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Costume e SocietàLetteratura

La fine dell’Ordine

Templari - Alla ricerca del Libro dei morti XXI


Edil Merici

Di Francesco Cesare Strangio

Dopo l’arresto dei Templari, il Filippo il Bello tentò con ogni mezzo di “prendere il granchio con la mano della Chiesa”. Nell’estate del 1307 fece arrivare al Papa la notizia di essere ormai certo che i Templari sputassero sulla Croce, suggerendo la possibilità di metterli sotto processo per Apostasia della Fede. Il Papa, dimostrando la sua debolezza nei confronti del Re, decise di acconsentire alla sua richiesta, autorizzando che si procedesse solo nei confronti dei capi e lasciando da parte il resto dei Cavalieri. La cosa non andò come pensava il pontefice, perché a Filippo IV interessava la distruzione totale dell’Ordine. Vedendo che le cose prendevano una strada imprevista e poco congeniale alla Chiesa, considerato che il Re aveva messo le mani su un Ordine Religioso, il Papa convocò d’urgenza il Concistoro.
Il Re aveva oltrepassato il limite, aveva messo in discussione l’Autorità stessa della Chiesa su di un Ordine monastico. Era successo un fatto di una tale gravità da non avere precedenti nella storia stessa della Chiesa. Guglielmo Di Nogaret, lo stesso che aveva tentato l’arresto di Papa Bonifacio VIII, aveva nel frattempo convocato la folla nei giardini Reali a Parigi e rese note le accuse mosse dalla Corona di Francia nei confronti dei Templari: sputo a Cristo, bacio della bocca, dell’ombelico e del sedere del Precettore Templare (in particolare bacio alle terga del Baphometh) da parte dei neofiti, con evidente intento sodomitico; unione carnale con i confratelli, adorazione di un idolo con la barba (Baphometh). Secondo De Nogaret, tutte le accuse che venivano mosse erano più che sufficienti a dimostrare la necessità di sopprimere l’Ordine dei Templari.
Iniziò così un braccio di ferro tra la Corona e la Chiesa. Tutto nasceva dalla rivendicazione del Papa che i Cavalieri, essendo un Ordine monastico, dovevano essere consegnati alla Chiesa, quindi la detenzione da parte del Re era ingiustificata e illegittima, sia sul piano pratico che formale. Il Papa mandò due suoi emissari, il Cardinale Bérenger de Frédol e il Cardinale Frédolcon con una richiesta ufficiale, in cui si pretendeva l’immediato passaggio dei Cavalieri Templari sotto la custodia della Chiesa. Il Re non permise neppure un incontro con essi, ma organizzò una riunione con i professori della Sorbona che si fecero testimoni della dichiarazione di colpevolezza del Gran Maestro. Alcuni Cardinali, per reazione contro il Gran Maestro, minacciarono le loro dimissioni. Il Papa, per tutta risposta, rimandò i due Cardinali dal Re con la medesima richiesta. Data l’insistenza del Papa e il rischio di incrinare i rapporti tra Chiesa e Corona, Filippo acconsentì all’incontro tra i due Cardinali e il Gran Maestro dei Templari, senza acconsentire, però, all’istanza di scarcerazione.
Il 27 dicembre 1307, Jacques De Molay, innanzi ai Cardinali, affermò di essere stato torturato e, in conseguenza a quelle atrocità, aveva emesso una confessione di colpevolezza che non aveva nulla a che fare con la realtà. Da quanto dichiarato dal Gran Maestro, era evidente che la confessione gli era stata estorta. Nelle varie Corone d’Europa, a seguito della campagna del Re di Francia, nei confronti dei Templari si era scatenata la caccia ai beni dell’Ordine. Il Papa, al fine di correre ai ripari, emise una Bolla Papale con l’intento di impedire che i possedimenti dei Templari fossero alienati a favore delle diverse Corone.
Il crescente attrito sorto tra il Papa e Filippo IV portò quest’ultimo a consegnargli settanta Templari, affinché venissero giudicati come eretici. Tra i settanta Cavalieri mancavano gli alti dignitari dell’Ordine che non arrivarono mai dal Papa. La scusa ufficiale fu che gli alti dignitari versavano in precari condizioni di salute, per tale motivo erano rimasti nel carcere in cui si trovavano. Il Re, volutamente, impedì che i Dignitari venissero in contatto con il Papa, onde evitare che raccontassero come realmente stessero le cose. Durante il processo a carico dei settanta Cavalieri, emerse la verità; il Papa decise di assolverli e li sottopose alla custodia del Cardinale Pierre De La Chapelle.
Nel 1314 le cose precipitarono a tal punto che il Re di Francia prese il sopravvento sul Papa e Jacques de Molay venne condannato al rogo assieme al compagno di prigionia Geoffroi de Charney. Il rogo fu consumato a Parigi sull’isola della Senna detta dei Giudei, nei pressi di Notre-Dame, il 18 marzo dell’Anno Domini 1314.
Il Libro dei Morti è tutt’oggi custodito in un luogo e in uno Stato resi segreti…

Fine

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