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Costume e SocietàLetteratura

I Cavalieri della Discordia

Di Luisa Totino

Andronòs, insieme all’Esercito della Fratellanza, si inoltrò nel Bosco Impossibile. Sui volti di tutti si leggeva il terrore per l’inaspettato, ma la fiducia nel proprio comandante superava di gran lunga qualsiasi paura. Il sentiero all’inizio non sembrò difficile da seguire, solo i fumi e la fitta nebbia disorientavano la vista dei soldati.
Andronòs ricordava a tratti le sue raccomandazioni: «State compatti, nessuno prenda altre direzioni!»
Qualcuno, però, iniziò ad accorgersi che si stava percorrendo sempre la stessa strada.
«Comandante, da questa parte siamo già passati, ricordo la posizione di alcuni rami a terra!»
Il Tuttofare, allora, disse ad Andronòs: «Questo Bosco sa di male, l’avevo detto che non saremmo dovuti passare da qui! Moriremo tutti e non troveranno più neanche le nostre carcasse, credetemi!»
E Andronòs: «No! Riusciremo ad attraversarlo, perché Atlantidea conta solo sul nostro aiuto e di nessun altro. Non possiamo permetterci di morire qui!»
Uno dei Celesti rispose: «Spero che tu abbia ragione.»
Camminando ancora, questa volta prendendo un’altra direzione, a un certo punto qualcuno tra i soldati della retroguardia cominciò a sentire, nella propria testa delle voci: «Non hai scampo! Il tuo tempo è giunto! Non fidarti di chi ti sta accanto, ti userà come scudo per salvarsi in battaglia! Coloro che ti guidano hanno la colpa di tutto! Morirai per salvare loro!»
Non passò molto tempo, che gli effetti di quelle voci si fecero sentire. Andronòs fu attratto da un rumore di spade che proveniva dalla retroguardia e si recò a vedere cosa stesse accadendo. Trovò due soldati a guerreggiare tra loro, mentre i Dasculòs si guardavano con sguardo minaccioso.
«Cosa sta succedendo qui?! Che fate?! Dobbiamo proseguire, non abbiamo tempo di litigare tra noi!» disse Andronòs, cercando di dividere i litiganti, non senza difficoltà.
«Aiutatemi a dividerli, voi altri! Che fate fermi immobili?!» gridò Andronòs.
Uno dei soldati rispose: «Perché dovremmo aiutarvi, comandante? Ucciderci a vicenda sarà più dignitoso che essere massacrati da qualcosa o qualcuno che non conosciamo. Non abbiamo voluto noi questa guerra, siete stati voi a causarla! Il compito dell’Esercito della Fratellanza è stato sempre quello di garantire la pace e non di andare a combattere! Non siamo stati sufficientemente addestrati per questo. A voi, però, non importa se moriamo, pensate solo alla vostra gloria di comandante, alle medaglie che riceverete, alla vostra promozione. Molte delle nostre famiglie ci vedranno distesi immobili su un giaciglio, e a loro che ricompensa darete? È ora di finirla qui!»
E Andronòs: «Ma cosa vi prende? Avete ascoltato quelle maledette voci, non è così? Il dio Celeste vi aveva avvisato di non ascoltarle! Maledizione!»
I soldati, allora, sguainarono le spade e avanzarono contro Andronòs che, in men che non si dica, si ritrovò circondato. Oramai era a terra, a un passo dall’essere ucciso dai suoi soldati con i quali aveva condiviso tanti momenti allegri, da brigata.
«Lumnio! Chiriòs! Come potete fare questo?! Avete dimenticato la Festa per la Fondazione di Atlantidea? Abbiamo sfilato tra i migliori soldati. Quante volte, Lumnio, ti ho salvato da situazioni difficili? E tu, Chiriòs, ti sei dimenticato quando ho salvato i tuoi genitori da un incendio divampato a casa tua? Non vi sto parlando come vostro comandante, ma da amico, anzi, da fratello! Il male è questo che vuole, dividerci, perché così diventiamo una facile preda! Tornate in voi, per tutti i Numi del Firmamento!»
A quelle forti parole i giovani soldati ebbero un momento di sbandamento.
Poi, uno di loro, Chiriòs, disse: «Comandante Andronòs, che sta succedendo? Perché siete a terra? E perché gli altri hanno le spade contro di voi?»
E Andronòs: «Presto, amico, dobbiamo far ritornare in sé anche gli altri. Due forti schiaffoni dovrebbero bastare!»
Mentre Andronòs e Chiriòs cercavano di svegliare le truppe, sopraggiunsero i componenti del Gran Consiglio chiedendo spiegazioni. Messi al corrente dell’accaduto diedero una mano per riportare la normalità. I Florian non usarono le maniere forti, ma le loro arti di persuasione interiore, tramite sussurri insistenti, che non è dato conoscere, ebbero i loro effetti e risvegliarono i soldati.
Una volta fatto recuperare il senno a tutti, Andronòs disse: «Oggi abbiamo imparato una grande lezione, che è molto facile cadere in inganno e perdere se stessi. Solo l’aiuto reciproco ci ha dato la forza per superare questa difficile situazione. Facciamone tesoro!»
Andronòs aveva appena finito di parlare che nella fitta nebbia del Bosco si sentirono degli strani fruscii. Tutti si misero sulla difensiva, pronti a qualche attacco, ma non riuscivano a vedere niente di reale, solo ombre scure che scivolavano nella coltre di fumo.
