mountain Bike XL


Edil Merici

Di Rocco Lombardo

Con ritmi tipicamente mediterranei e immersi totalmente nella suggestiva cornice paesaggistica che ci circonda, ci adeguiamo a quanto di unico rappresenta la peculiarità di questa parte del nostro territorio, comunemente denominato la riviera dei borghi degli angeli. Antichi e millenari paesi ancorati da sempre a una vita tranquilla, in un ambiente semplice e meraviglioso allo stesso tempo, segnato ancora dai ritmi naturali che scandiscono il corso delle stagioni.
Riprendiamo quindi il nostro tour in Mountain Bike alla scoperta di Badolato, considerato il capoluogo dei borghi degli angeli in quanto, all’epoca della sua edificazione, fungeva da paese mandamentale (feudo) per gli altri borghi limitrofi. Ci eravamo lasciati la settimana scorsa con la tappa che da Santa Caterina ci aveva portato a Isca sullo Jonio.
Arrivati nei pressi di una azienda agricola, discendiamo velocemente lungo un tratto, parzialmente sconnesso, fin sul greto del Gallipari dove, attraverso un ponte sterrato, guadagnamo agevolmente la sponda opposta per poi, nei pressi di località Secula Barrena, ripercorrere un antico e suggestivo percorso romano-bizantino che, ormai non più battuto se non dai proprietari dei fondi limitrofi, costeggia alcuni vigneti e campi coltivati, al termine del quale sbuchiamo sulla Strada Provinciale 135 che, in costante e moderata salita, ci condurrà alle porte del Borgo di Badolato.
La fatica va di pari passo con l’incedere della pedalata, ma ciò non può certo distrarci dalla bellezza del paesaggio. Incrociamo nell’ordine la tenuta Villa Pietra Nera del Castello Galelli, imponente e affascinante nelle sue architetture e nei suoi richiami medievali, e pochi tornanti più in alto un belvedere, con annessa area attrezzata con tavoli e gazebi, che ci consente di spaziare con lo sguardo e ammirare il borgo apertosi magicamente davanti a noi, nonché lo specchio di mare alle nostre spalle. Foto e filmati sono gli unici strumenti in grado di poter rappresentare al meglio la suggestione del luogo, sembra di tornare indietro nel tempo, un presepe a cielo aperto, con la scenica struttura della roccaforte medievale sospesa su un costone roccioso, assecondato dalla sinuosa e degradante conformazione delle abitazioni arroccate una sull’altra, conferendo così al borgo una prospettica suggestione teatrale, radicata orgogliosamente nella storia, nelle tradizioni, nelle architetture, nella cultura e nel paesaggio che da secoli ne contraddistinguono l’identità e dove il tempo sembra essersi realmente fermato.
Erano gli ultimi anni del liceo, fine anni ottanta, e ricordiamo ancora nitidamente come Badolato assurse agli onori della cronaca nazionale per la provocatoria messa in vendita del borgo: i mezzi d’informazione titolarono per mesi Badolato Paese in vendita eciò contribuì drammaticamente a una forte presa di coscienza legata allo svuotamento dei borghi e alla desertificazione del territorio. Maturò una profonda riflessione e una maggiore consapevolezza non soltanto per Badolato, ma per i tantissimi borghi sofferenti del nostro territorio, divenuti il simbolo, forse inconsapevole, di un fenomeno più ampio, legato allo spopolamento di centinaia di borghi in abbandono in tutta Europa.
Badolato seppe comunque leggere e interpretare criticamente il clamore suscitato, traendone beneficio negli anni a seguire quando, in seguito a uno sbarco di circa 800 rifugiati curdi, molti abitanti consegnarono ai migranti le loro vecchie case, dando così vita al ripopolamento del borgo e suscitando grande eco a livello mediatico, anche oltre i confini nazionali. Il piccolo borgo divenne così luogo di interesse internazionale e, grazie alla politica di accoglienza e di recupero, arrivarono fondi per ristrutturare e riprendere le strutture fatiscenti, tali da farlo divenire meta sempre più ambita da parte di turisti italiani e stranieri. Da anni ormai è considerata una delle destinazioni più conosciute tra i cosiddetti paesi albergo, grazie all’offerta turistica della tradizione più vera, che non è solo vacanza ma anche trasmissione di cultura, storia e stili di vita.
Al giorno d’oggi registriamo sempre più persone che decidono di abbandonare le grandi città per tornare a popolare antichi borghi come questo, al passo coi tempi e senza rinunciare alle nuove tecnologie, consentendo loro di interagire con le nuove professioni e nel contempo dedicare maggior tempo alla visita di parchi, spiagge, montagne, boschi incontaminati, oppure trattenersi a parlare con gli anziani del posto, ricevendo in cambio lezioni di vita, pace interiore, dialetti e tradizioni; una scelta alternativa al sistema dominante, caratterizzata più da momenti e meno da cose. Non a caso il regista tedesco Wim Wenders decise di realizzare in questi luoghi parte del suo cortometraggio Il volo, basato su storie di accoglienza ed integrazione che in questi borghi hanno trovato la giusta dimensione.

