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Costume e SocietàLetteratura

Il dolore del dottor Mediati

Наталина - Solo due mesi d’amore


Edil Merici

Di Bruno Siciliano

⚠️ ATTENZIONE!
Scorri in fondo all’articolo per ascoltare questo capitolo del romanzo letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

Non tardarono molto e fu come se un uragano si riversasse nella mia testa. Li vidi arrivare, agenti con la pistola in pugno e cortesi uomini in divisa o in borghese che, dopo essersi presentati, cominciarono a tempestarmi di domande cui spesso non facevo in tempo a rispondere.
«Qual è il suo appartamento? Cosa ha visto? La signora chi era? Si accomodi, mi spieghi tutto daccapo». Credevo di vivere in un film poliziesco di pessima fattura. Gli agenti entrarono nel mio appartamento dopo aver esaminato la serratura divelta e poi tornarono ancora a farmi domande che riempivano la mia mente fino a farla scoppiare. Tante domande, tutte assieme. Qualcuno entrò anche nell’appartamento di Carla, che fu perquisito come di prassi e poi ancora domande su domande e poi un ultima frase, quella che attendevo: «Domattina, con calma, si presenti in caserma. Ci dirà tutto daccapo». Una bella graduata mi chiese ancora: «Lei non è ferito, non ha subito nulla?»
Poi poggiò la sua mano sulla mia spalla.
«Vada a riposare, adesso. Ci vedremo domattina in caserma».
Finalmente, dopo qualche ora, se ne andarono portandosi via Carla e il ragazzone ucraino.
La bella graduata, con un sorriso smagliante, mi disse ancora: «Mi raccomando, domattina alle nove in punto l’attendo in caserma. Buonanotte.»
«Buonanotte una cippa» formulai tra me e me mentre nella mia mente c’era un solo pensiero: Natalina.
Mi precipitai dove avevo parcheggiato la panda e lei era là raggomitolata sul sedile posteriore, tremava ancora nella sua camicia da notte imbrattata di sangue. La presi in braccio e feci senza neanche accorgermi i quattro piani e la misi sul mio letto, la coccolai e lei, piano piano, si sciolse in un pianto lungo e inconsolabile.
«Siamo rimasti soli, adesso. Come faremo?»
«Non avere paura, ce la faremo» le dissi senza alcuna convinzione. Ma lei mi credette e si strinse forte a me.
Passammo il resto del tempo abbracciati. A tratti lei tremava senza riuscire a prendere sonno. Di comune accordo feci rientrare la piccola ucraina nell’appartamento di Carla, dove ci si poteva chiudere a chiave. Domani avrei fatto aggiustare la porta del mio appartamento e ci avrei fatto aggiungere anche un’altra serratura. Domani avrei fatto tutto. Domani, adesso c’era solo Natalina che era diventata veramente tutto per me.
La mattina dopo avvisai l’ufficio e, alle nove in punto, mi recai in caserma.
Mi accolse la bella graduata della sera prima, che mi fece accomodare nel suo ufficio.
Non fosse stato per la divisa che la ingoffava un poco, era proprio una bella ragazza, più o meno della mia età, con gli occhi buoni e, se non fosse stato per le circostanze che ci avevano fatto incontrare, a fine servizio le avrei chiesto anche un appuntamento. Ma questo in un’altra vita, in altre condizioni, in altri tempi e, soprattutto, se non avessi conosciuto Natalina e se la mia vita fosse tornata quella di un tempo.
«Come avrà visto, il magistrato non ha ritenuto di dover mettere i sigilli agli appartamenti. Tutto sembra molto chiaro. Lo scassinatore morto era un ucraino conosciuto da tutte le forze dell’ordine come un abituale topo d’appartamento e l’assassino della povera signora Carla è il suo degno compare, che in questo momento è ricercato su tutto il territorio nazionale. Quello che non capisco è perché hanno scassinato il suo appartamento piuttosto che quello della signora Carla, molto più appetibile del suo. Ma questo, forse i rapinatori non lo sapevano. Lei è un giornalista, c’era il computer, la TV e chissà cos’altro speravano di trovare nell’abitazione.»
