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Costume e SocietàLetteratura

Alla volta dell’Italia

Templari - Alla ricerca del Libro dei morti XV


Edil Merici

Di Francesco Cesare Strangio

Il Barone di Altavilla, Malachia da Hildesheim, Cosimo da Firenze e Jean d’Anneau si guardarono tra loro, dai loro volti traspariva un solo e funesto pensiero: la morte di tutti i carovenieri.
I Templari raccontarono tutta la storia e la cosa preoccupò il capo della postazione, che decise di mandare un drappello di uomini a controllare che cosa fosse accaduto. Il Barone rivolse lo sguardo verso Malachia, i cui occhi tradirono l’emozione, confermando che il sogno non era frutto di uno stato angoscioso e suggestivo: i tre che gli erano apparsi in sogno conoscevano quello che sarebbe dovuto avvenire.
I Cavalieri custodivano le pergamene che rivestivano un’importanza capitale per il mondo invisibile e visibile: la partita che stavano giocando non si doveva e non si poteva perdere. Perdere avrebbe significato interrompere il perpetuo viaggio che il Faraone compiva ogni notte lungo le dodici porte del Nilo. Un’eventuale sconfitta avrebbe rappresentato la fine del Dio Ra e la vittoria finale di Apophis, quindi Caos e Tenebre Eterne sulla terra.
Verso la quarta ora della notte, i monaci, una volta preso commiato dai confratelli, si ritirarono per potersi riposare e riprendere le forze dopo il lungo viaggio che li aveva condotti alla fortezza. La notte trascorse con estrema velocità, le ore del sonno giunsero presto. Con le luci dell’alba un drappello di venti cavalieri Templari iniziò il cammino lungo il sentiero che la carovana dispersa avrebbe dovuto percorrere. Per Il Barone e i Cavalieri era ormai chiaro che fossero tutti morti a seguito di un’imboscata tesa loro dai musulmani.
Dopo un giorno e mezzo di viaggio, la spedizione esplorativa incappò in una scena pietosa, lo sguardo dei cavalieri non incrociava altro che i resti di coloro che stavano cercando. Ai loro occhi si presentò un quadro raccrapicciante; i corpi senza vita di uomini depredati giacevano riversi lungo la litoranea. Degli assalitori non vi era nessuna traccia, i loro caduti se li erano portati via lasciando i cristiani alla mercé degli animali e del tempo. Ai poveri pellegrini fu data cristiana inumazione ai margini della strada, tanto che si formò un piccolo cimitero che venne benedetto in tutta fretta. I Templari caduti nello scontro furono caricati sui carri e portati alla fortezza di Tartus. Qui vi fu grande cordoglio per quanto era accaduto. Tutto ciò mise in apprensione gli abitanti della piazzaforte: quanto era avvenuto, purtroppo, non lasciava presagire nulla di buono. Si temeva che le armate musulmane avrebbero presto potuto attaccare la stessa fortezza.
Quel pomeriggio fu celebrata la messa per tutti i Cavalieri e i pellegrini caduti. La sera, il Barone domandò al Priore quando sarebbe partita la prossima nave per Bari. Il Priore riferì che, se tutto fosse andato per il verso giusto, la mattina seguente sarebbe arrivata una nave dalla Sicilia e il giorno dopo avrebbe ripreso la navigazione in direzione di Cipro, per poi continuare per Venezia; in ogni caso avrebbe parlato al capitano della nave per fare una sosta a Bari in modo da favorirli.
Puntualmente, verso la nona ora del giorno, arrivò la nave di cui aveva parlato il Priore. I Cavalieri passarono tre giorni in totale meditazione quando, la sera del settimo giorno del loro arrivo alla fortezza, gli venne annunciato che alla quinta ora del giorno seguente la nave avrebbe ripreso il viaggio verso Cipro. Il Religiosoinformò i Templari che aveva accordato con il capitano della nave di sostare al porto di Bari. In ogni caso vi sarebbe stato un incremento di prezzo a conseguenza del cambiamento di rotta dovuta alla sosta imprevista. Il comandante della nave era un uomo navigato e astuto. In realtà era solito fare una sosta a Bari per motivi commerciali, ma nulla gli impediva di sfruttare l’occasione per trarne vantaggio. Come si suole dire “chi non sa vendere è meglio che chiuda bottega”. Accordarono il costo del viaggio per venti fiorini d’oro.
Senza alcun ritardo, alla quinta ora del tredicesimo giorno del mese di luglio dell’Anno Domini 1305 la nave salpò in direzione di Cipro. Era una tipica giornata d’estate, il mare si presentava leggermente mosso animato, da un lieve vento di Levante. Tutto appariva in perfetto ordine, così da far presagire un viaggio tranquillo. Quella notte il firmamento risaltava la bellezza dei suoi astri. La stella del Nord era fissa nella volta celeste a indicare la rotta. La luce splendente della luna si rifletteva sul mare infondendo fiducia nel vecchio nocchiere. Sulla loro sinistra scintillavano le stelle della Cintura di Orione, trasportando i pensieri dei Cavalieri alle notti trascorse ai piedi delle grandi Piramidi.
Arrivarono in perfetto orario al porto di Larnaca. L’isola era di proprietà dei Cavalieri Templari cui venne venduta, presumibilmente attorno al 1195, da Riccardo I d’Inghilterra che, a sua volta, l’aveva conquistata contro Isacco Comneno,ultimo governatore di Cipro, e la usò come base di rifornimento principale, dato che l’isola era relativamente al sicuro dai Saraceni.

Foto: vitantica.net


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