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Costume e SocietàLetteratura

Il riscatto di Bùrgos

Le Cronache di Atlantidea XXXIII


Edil Merici

Di Luisa Totino

Bùrgos giaceva a terra sanguinante, con la freccia piantata nel petto, ma ancora vivo. Il drappello di soldati, che lo aveva scortato fino alle porte della città, lo riportò dentro, per cercare di salvarlo. Andronòs, vista la scena, fece cenno agli Arcieri di Kòlion di indietreggiare, pur rimanendo in posizione, per coprirlo. Voleva cercare di raggiungere il Governatore. Purtroppo, però, la situazione precipitò rovinosamente.
Lòkrot si accorse dell’Esercito della Fratellanza nella brughiera e di Andronòs, uscito allo scoperto: «Maledetti vermi di Altinium, hanno mandato a monte tutto! Annientateli! Non voglio nessun prigioniero. Lasciate il Comandante Andronòs a me, porterò la sua testa al padre Talòs, sarà contento di riavere suo figlio! Albatis, stanotte, perirà!»
Gli Orkrai andarono all’assalto della città, cercando di scavalcare la mura con altissime scale e lanciando massi infuocati con le catapulte.
Orde immonde si riversarono sui bastioni, ma Andronòs rimase lucido e disse agli Arcieri di Kòlion: «Presto, volate all’interno della città, date aiuto all’esercito di Albatis, io vi raggiungerò presto!»
Gli Arcieri eseguirono il comando, mentre Andronòs disse al resto dell’Esercito nella brughiera: «Oggi è il giorno della disfatta dei nemici! Ognuno di noi ha compiuto un cammino che lo ha portato fin qui! L’onore sarà il nostro premio, o la morte se la sorte avrà, per noi, diniego!»
Balzarono fuori, come fieri combattenti, in groppa alle loro cavalcature, come fosse l’ultimo giorno di vita del mondo, senza dar peso alla fine, perché niente poteva superare la volontà di annientare il male, palpabile e spietato, che davanti a loro li attendeva nello scontro. Il Dasculòs raggiunse Andronòs che, con un balzo, ci salì in groppa, e così poté guidare l’esercito. Con le spade sguainate avanzarono verso i nemici, fino all’attimo del contatto. Le spade affondarono nelle orribili creature, colpendole dall’alto. Di contro gli Orkrai cercavano di colpire i Dasculòs con le loro lance, che cadevano rovinosamente a terra con i soldati, che venivano finiti senza pietà. I Cavalieri della Discordia si facevano strada con il loro tocco letale, che portava alla follia e poi alla morte, molti Orkrai caddero a terra, in preda a convulsioni, trafiggendosi a vicenda. Andronòs notò che l’azione dei Cavalieri aveva creato un piccolo spazio vicino alla porta della città, e lui ne approfittò per cercare di entrare. Schivò i massi infuocati, lanciati dalle catapulte, sorvolò le mura, per raggiungere Bùrgos, che era stato trascinato nella sua residenza. Andronòs atterrò vicino alla scalinata, scese dal Dasculòs e lo nascose al lato del Palazzo, sotto la tettoia destinata alle guardie.
Salì la scalinata e colpì il portone di bronzo con la tutta la forza che aveva: «Fatemi entrare, voglio vedere il Governatore! Sono il Comandante Andronòs, aprite!»
Dopo diversi colpi il portone si aprì, dei soldati fecero entrare Andronòs e lo portarono nella stanza dove c’era Bùrgos, con la ferita fasciata, ma debole e dolorante.
Andronòs, avvicinatosi a lui gli disse: «Bùrgos, perché lo hai fatto? Perché sei sceso a patti con il nemico? Gòrgos non vuole alleati, non divide il suo potere, ti avrebbe usato e poi gettato via!»
E Bùrgos, raccogliendo le forze, rispose: «Sei un grande comandante, ma io non sono un grande governatore. Non ho voluto mai capire veramente come sono andate le cose su mia madre, ho preferito cedere a quello che mi diceva mio zio. Quando ebbi l’età per governare lui scomparve e io rimasi di nuovo solo. Non molto tempo addietro mi arrivò un’ambasciata da Mongoldùm, Gòrgos chiedeva la mia alleanza, mi promise la sua protezione e molte ricchezze, in più mi disse che avrebbe fatto giustizia per mia madre, trovando il suo assassino. Ora è tutto perduto, la guerra sulla mia città incombe, sarà distrutta ed è stata tutta colpa mia. Mio padre era un grande uomo, non esitò ad aiutare Atlantidea, quando ne aveva bisogno, ora si vergognerebbe di me e di come sono diventato. Non merito di governare questa città, ma posso combattere per difenderla, ancora una volta!»
Cercò di alzarsi dolorante e vestirsi per la battaglia, Andronòs cercò di persuaderlo: «Non in queste condizioni, Bùrgos! Andrai incontro a morte certa!»
E Bùrgos, mettendo la mano sulla sua spalla disse: «Una morte onorevole se tu sarai al mio fianco, caro Andronòs, valoroso comandante di Atlantidea!»
