ADVST
Costume e SocietàLetteratura

Tideo e Anfiarao

Novelle Ioniche


GRF

Di Luisa Totino

Locri, città d’Italia ordinata a leggi bellissime, dove per copia di sostanze e gentilezza di sangue non istà dopo niuno…
Platone, Timeo

Nella Locride Ozolia fervevano i preparativi per la partenza. Mancavano pochi giorni all’evento che avrebbe cambiato la vita di centinaia di persone. Un viaggio verso una terra sconosciuta, forse insidiosa, forse pericolosa. Nel Tempio, dedicato a Zeus, si offrivano sacrifici per propiziare la nuova vita. Teodira e il marito Eurialo, con la loro figlia Artemisia, ci erano appena stati, in vista di ciò che li attendeva. Eurialo aveva deciso di partecipare alla spedizione di colonizzazione, perché credeva nell’ideale della grande Grecia, sempre più allargata nella sua gloria e nella sua conoscenza. Molto meno convinte erano la moglie e la figlia.
Artemisia, rivolgendosi al padre, disse: «Padre, dobbiamo proprio partire?»
E la moglie Teodira ribadì: «Cosa abbiamo da guadagnare da questo viaggio? Potremmo anche perdere la vita, non hai pensato a questo rischio? Noi stiamo bene qui, perché hai deciso di partire?»
Eurialo, contrariato, rispose: «Ne abbiamo già parlato, non voglio ritornare sull’argomento! È un’opportunità unica! Saremo i primi ad allargare gli orizzonti della nostra patria, la Grecia. Parleranno di noi per generazioni e generazioni!»
E Artemisia: «Parleranno della nostra stupidità, padre! Dobbiamo restare e migliorare le cose qui, in patria, e non fuggire verso l’ignoto!»
Eurialo, oramai indignato, disse: «Ora basta! Gli dei ci proteggeranno! E comunque, stasera, a teatro, parleremo del viaggio che dovremo affrontare. Non siamo soli in questa avventura. Tranquille, andrà tutto bene.»
Quella sera il teatro era particolarmente gremito, soprattutto da coloro che avevano deciso di partecipare alla spedizione e attendevano, dopo la rappresentazione, il discorso di Evante, colui che sarebbe stato il loro timoniere. Così fu.
Evante prese la parola davanti alla platea: «Gente dell’Ozolia, il momento è vicino. Presto passeremo il mare e approderemo a nuovi lidi, per la gloria della Grecia!»
A quelle parole tutti applaudirono calorosamente.
Evante proseguì. «So che tanti di voi sono preoccupati per ciò che potremo incontrare sulle nuove coste.»
Una certa Asteria, seduta vicino a Teodira, le disse: «E sì che non siamo tranquilli, ho sentito dire, da voci dell’agorà, che salperanno, con noi, anche schiavi, uomini che hanno conosciuto la prigionia, e persino prostitute. Insomma, gente di malaffare. Il pericolo lo stiamo portando con noi, mia cara!»
Per Teodira fu la pugnalata finale su quelli che erano i suoi timori più grandi.
Asteria continuò: «È inconcepibile che per colonizzare una nuova terra si ricorra a certe persone. Che gli dei ci proteggano!» Teodira guardò preoccupata la figlia e il marito e decise in cuor suo che doveva fare qualcosa, a tutti i costi.
Intanto, Evante continuava il suo discorso: «L’unione che ci lega, è più forte di qualsiasi difficoltà. Insieme popoleremo il nuovo mondo e la Grecia sarà grande, per l’eternità!»
Tutti applaudirono vigorosamente, mentre Teodira disse a bassa voce: «Sarà grande nel farci morire!»
Eurialo, sentendola borbottare, disse: «Hai detto qualcosa, moglie mia?»
E Teodira: «No, solo che è ora di rincasare. Domani dobbiamo finire di preparare l’occorrente per il viaggio.»
Il marito annuì e tornarono alla loro abitazione. Durante la notte, mentre Eurialo e Artemisia dormivano, Teodira, con un scialle sulla testa, uscì per recarsi presso un’altra abitazione.
Bussò all’uscio, aprì un uomo che le disse: «Teodira, che ci fai qui a quest’ora? È successo qualcosa a tua figlia o a tuo marito?»
E Teodira: «Nesso, non volevo spaventarti. Sai che siamo cugini ed è in nome della nostra parentela che ti chiedo un favore. So che all’alba partirai per Atene, porta questa missiva a tuo padre. È una questione di vita o di morte!»
E Nesso: «Ma tu stai per partire, lascerai per sempre questo posto, quali problemi potrebbero esserci?»