Il Tuttofare, a un certo punto, esclamò: «Non può essere, guardate di fronte a voi!» Andronòs e gli altri si voltarono e videro le sagome fluttuanti di sei oscuri cavalieri, avvolti in lunghi mantelli, in sella a cavalli mostruosamente scheletrici, con gli occhi iniettati di sangue. Non erano reali, sembravano demoni dell’Inferno.
A quella vista Andronòs rivolse loro la parola: «Chi siete? Siete alleati del Malefico Gòrgos?»
Si sentì una tetra risata da parte di uno dei cavalieri, e una voce spettrale che disse: «Avete violato il Bosco Impossibile, nessuno può uscirne. Resterete qui per l’eternità, come altri prima di voi!»
All’improvviso, dalla nebbia, comparvero decine di spettri di soldati, uomini e donne, rimasti intrappolati in quel luogo.
Il cavaliere proseguì dicendo: «Eravamo uomini, un tempo, i signori delle Terre d’Occidente. Governavamo in pace e magnanimità sui nostri cittadini. Avevamo stretto, tra noi, il Giuramento Perpetuo, perché credevamo che l’unione potesse difenderci e farci prosperare sempre più. E così fu, per molti anni. I frutti dei nostri raccolti e i guadagni dei nostri commerci li mettemmo in un deposito comune, così che chi avesse avuto bisogno poteva attingervi, facendo opportuna richiesta, a seconda le sue difficoltà. Ma quel clima sereno era destinato a finire. Un giorno arrivò uno sconosciuto incappucciato, che si presentò a noi, e noi facemmo l’errore di ascoltarlo. Disse di essere un ricco commerciante di pietre preziose, con sé aveva una di queste, che lui definì il Gioiello dell’Eternità. Dava il potere dell’Immortalità a chi la possedesse. Purtroppo, solo uno avrebbe potuto avere il dono. Inizialmente rifiutammo l’offerta, tra noi eravamo leali, nessuno avrebbe prevaricato sull’altro. La mente umana, però, è insidiosa e meschina, quando ha la possibilità di avere il regalo più ambito in assoluto, vivere per sempre! Una notte uno di noi si recò furtivamente dallo sconosciuto, dicendogli di meritare la pietra più degli altri, che la gente lo aveva sempre amato di più, e che aveva aiutato tante famiglie povere. Lo sconosciuto rispose che gli altri dovevano essere d’accordo sul fatto che lui avesse avuto la pietra, altrimenti non se ne sarebbe fatto niente. Allora, il traditore tirò fuori una pergamena con un atto scritto dove si acconsentiva a cedere a lui la Pietra dell’Eternità, ovviamente le firme in calce erano state falsificate. Lo straniero, allora, si convinse, tenne il documento in cambio del gioiello. Il giorno seguente ci rendemmo conto della scomparsa di uno di noi, prendemmo i cavalli e andammo in cerca dello sconosciuto per avere notizie, ma alla locanda, dove pernottava, ci dissero che se ne era andato alle luci dell’alba in direzione del confine con le Terre Mediane. Lo inseguimmo e lo raggiungemmo mentre entrava in questo Bosco. Cercammo di costringerlo a parlare, ma lui si fece una grande risata e ci disse che anche se le firme del documento erano false, per raggiungere il suo scopo la firma autentica di uno solo sarebbe bastata, perché eravamo sotto il Giuramento Perpetuo, l’adesione di uno valeva quella di tutti. La Pietra dell’Eternità, in realtà, dava il potere di vivere per sempre nella dannazione, avevamo accettato di vendere la nostra anima al Signore delle Tenebre. Lo avremmo servito imprigionando chiunque fosse passato da questo luogo, succhiandogli prima via il senno e portandolo, poi, alla pazzia e alla ferocia, fino al suicidio o all’omicidio. Questo Bosco divenne la nostra tomba e la nostra perenne dimora e diventammo, così, per tutti, i Cavalieri della Discordia
Andronòs, atterrito e rattristato da quel racconto, rispose: «Sono addolorato dalla vostra storia, ma siete stati ingannati! Lo sconosciuto era sicuramente un inviato di Gòrgos. Ha preso la vostra anima per utilizzare le vostre qualità di cavalieri a suo piacimento. Questo Bosco è un’ottima scorciatoia per proseguire in diverse direzioni. Ha alimentato la paura di questo luogo per anni, così da non destare sospetti! Riscattate il vostro onore, combattete con noi contro Gòrgos e finalmente riposerete in pace, liberi da questo lugubre luogo!»
Il Tuttofare disse ad Andronòs: «È una pazzia, sono sei Dannati che si divertono a manipolare le nostre menti, come puoi fidarti di loro?»
E Andronòs: «Perché sono convinto che non hanno dimenticato la parte valorosa della loro vita, e che sono stanchi di portare questo fardello che non dà loro l’eterna pace.»
Uno dei Cavalieri disse: «Sei giovane, ma pronunci parole sagge e profonde. Se quello che ci hai detto è vero e Gòrgos è il responsabile della nostra condizione, allora ci metteremo al tuo servizio. Seguiteci, vi porteremo fuori dal Bosco!»…

Continua…


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