Ascoltavo tutto quello che la bella capitana aveva da dirmi con tutta l’attenzione che riuscivo a prestare, mentre la mia mente vagava tra Natalina sola nella casa di Carla e il pensiero che, nonostante la perquisizione, non era stata trovata la sacca con il danaro. Era a casa di Carla, ne ero certo, ma ignoravo dove l’avesse potuta nascondere.
Con molta cortesia e un sorriso larghissimo, finalmente la Capitana mi congedò dopo avermi fatto firmare i verbali che io feci finta di leggere. Poi la salutai calorosamente.
Scappai letteralmente dalla caserma per raggiungere Natalina.
Parcheggiai la mia utilitaria dove l’avevo messa la sera prima e salii le scale per tornare a casa di Carla. Sulle scale tra il terzo e il quarto piano un uomo, un vecchio signore, giaceva a terra. Lo riconobbi subito e cercai di scuoterlo. Non era ferito ma sicuramente aveva perso i sensi.
«Dottore! Dottor Mediati, si sente male?»
Aprì gli occhi e mi guardò senza convinzione.
«Cosa vuole?» disse soffiandomi le parole assieme al suo alito che sapeva di vino, whisky e tutti i prodotti alcolici che il Padreterno aveva creato.
«Si tiri su, dottore. L’ha fatto di nuovo? È di nuovo ubriaco!»
«Non ho proprio fatto niente io, sono medico, sa? E faccio tutto quello che voglio. Da una vita faccio quello che voglio, da solo. Da tutta una vita. Da solo.»
Conoscevo il dottor Mediati. Un ginecologo di fama, ecco cos’era stato. La sala d’aspetto del suo studio era stata sempre affollata e i suoi modi gentili e la sua perizia professionale avevano contribuito non poco a farlo diventare il ginecologo più famoso e più invidiato della regione. Poi, una legione di diavoli invidiosi ci aveva messo la coda ed riuscito a farlo accusare per stupro ai danni di una minorenne. Lo stupro, in verità, non c’era mai stato, ma le calunnie sì e anche il processo con accuse circostanziate e condanne pesanti e inappellabili. La Corte aveva voluto dare un esempio, un monito a tutti coloro che vessavano le donne, per giunta minorenni. Eserciti di femministe e associazioni contro la violenza si erano schierate contro il dottor Mediati, cavalcando l’onda. I media s’erano impadroniti della situazione e avevano sparato a zero contro l’affermato professionista. La ragazzina, figlia di una famiglia di zingari, era stata ben pagata e indottrinata alla perfezione e aveva sopportato, da attrice navigata, il processo, gli interrogatori e le visite mediche. Era stata molto brava con la finta disperazione al momento giusto e le lacrime e le urla strazianti. Neanche la moglie, figlia unica di un antica casata, volle credere all’innocenza dell’uomo e chiese, di lì a poco, il divorzio, per non essere coinvolta nello scandalo e prendere così le giuste distanze dal marito. I clienti, uno dopo l’altro, lo avevano abbandonato e lui, tra penali e alimenti da dare all’ex moglie, si ritrovò sul lastrico. Anche gli amici, persino i più fidati, lo abbandonarono, così i colleghi più devoti e i suoi parenti.
Il giovane e rampante professionista era, così, rimasto solo. Si era installato in quell’appartamento del terzo piano di proprietà della sorella che glielo aveva ceduto senza pretendere neanche un centesimo e viveva con pochi soldi di pensione che dilapidava spesso in alcol che usava per anestetizzare tutte le sue pene e i suoi cocenti dolori.

Continua…

Foto: lagazzettadelmezzogiorno.it


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