A pochi tornanti dal borgo, pieghiamo a destra seguendo le indicazioni stradali per Brognaturo-Serra San Bruno-Elce della Vecchia e, in pochi chilometri di salita, ci immergiamo totalmente in un luogo suggestivo e affascinante: il Convento di Santa Maria degli Angeli e l’attiguo Santuario Basiliano della Madonna della Sanità (del XII secolo), tra i meravigliosi portici ottocenteschi e un panorama mozzafiato, dal 1987 risiede in questo luogo la comunità Mondo X, un’associazione di ragazzi con problemi di tossicopendenza che ci aprono le porte del monastero (pregandoci di non filmarne gli interni), orgogliosi dell’importante opera di restauro e recupero che li ha visti protagonisti negli ultimi decenni.
Il convento risale al 1600 per opera probabilmente di monaci basiliani (ma venne poi affidato ai francescani) e si erge in cima ad una piccola collina (detta non per nulla Petta Degli Angeli), che ci impegna in un uleriore strappo di discreto dislivello fino a raggiungerne il sagrato da cui, letteralmente senza fiato, volgiamo lo sguardo estasiati dal borgo dirimpetto. Al suo interno racchiude delle opere importanti, tra le quali un crocefisso ligneo settecentesco, di pero selvatico, opera di Fra Diego da Careri, uno scultore francescano che, dopo essere stato a Bovalino e a Gerace, si stabilì nel convento, dove lasciò una delle sue opere più importanti. Abbassiamo la pressione delle gomme e riprendiamo la discesa, percorrendo in downhill la via crucis lastricata in pietra e gradoni terrazzati, ripidissima e adrenalica, che dal convento ridiscende sulla circonvallazione a monte del borgo.
Conosciuto anche come il borgo delle chiese, Badolato conserva ancora intatta la struttura urbanistica medievale costituita da suggestivi vicoli stretti e tortuosi che si intersecano fra le case l’una a ridosso dell’altra, su cui si affacciano numerose chiese disposte a forma di croce latina. Le fonti storiche riportano come sia di fondazione enotra, e che prendesse nome dalla sua posizione eminente circondata da precipizi, Badulati e Vadolati, le cui origini, avvalorate dalla presenza di piccoli insediamenti basiliani sparsi in diverse località del suo territorio, si riconducono all’anno mille e a Roberto il Guiscardo che fece erigere un castello fortificato e parzialmente nascosto, quindi meno soggetto alle insidie piratesche dei Turchi dalla costa. Sotto la dominazione normanna ebbe in seguito un periodo di buona floridità economica e religiosa, per poi essere gravemente danneggiato durante la sua storia dai terremoti (1640, 1659 e 1783), e colpito in epoca più recente dall’alluvione del 1951, che ne sancì il virtuale abbandono.
Importante riferimento religioso per le zone circostanti, frequentato com’era da monaci Basiliani, Francescani e Domenicani che costituirono numerose confraternite, ancora oggi operanti, tra i monumenti più importanti ricordiamo la ​Chiesa di San Domenico (1566), la Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria (1198), la Chiesa dell’ex convento di San Domenico (1566),la Chiesa dell’Annunziata (1654), la Chiesa della Provvidenza (1598), la Chiesa del Santissimo Salvatore (1218), la Chiesa del Carmine (1678), la Chiesa di Santa Maria in Crignetto (1728), la Chiesa di San Nicola Vescovo (1239), la Chiesa di San Rocco (1548), nonché la Torre Campanaria (1539), i resti dell’antica porta medievale (zona bastione), senza dimenticare le antiche botteghe degli artigiani riadattate in moderni locali di degustazione di prodotti che, soprattutto nel periodo estivo, allietano la movida e le fresche serate di turisti e visitatori.
Pedalare nelle stradine strette e ripide del borgo è un tuffo nella storia, si respira aria di tradizione e accoglienza nonostante la fredda domenica d’inizio primavera. Ci facciamo ingolosire dal dedalo delle strette viuzze che dipanano dal corso principale, fermandoci a fotografare scorci, chiese e palazzi nobiliari dai portali imponenti scolpiti in pietra, e la cui tipologia edilizia mantiene ancora le caratteristiche originarie, seguendo l’andamento naturale morfologico della forte pendenza, facendo del borgo un paese percorribile esclusivamente a piedi (o in MtB). Scendiamo fino a raggiungere il punto più scenografico del borgo, costituito dal belvedere della Chiesa dell’Immacolata (1686), realizzata in stile bizantino su un poggio dal quale lo sguardo può spaziare dal golfo di Squillace fino a Punta Stilo, una struttura staccata dal centro e raggiungibile attraverso un suggestivo percorso sospeso in pietra che ne caratterizza, nella sua unicità, l’impatto visivo.
Concludiamo così, rientrando al punto di partenza, il nostro giro in questa parte bellissima del territorio in cui la gente abita ancora in piccoli e meravigliosi gioielli di antiche architetture, e che negli ultimi decenni stanno rivivendo di nuovi interessi e attenzioni, incastonati come sono tra splendide colline, aspre montagne e un mare azzurrissimo, con un ringraziamento particolare al compagno di avventura Giuseppe Piccolo, con il quale vi rimandiamo al prossimo appuntamento.

Redazione

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