Andronòs, anche se a malincuore, comprese il desiderio del Governatore e lo aiutò a prepararsi. Una volta pronto uscirono entrambi dalla stanza. Bùrgos manteneva l’alterigia del guerriero, tra dolori lancinanti. Andronòs iniziò ad ammirarlo, quello che prima era astio e delusione, ora si era tramutato in valore e orgoglio. Lo avrebbe seguito nel combattimento, perché la forza del riscatto vale più di mille vittorie e di mille regni. Quel giorno sicuramente non lo avrebbe più dimenticato. Quando furono sul piazzale portarono loro due cavalli, bardati come si conviene a due comandanti, poi c’era tutto il seguito dei soldati a cavallo. L’esercito di Albatis, nella sua lunga separazione da Altinium, si era perfezionato nella battaglia a cavallo, Andronòs fu onorato di fare quell’esperienza.
Quando furono pronti Bùrgos disse: «Oggi è una giornata funesta per Albatis, ma noi cercheremo di mutarla con il vento della vittoria, perché da questo giorno inizierà un nuovo futuro per Atlantidea, con voi che siete le giovani leve, che avete forti ideali, che non vi piegate ai compromessi, e volete un mondo libero da sottomissioni e abusi. Riprendiamoci il nostro tempo! Per Albatis! Per Atlantidea!»
Tutti risposero in coro: «Per Albatis! Per Atlantidea!»
Partirono al galoppo verso la porta della città, tra i massi infuocati che piovevano dal cielo. Lo sguardo di Bùrgos sembrava trasfigurato, aveva in sé qualcosa che all’improvviso, lo rese quasi sovrumano. I soldati aprirono la porta della città e andarono alla carica degli Orkrai, lo scontro fu repentino e furente. Al passaggio dei soldati a cavallo furono tranciate centinaia di orripilanti creature. L’esercito di Albatis, insieme ai Cavalieri della Discordia e a quel che rimaneva dell’Esercito della Fratellanza, si stavano difendendo bene e stavano avendo la meglio sull’esercito guidato da Lòkrot ma, all’improvviso, quest’ultimo, in groppa al suo Luspertolòs piombò dritto verso i soldati a cavallo, afferrò con le sue fauci la testa del cavallo di Bùrgos, lo fece roteare fino a quando Bùrgos volò via per un centinaio di metri, cadendo rovinosamente. Andronòs galoppò velocemente verso di lui, per trovarlo e portarlo in salvo. Finalmente lo intravide vicino a un masso sotto un albero, al margine del campo di battaglia. Scese da cavallo e corse da lui, lo sollevò, per farlo respirare meglio.
Con un filo di voce Bùrgos disse: «Andronòs, pensi che mio padre, ora, sarà orgoglioso di me?»
E Andronòs: «Sono sicuro di sì. Ma ora non affaticarti, cerco di portarti dentro la città, lì ti cureranno!»
Bùrgos strinse il braccio di Andronòs e disse: «Non c’è più tempo, per me. Ora sei tu che devi condurre la battaglia, ma per vincere hai bisogno del Bracciale del Tempo, so che qui è arrivata Vera Kalendra e che è colei che salverà Atlantidea. Devi trovarla e portarla qui con il Bracciale, solo questo può far finire la battaglia.»
E Andronòs: «Vera, ora, è nel Metaverso con Talòs, sicuramente staranno affrontando Gòrgos in persona. Come faccio ad andare da lei, il portale è molto distante da qui!»
E Bùrgos: «No, ce n’è uno dentro Albatis. C’è un passaggio sotto la Sala del Ricevimento. Lì troverai una cripta, dentro la quale c’è il portale. È una lunga storia, ma non ho tempo di raccontartela. Un giorno capirai tutto. Ora vado, lascio questo mondo in buone mani, consapevole di aver fatto qualcosa di buono, guardare al giusto e al bello che ci circonda. Non dimenticarmi, se puoi, Andronòs.»
Così trapassò Bùrgos, Governatore di Albatis. Andronòs, pianse sul suo corpo, dopo avergli chiuso gli occhi. Poi lo sollevò e lo adagiò sul cavallo. Cavalcò, facendosi strada tra i nemici, fino alla porta della città, dove lo consegnò ai suoi soldati, che lo portarono all’interno, per dargli, a battaglia finita, tutti gli onori. La cosa importante, ora, era far continuare a combattere l’esercito di Bùrgos. Lo avrebbe fatto senza la sua guida? Andronòs si addentrò di nuovo nella mischia della battaglia, per avvisare i suoi di non desistere, mentre sarebbe andato nel Metaverso, e sollecitare l’esercito di Albatis a continuare.
Combattendo contro gli Orkrai si avvicinò alla gruppo dei soldati a cavallo e disse loro: «Il Governatore è morto! E lo ha fatto con onore! Le sue ultime parole sono state per voi, perché continuiate in questa battaglia senza indietreggiare! Il futuro di Albatis e di Atlantidea è nelle vostre mani! Non mollate fino al mio ritorno!»
I soldati, sorpresi e rattristati dalla notizia, accolsero le parole di Andronòs e continuarono la lotta.
Poi si recò dai consiglieri di Altinium e disse loro: «Bùrgos è morto. Prima di morire mi ha detto che solo Vera può dare una svolta a questa battaglia, usando il Bracciale del Tempo. Devo recarmi nella Sala del Ricevimento, sotto c’è una cripta e lì un portale per il Metaverso.»
Il Tuttofare rispose: «Vai ragazzo, ci pensiamo noi qui. Fai presto, però, non sappiamo quanto possiamo resistere!»
Andronòs galoppò verso l’entrata della città, ma Lòkrot e il suo feroce Luspertolòs gli sbarrarono la strada. La resa dei conti era giunta…

Continua…


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