E Teodira: «Fammi questo favore e basta. Non chiedere altro, Nesso, ti prego.»
Nesso annuì e si congedarono.
Il giorno seguente, a casa di Eurialo, fervevano i preparativi. Teodira e la figlia erano alle prese con la sistemazione dell’abbigliamento in una grande cassa di legno, mentre in un’altra riposero il pentolame e le terrecotte dell’abitazione. Eurialo era alle prese con gli oggetti di valore e il denaro. Quando fu sera, dopo una giornata di duro lavoro, sentirono bussare all’uscio.
Eurialo, sorpreso, disse: «Chi può mai essere a quest’ora?» e andò ad aprire.
La sua meraviglia lo fece rimanere a bocca aperta. Davanti a lui due guerrieri, in splendida forma, con lo sguardo fiero e penetrante e tanto di scudo e lancia.
Dissero uno alla volta: «Io sono Tideo». «E io sono Anfiarao»
Tideo continuò: «Abita qui Teodira, nipote del maestro Tyrone?»
Eurialo, ancora sorpreso, si rivolse alla moglie: «C’è qualcuno che ti cerca.»
Teodira si avvicinò ai guerrieri e disse: «Sono io, Teodira. Vi aspettavo. Entrate, vi prego.»
Eurialo, incuriosito, disse alla moglie: «Mi vuoi dire chi sono questi signori?»
E Teodira: «Sono guerrieri! I più valorosi guerrieri del Peloponneso!»
Ed Eurialo: Per Zeus, lo vedo che sono guerrieri, ma cosa ci fanno in casa mia, Teodira?»
I due guerrieri, intanto si erano accomodati su una panca in legno, mentre Artemisia continuava a fissarli, affascinata dai loro muscoli e dalla loro altezza.
Teodira, allora, spiegò tutto: «A teatro, ieri sera, ho sentito delle brutte cose sulle persone che salperanno con noi. Allora ho pensato di rivolgermi a mio cugino Nesso e inviare una richiesta a mio zio Tyrone che, da molti anni oramai, addestra valorosi guerrieri, per l’esercito di Atene. Avevo saputo che era riuscito ad avere dei guerrieri formidabili, provenienti da Argo nel Peloponneso, e ne ho approfittato. Mio zio non mi avrebbe mai negato un favore. Questi guerrieri ci proteggeranno durante il viaggio e nei primi momenti della nostra vita nella nuova terra. Adempiuto il loro compito saranno liberi di tornare ad Atene!»
Ed Eurialo: «Ma cosa ti è saltato in mente? Hai tradito la fiducia che abbiamo riposto in Evante, e più di ogni altra cosa, hai mancato di rispetto agli dei. Non te lo perdoneranno mai!»
Anfiarao disse: «Noi siamo devoti a Zeus, permetteteci di andare al Tempio e fare un’offerta, perché la nostra presenza possa essere gradita agli dei.»
Eurialo, dopo aver meditato sulla richiesta, disse: «Va bene, mentre voi andrete al Tempio, io e Teodira andremo ad avvisare Evante delle nuove presenze. Artemisia, mia figlia, vi accompagnerà. Ci conviene portarci delle torce, è già buio per strada.»
Teodira ed Eurialo andarono all’imbarcazione, attraccata al porto, perché era risaputo che Evante dormisse a bordo per non lasciarla incustodita.
Eurialo chiamò Evante, per svegliarlo: «Evante! Evante!»
Evante, a fatica, si svegliò, vide i due coniugi e disse: «Che volete a quest’ora? Andate a riposare, domani sarà il grande giorno.»
Eurialo disse: «Evante, ci dispiace per l’ora, ma dobbiamo parlarti.»
Evante li fece salire a bordo ed Eurialo gli riferì della presenza dei due guerrieri.
Evante s’infuriò e disse: «È stata una pazzia. Se le persone li vedranno, penseranno che possa accadere qualcosa di brutto da un momento all’altro! Andate e lasciatemi solo!»
Eurialo e Teodira se ne andarono sconfortati e preoccupati per la decisione che avrebbe preso Evante. Intanto Artemisia, Tideo e Anfiarao giunsero al tempio di Zeus. Salirono la scalinata, dove c’era il grande braciere. I due guerrieri appoggiarono a terra scudo e lancia, per entrare e recarsi all’altare sacro. Artemisia rimase in disparte, per non disturbare. Tideo e Anfiarao s’inginocchiarono e Leusa, questo il nome della sacerdotessa addetta al culto, come li vide, prese un’ampollina di incenso e la gettò nella fiamma del braciere, che crepitò più del dovuto.
Leusa disse: «Zeus ha parlato! Il vostro ruolo nella spedizione sarà adeguato, ma guai a provocare la sua ira con azioni spavalde, perché saranno punite senza riguardo!»
