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Costume e SocietàLetteratura

L’insabbiamento

Roswell Legacy

Di Francesco Salerno

«Era un pallone sonda per rilevamenti meteorologici. Nessun ufo si è schiantato a Roswell, e con questo è tutto signori!»
I giornalisti si alzarono all’unisono per porre altre domande all’agente speciale inviato da Washington, ma questi li ignorò abbandonando la sala stampa. Per il governo la discussione era finita.
Il tenente Walter Haut, tuttavia, era di ben altro avviso. Era il responsabile delle pubbliche dichiarazioni della base militare a Roswell, e sapeva benissimo cosa governo ed esercito stessero tentando di fare. Tuttavia, la notte prima, aveva giurato al suo amico, nonché colonnello Blanchard, di mantenere il segreto almeno sino alla morte di quest’ultimo. Lo avrebbe fatto, certo. Ma nessuno gli avrebbe impedito di investigare sull’altra questione in sospeso…
Lasciò che la sala stampa si svuotasse, prima di uscire anch’egli da una porta laterale. Fuori, ad attenderlo, il colonnello Blanchard.
«La questione è chiusa, amico mio» esordì Blanchard.
«A quanto pare è così, colonnello, ma c’è ancora qualcosa di cui dovremmo occuparci» il tono di Haut era quello tipico dei cospiratori, sebbene in questo caso le intenzioni fossero delle migliori.
Il colonnello annuì grave dinnanzi a quella frase dell’amico. Sapeva benissimo che Haut non avrebbe abbandonato l’idea malsana di rintracciare quello che era divenuto il soggetto J. Ai vertici dell’esercito o degli uomini neri di Washington, sarebbe bastato sapere che avevano occultato delle prove, per ridurli entrambi a un brutto incidente… Quando il 6 luglio, ovvero quattro giorni prima, si erano recati sul luogo dell’incidente dietro denuncia di un certo Mr. Brazel, proprietario di un ranch nelle vicinanze, non avevano trovato solo i resti del pallone. Proprio dinnanzi all’oggetto, infatti, era stata rinvenuta una cartolina macchiata di sangue e uno zaino con all’interno i documenti di un certo Jeff Meyers, il soggetto J.
Era stato prelevato tutto e scortato nell’hangar dell’esercito, compresi quelli che Haut comprese essere corpi di piloti del velivolo. Tutto, tranne lo zaino e la cartolina. Per un puro errore di distrazione, questi due erano stati caricati nel baule dell’auto del colonnello, e lì dimenticati sino al momento in cui l’esercito e il governo avevano deciso di insabbiare tutto.
Era stato a quel punto che Haut aveva insistito per cercare almeno di scoprire cosa fosse successo a Jeff. In gran segreto e con l’aiuto di Blanchard, il tenente aveva avviato un’indagine in zona, ma del giovane proprietario dello zaino nessuna traccia. Pareva essersi dissolto nell’aria.
«Sei proprio certo di voler andare fino in fondo, amico mio?» chiese all’improvviso il colonnello con aria preoccupata.
«Sì. Io devo sapere. Che il governo insabbi pure tutto, ma io voglio la verità.»
Blanchard non rispose ma, con aria arrendevole, porse al suo sottoposto un foglietto che recava un nome e un numero: Frank Dolmer 02 666 1390, investigatore.
«Inizia da lui» disse infine il colonnello, poi, girò le spalle e se andò.

Foto: yahoo.com


Edil Merici

Redazione

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