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Costume e SocietàLetteratura

Sogno Antico

Novelle Ioniche


Edil Merici

Di Luisa Totino

«Mio padre narra che la notte prima della mia nascita fece un sogno: una bambina gattonava a terra e lui la chiamava con il mio nome. Ne rimase così scosso che, quando nacqui, decise di darmi il nome del sogno e non quello di mia nonna paterna. E poi, dottore, arrivò tutto il resto. Il fatto è che ricordo il momento della mia nascita, così come tutti i momenti della mia vita, fino a oggi. E poi c’è quel sogno continuo che non mi lascia mai, in cui mi trovo a camminare all’interno di uno splendido Palazzo con le pareti e il pavimento di basalto nero. Delle teste di toro dorate spuntano dai muri. La luce di torce e bracieri, posizionati a terra, illuminano la grande Sala che porta a un’altra stanza, da cui provengono molte voci, forse un banchetto, e una luce molto forte. Sta di fatto che, all’improvviso, mi ritrovo sulla spiaggia a guardare il mare di fronte, come se aspetti qualcuno. Ma non posso mai vederlo, perché puntualmente mi risveglio.»
Lavinia raccontava, una volta a settimana, queste cose al suo psicologo, cercando una soluzione, una risposta, a quello che la perseguitava da una vita.
«La frequenza del sogno è aumentata o diminuita?» chiese lo psicologo.
E Lavinia: «Purtroppo è decisamente aumentata. Mi capita, persino, di trovarmici dentro da sveglia.»
E lo psicologo: «Le capita in qualche posto particolare?»
E Lavinia: «Ora che mi ci fa pensare, non dappertutto. La scorsa settimana sono stata al Parco Archeologico, per una visita guidata. A un certo punto, mentre ero nei pressi del Teatro antico, è accaduto. È stato come se le persone si dissolvessero lentamente, per lasciare il posto alla scena del Palazzo, e poi del mare.»
Lo psicologo, dopo aver preso appunti su quello che aveva ascoltato, disse: «Bene! La seduta è terminata. Per il prossimo appuntamento, mi farò sentire io, voglio consultarmi con un mio collega. Lei, intanto, continui a prendere le gocce che le ho prescritto, in caso in cui il sogno la agiti.»
Lavinia si alzò dalla chaise longue, salutò il dottore che aveva, sicuramente, una gran fretta di mandarla via, e uscì dal suo studio.
Appena richiuse la porta lo psicologo prese il cellulare e chiamò qualcuno: «Ciao, sono io, se ne è appena andata. Tra quindici minuti vieni nel mio studio.»
Trascorsi i quindici minuti, qualcuno bussò alla porta dello studio.
Il dottore andò ad aprire: «Grazie di essere venuto, Guido, ci sono delle novità. Entra che ti spiego.»
L’uomo entrò e si sedette sul divano, il dottore sulla poltrona vicina.
«Allora, sentiamo queste novità. Ti ricordo che dieci giorni fa avevi detto di essere vicino a una svolta, ma si è risolta in fumo. Spero che, ora, tu abbia qualcosa di concreto tra le mani» disse l’ospite.
Il dottore rispose prontamente: «Certo, non ti avrei fatto venire d’urgenza. Sta vivendo il sogno anche a occhi aperti, è successo in prossimità del Teatro antico, capisci? È lei, Guido, l’abbiamo trovata! Dopo anni di ricerche finalmente è qui, in mezzo a noi!»
«Mario, sai che ci conosciamo da tanto tempo, abbiamo iniziato questa ricerca insieme. È da più di vent’anni che la portiamo avanti, non ammetto più scherzi!»
E il dottore: «No, stavolta non è uno scherzo, ci siamo veramente!»
E, alzatosi dalla poltrona, andò a prendere un testo dalla biblioteca e lo portò sul tavolino del salotto, per aprirlo.
«Dai calcoli che abbiamo fatto, il tempo del Risveglio è questo, vedi?»
E Guido: «Credo che sia meglio sottoporla alla prova, e poi, se la supererà, potremmo dirle tutto.»
«Hai ragione, Guido. Ora la chiamo per fissare l’appuntamento, le diremo che è una terapia sperimentale, che può curare il suo sogno ricorrente» rispose Mario.
Lavinia, intanto, era rincasata. Quella sera sarebbe uscita con la sua amica Gaia per andare, insieme, alla presentazione di un libro sull’Influenza mitologica dei primi greci nella formazione della Magna Grecia. In attesa di Gaia, decise di prendere le gocce che le aveva ordinato il dottore, anche se erano per la notte. Sentì il clacson dell’auto di Gaia, finì di bere le gocce e raggiunse l’amica. Era una bellissima serata di fine estate, le stelle sembravano brillare più del solito.
«Allora, Lavinia, raccontami come è andata la seduta dallo psicologo.»
