Misure di sicurezza: libertà vigilata e confisca
Breve storia giuridica del contrabbando XXIII
Di Agostino Giovinazzo
Le misure di sicurezza personali e patrimoniali in tema di contrabbando sono disciplinate dagli articoli 300 e 301 del Decreto del Presidente della Repubblica nº 43 del 23 gennaio 1973.
Con la prima norma (rubricata Delle misure di sicurezza personali non detentive. Libertà vigilata) è disposta l’obbligatoria applicazione della libertà vigilata in presenza di condanna alla reclusione superiore a un anno.
In merito un orientamento giurisprudenziale, partendo dall’assunto dell’obbligatorietà dell’applicazione di tale misura di sicurezza, è giunto a ritenere che in tali casi il giudice non è tenuto a motivare specificamente in ordine alla pericolosità sociale del condannato. Tale arresto è, tuttavia, avversato dalla parte della dottrina e da un secondo filone di pronunce che sul punto ritengono, invece, doveroso il preventivo accertamento della pericolosità del reo, a norma di quanto disposto dall’art. 31, c. 2 della Legge nº 663 del 10 ottobre 1986.
Con l’art. 301 (rubricato Delle misure di sicurezza patrimoniali. Confisca») è disposta (sempre) la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto, ovvero il prodotto o il profitto.
Per poter legittimare la confisca delle cose che servirono a commettere il reato, è necessaria l’esistenza di un rapporto causale effettivo e immediato fra la cosa e il reato, nel senso che la prima deve risultare inequivocabilmente e soggettivamente collegata al secondo da un nesso strumentale, tale da rendere possibile l’esplicazione di una attività punibile, altrimenti non attuabile, almeno nella forma prevista e voluta dall’agente.
La confisca è obbligatoria e deve essere disposta dal giudice, sia nel caso di condanna, sia nel caso di proscioglimento o assoluzione per cause diverse da quelle che incidono sulla materialità del fatto (sempre, ovviamente, che non venga escluso il rapporto tra la res e il fatto di contrabbando), come anche nel caso di estinzione del reato per prescrizione.
Sul punto occorre, tuttavia, precisare che, a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, tale misura non può essere disposta su beni che siano stati acquistati in buona fede da terzi.
Ai sensi dell’art. 334 del DPR nº 43/1973, nei casi di estinzione del reato in via amministrativa e (in generale) di non luogo a procedere a carico dell’imputato, la confisca può comunque essere disposta con provvedimento dell’amministrazione doganale. Tale particolare procedimento trova, però, attuazione per i delitti di contrabbando punibili con la sola pena della multa.
Su tale tematica appare inoltre utile fare cenno all’orientamento giurisprudenziale maturatosi in merito all’importazione temporanea di veicoli con immatricolazione extra-UE (il più delle volte rappresentati da autovetture); fattispecie che, di per sé, potrebbe apparire di scarso interesse, ma che, invece, più di altre, è oggetto di una grossa mole di provvedimenti di confisca da parte dell’Uffici delle Dogane e da cui origina una crescente massa critica di contenzioso.
In questo particolare ambito si discute spesso circa la confisca di un veicolo concesso il leasing all’utilizzatore.
Su punto può subito dirsi che la Suprema Corte è giunta a ritenere la non automaticità della confisca dell’autovettura concessa in leasing e oggetto del reato di illecita importazione temporanea commesso dal concessionario, laddove il proprietario/concedente risulti estraneo.
Più di preciso, non si ravvisa alcuna partecipazione dei titolari della società di leasing nella successiva condotta penalmente rilevante dell’utilizzatore, se dall’esame dell’accordo contrattuale tra la società e l’utilizzatore emerge l’esistenza di condizioni poste a garanzia della società concedente e l’assunzione di obblighi di corretto utilizzo.
Foto: scsinternational.it
Tratto da Contrabbando doganale e delitti in materia di accise, edito da Key editore, collana diretta da Enzo Nobile.