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Attualità

Mario Draghi e quel discorso ai confini della realtà


Edil Merici

Di Francesco Salerno

Dimenticatevi pure del discorso di William Wallace nel film Braveheart. Dimenticatevi anche di quello di Aragorn prima dell’assalto a Mordor nel Signore degli Anelli. Obliate pure Winston Churchill e Gabriele D’Annunzio a Roma in quel celebre 13 maggio del 1915, Mario Draghi li ha battuti tutti.
Alzatosi in Parlamento, il presidente del consiglio ha dato sfoggia di una dialettica, un pathos e un ardore fuori dal comune. Macché dico fuori dal comune… fuori dal mondo!
Il presidente ha iniziato ricordando a tutti le enormi conquiste economiche, sociali e d’immagine ottenute da questo Governo. Ha ribadito come sia inaccettabile dipendere energeticamente dalla Russia e che un vero Paese non possa sottostare a questo! Tutto molto bello, peccato che il presidente abbia fatto capire che il problema, almeno per lui, è dipendere dalla Russia, mentre dipendere dagli Stati Uniti o da qualche altra consorteria di stati viene pienamente accettato.
Andando oltre, Draghi ha dichiarato che non poteva in alcun modo ignorare il fatto che il Movimento 5 Stelle non abbia votato la fiducia al suo governo giacché, cito, «vorrebbe dire ignorare il Parlamento». Ora, che io ricordi, sino ad oggi, almeno, quello che Draghi ha sempre e comunque fatto è stato proprio ignorare il Parlamento. Come, ad esempio, quando è andato negli States a parlare con Joe Biden senza aver comunicato nulla, in pratica trattando come se fosse un leader maximo. Rinnovato spirito democratico? Ne dubito.
Draghi ha anche rimarcato come lui sia lì per volere del popolo italiano, nominando gli appelli dei sindaci e dei sindacati! Ora, se i sindacati troppo spesso si prostrano a ogni parola del governo, per quanto riguarda i sindaci è facile spiegare come un componente di partito possa facilmente essere richiamato affinché lanci un appello sincero e accorato per la permanenza di Draghi. Non ci vuole una laurea per arrivarci…
Sul popolo italiano ho, però, ho i miei dubbi. Non so, ora, quale popolo italiano abbia in mente Draghi, ma quello con il quale mi confronto io ogni giorno lo vorrebbe a casa il prima possibile.
Nel discorso, in seguito, Draghi ha anche citato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, due simboli che va sempre bene tirare in ballo quando si vuole strappare un applauso. Non che ve ne fosse bisogno, a dire il vero, visto che i parlamentari applaudivano in pratica ogni 5 parole che il premier pronunciava.
Per concludere, il presidente ha infine ribadito che «l’Italia è un paese libero e democratico e a chi vuole sedurci con il suo modello autoritario noi rispondiamo con i nostri valori occidentali.»
A questo punto, confesso, ho pensato stesse parlando di se stesso. E invece no. Era l’ennesimo attacco alla Russia. Dobbiamo guardarci dalle ingerenze di paesi autocratici, ha ribadito il presidente. E, di nuovo, se invece le ingerenze sono di Paesi non autocratici?
A quel punto andrebbe bene? Basta vederlo agire per avere la risposta…
In definitiva il discorso di Draghi era un “o con me o contro di me”, un modus operandi che i partiti italiani sembrano ormai aver accettato senza riserve. Le elezioni diventano sempre più un miraggio mentre il significato di democrazia lo è già diventato da un pezzo.
Ma guardiamo il lato positivo delle cose.
Qualcuno, a breve, vorrà certamente inserire questo discorso tra i grandi discorsi della storia, a noi la consolazione (o la vergogna?) di poter dire: io c’ero!

Foto: ilquotidianodellazio.it


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