Appena Gaia finì di dire la frase, il cellulare di Lavinia squillò. «È il dottore!» Esclamò Lavinia e rispose subito. «L’appuntamento è anticipato a domani pomeriggio? Va bene. Buona sera, dottore.»
Poi Lavinia, rivolgendosi a Gaia disse: «Dallo psicologo va alla grande, tanto che vuole vedermi d’urgenza domani pomeriggio. Sono sicura che sto peggiorando, Gaia. Non mi sento per nulla tranquilla!»
E Gaia: «Che dici, magari avrà trovato qualche soluzione e te la vuole proporre. Non essere pessimista. Intanto godiamoci questa serata.»
Arrivate all’incontro, si sedettero in prima fila, per seguire meglio. Nel vivo della serata, mentre il relatore stava toccando l’argomento sulle credenze che Greci si erano portati appresso e di come fossero riusciti a mescolarle alle esigenze locali, Lavinia entrò di nuovo nel suo sogno, solo che stavolta cambiò qualcosa. Mentre tutto intorno a lei andava sfocandosi, agguantò il braccio di Gaia, forse per cercare di rimanere legata alla realtà e, così facendo, fece partecipare anche la sua amica al sogno.
«Lavinia, sta scomparendo tutto intorno a noi, che succede?» disse Gaia, atterrita.
E Lavinia: «Sta accadendo anche a te? Com’è possibile?!»
Poi si accorse che la sua mano stava stringendo il braccio della sua amica.
«È il mio contatto! Capisci cosa significa, Gaia? Posso provare che il mio sogno è reale! Verrai con me dal dottore, domani!»
Quando tutto finì e ritornarono nel bel mezzo della conferenza, senza dare nell’occhio se ne andarono.
In auto, Lavinia chiese a Gaia: «Hai visto il Palazzo e poi il mare, vero?»
E Gaia: «Sì, è stato orribile! E tu hai fatto questo sogno, per tutta la vita?»
E Lavinia: «Prima era solo un sogno ricorrente, ma ora, mi capita anche a occhi aperti!»
E Gaia: «Tranquilla, vedrai che il dottore saprà cosa fare.»
E Lavinia. «Lo spero proprio.»
Il giorno seguente si presentarono entrambe all’appuntamento con lo psicologo, che rimase assai sorpreso della presenza di Gaia, esprimendo il suo disappunto: «Queste sono sedute private, non allargate ad amici o parenti.»
E Lavinia: «Lei ha ragione dottore, ma ho portato la mia amica Gaia perché ieri sera è successa una cosa incredibile: ho fatto di nuovo il solito sogno, ma stavolta anche la mia amica vi ha partecipato, perché le ho stretto il braccio, capisce? Il mio contatto ha fatto vivere il sogno anche a lei! Questa è la prova che non sono pazza.»
Il dottor Mario rimase sconcertato della cosa, ma andava ad aggiungere un ulteriore tassello alle sue convinzioni. D’improvviso, da uno stanzino attiguo allo studio, spuntò l’amico del dottore, che disse: «Basta, Mario! Sottoponiamola alla prova, non importa se c’è una testimone, forse doveva essere coinvolta, può essere che sia stata una delle sue ancelle!»
Mario cercò di presentare il suo amico: «Lui è il professore Guido Monicelli. È una personalità nel campo della parapsicologia ed è promotore della teoria sulla trasmigrazione dell’anima in diverse epoche storiche.»
Lavinia si rivolse subito al dottore: «Cosa? Trasmigrazione? Io non credo in queste cose, sono una cristiana cattolica! Andiamo via, Gaia!»
E fece per andarsene, ma il dottore cercò di convincerla: «Mi ascolti, qui non stiamo toccando la fede, ma la storia e il tempo. Se vuole veramente conoscere la natura del suo sogno dovrà fare quello che io e il professor Monicelli le diremo. Si fidi, per favore!»
Lavinia guardò la sua amica, che le fece un cenno di assenso, poi disse al dottore: «Va bene. Cosa devo fare?»
Mario la fece sedere di fronte a un tavolo e abbassò l’intensità della luce per farla concentrare meglio. Monicelli iniziò a poggiare degli oggetti sul tavolo in sequenza: una moneta d’oro con il profilo di una donna, una ciotola contenente zafferano, un’altra ciotola contenente incenso, un collare con cristallo di rocca, un’ape d’oro, una piccola statua di donna con i seni scoperti e le mani sulle anche. Lavinia guardò gli oggetti, che avevano iniziato a vibrare, per qualche minuto, poi chiuse gli occhi e cadde, come in un sonno profondo. I presenti cercavano di stare vicini e attenti a ciò che stava accadendo nella stanza. D’improvviso gli oggetti si fermarono e Lavinia aprì, di scatto, gli occhi, che erano diventati di un blu intenso.
Gaia, spaventata da quello sguardo, esclamò: «Lavinia, stai bene?»
Monicelli le fece cenno di stare zitta, e per una buona ragione. A Lavinia, i cui occhi erano tornati normali, uscì una voce profonda millenni: «Dove mi trovo? Che cosa è successo? Stavo salendo su una barca e poi il buio.»
Il professore, facendosi vedere disse: «E invece siete salva, ma in un altro tempo, principessa Kira.»
Lavinia guardò l’uomo, poi si alzò: «Perché sono vestita così? Dov’è mio padre, il re? E mia madre? Sono rimasti nel Palazzo?»
Rivolgendosi al professore: «Sei un servitore? Euniche, è lui che deve farmi salire su una barca, insieme alla mia famiglia e portarci in salvo! Sta per essere distrutto tutto, l’isola sprofonderà, non rimarrà più niente!»
Lavinia si sciolse in un pianto accorato. Mario e Monicelli riaccesero le luci e fecero sedere Lavinia, cercando di tranquillizzarla.
«Principessa Kira, calmati. Sei tu l’unica superstite. La tua anima ha perdurato e tu sei rinata, dopo duemila anni!»
Lavinia – Kira smise di piangere, si alzò andò verso gli oggetti sul tavolo e disse: «L’ape d’oro me la regalò mia madre, e questa è la statuina che rappresenta la sciamana Maka. Lei presiedeva a tutti i riti. La collana mi fu portata da mio padre, dopo un suo lungo viaggio.»
Poi si avvicinò a uno specchiò e si vide, si toccò il viso e il corpo: «Ho vissuto in un altro corpo. Perché solo ora ho ricordato? Perché mi sono risvegliata dal sonno? Non parlo più neanche la mia lingua natia.»
Il professore, allora, cercò di spiegare tutto: “«o so che è difficile, ma grazie ai miei studi e all’aiuto di Mario siamo riusciti a tradurre dei testi antichi sul tuo popolo e, qualche tempo fa, abbiamo scoperto l’incredibile. In un documento veniva riportata una profezia della fanciulla reale che avrebbe portato con sé, attraverso i tempi, la gloria del suo popolo, il potere dei suoi avi, per il bene dell’umanità intera. Abbiamo fatto i calcoli seguendo i suggerimenti del testo, e la data cadeva proprio adesso, in questo tempo, in questo millennio, in questo giorno!»
E Lavinia – Kira: «Ricordo bene, ora. La sera della catastrofe, i miei genitori diedero un banchetto. Io arrivai in ritardo, attraversai il salone dei tori, e andai nella sala attigua dove c’erano i commensali. Durante il banchetto la terra tremò, facendo cadere le pietanze a terra. Gli ospiti si preoccuparono e si agitarono, tutti tornarono alle loro abitazioni. La sciamana Maka disse ai miei genitori di portarmi nella stanza dei riti. Una volta lì Maka pronunciò delle formule su di me, mi danzò intorno e, quando ebbe finito, i miei genitori sembrarono tranquillizzarsi. Mi dissero di andare sulla costa, lì avrei trovato Euniche, che mi avrebbe fatto salire su una barca, e che loro mi avrebbero raggiunta. Quando arrivai sulla spiaggia vidi la barca, salì a bordo, aspettando Euniche e i miei genitori, ma all’improvviso il mare divenne un muro d’acqua che mi travolse, da lì il buio e il silenzio, fino a ora.»
Gaia, dopo aver ascoltato disse: «Lavinia, o Kira, quale potere aveva il tuo popolo?»
E Lavinia – Kira: «Il nostro Regno era famoso, i suoi abitanti erano formidabili guaritori dell’anima e della mente, riuscivano a vivere il tempo in un eterno presente, consentendo loro di ricordare tutto di se stessi e degli altri. Chiunque veniva in contatto con noi entrava in uno stato di benessere e fortuna che non lo abbandonava mai. Ma suscitammo l’invidia degli dei e loro ci punirono, distruggendoci. In questo tempo, come potrò mai essere utile? Sarò solo un fenomeno da baraccone!»
E il professore disse: «No, tutt’altro, sei la prova vivente che il cuore della gloria antica stava nel benessere di mente e spirito, e questo ha fatto di quella gente una leggenda. Attraverso te, possiamo avere ancora la possibilità di riscoprire questa forza, ormai dimenticata. È un onore averti tra noi, principessa, per tutto il tempo di questa vita. Troverai sempre in noi degli amici fidati.»
E Lavinia – Kira, rivolgendosi a Gaia: «So chi sei, da oggi dovrai sopportare due persone»
E Gaia: «Sarò felice di esserti amica!»
E LaviniaKira: “Affronto quest’epoca difficile e complessa in nome di ciò che rappresento, in nome di ciò che sono stata e che sarò, un sogno antico che sussurra valore e onore, bellezza e incanto.»
Fuori la luna era cullata dal mare e Lavinia – Kira disse: «Madre, padre, sono salva. Grazie di aver vegliato su di me.»

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