Tideo e Anfiarao si guardarono con qualche preoccupazione. Si alzarono per andarsene, ma la sacerdotessa aggiunse: «Una simile bellezza e fierezza gli dei custodiranno, nonostante tutto.»
Uscirono dal Tempio e Anfiarao disse:«“Cosa avrà voluto dire?»
E Tideo: «Le sacerdotesse sono sempre misteriose quando parlano. È il loro modo di fare. Riprendiamo lo scudo e la lancia e andiamo a riposare, è meglio. Vedrai, Zeus ci proteggerà.»
Quella notte non fu per niente tranquilla. Teodira svegliò la figlia, per farsi dire cosa era successo al Tempio; Tideo e Anfiarao non vedevano l’ora di mettersi all’opera e dare dimostrazione della loro forza. Eurialo pensava ai futuri affari nella nuova terra. Ma non solo tra gli umani c’era agitazione, anche in alto qualcuno osservava gli avvenimenti. Zeus era pensieroso e mandò a chiamare la sua consorte Era.
«Sulla terra c’è aria di cambiamento. Sono saliti a me i fumi dei culti e delle offerte per accreditarsi il mio favore per un lungo viaggio. La cosa, però, non mi convince, mia regina.»
Ed Era: «Per quale motivo?»
E Zeus: «Per loro, Tideo e Anfiarao, i fieri difensori della spedizione. Si sono dimenticati la loro sfrontata arroganza, tempo fa!»
Ed Era: «È passato molto tempo. Dimentica.»
E Zeus: “Hanno preso un impegno, vediamo quanto grande sarà il loro valore e il loro coraggio! Agitiamo le acque, smuoviamo la paura, voglio saggiare il loro orgoglio! Poseidone, fratello, vieni a me!»
E subito, in un turbine d’acqua, comparve il dio del mare con il suo tridente.
«Dimmi; Zeus!» disse Poseidone.
E Zeus: «Voglio che lasci libera, per un po’, la tua creatura più fidata, rendiamo leggendario il viaggio dei nostri amici umani»
E Poseidone: «Sì, facciamoli divertire. Posso almeno sapere cosa ti hanno fatto?»
E Zeus: «Non voglio negarti la sorpresa, fratello!»
Intanto la nave, con timoniere Evante, salpava verso una nuova vita e una nuova storia.
Tideo e Anfiarao si avvicinarono a Evante per dare il loro sostegno: «Evante, qualsiasi cosa accada vi proteggeremo fino al vostro sbarco»
E così fecero. Aiutavano le persone più anziane, davano il cambio al timoniere, distribuivano il cibo, la sera raccontavano storie ai più piccoli, erano instancabili ed efficienti. Sembrava scorrere tutto liscio, il viaggio e le vite di ciascuno. Artemisia aveva stretto amicizia con Anfiarao. La madre Teodira li guardava preoccupata, ma a Eurialo non dispiaceva quel rapporto. Tutti erano carichi di sogni, ma l’imprevisto era in agguato. Una notte, mentre i due guerrieri erano di guardia, videro, a un certo punto, il mare gorgogliare e gonfiarsi.
Tideo disse: «Anfiarao, c’è qualcosa sotto la superficie dell’acqua e sta salendo in superficie. Teniamoci pronti a qualsiasi evenienza!»
E Anfiarao: «Sono con te!»
D’improvviso dalle acque emersero dei tentacoli enormi che avvinghiarono la nave, tentando di stritolarla. Subito, i due guerrieri, cercarono con le loro lance di ferire i tentacoli e farli ritrarre. Intanto le persone furono svegliate dal movimento dell’imbarcazione. Quando videro cosa stava succedendo, si strinsero tutti da un lato.
Teodira iniziò ad urlare: «È ciò che ha detto la sacerdotessa prima di partire! I due guerrieri non sono ben visti dagli dei, attireranno i loro odio su di noi!»
Ed Eurialo: «Smettila! Cosa stai dicendo? Sei stata tu a volerli qui!»
E Teodira: «Ma questo prima che andassero al Tempio! Artemisia mi ha detto tutto!»
La figlia, chiamata in causa, disse: «E ho fatto male a dirtelo! Dovremmo aiutarli, invece, e non stare qui a guardare!»
Intanto Evante si era unito ai guerrieri e con la spada tentava di recidere i tentacoli. Artemisia si staccò dal gruppo, prese una spranga di ferro appoggiata in un angolo e andò ad aiutare Anfiarao. Lui se ne accorse e le urlò: «Fermati, Artemisia, resta dove sei!»
Ma lei continuò, cercò di colpire un tentacolo, ma venne avvinghiata da esso. Una voce tuonante disse: «Voglio vedere cosa farai Anfiarao. Sceglierai di salvare tutti, come è giusto che sia, per un guerriero valoroso o seguirai il cuore e salverai la ragazza?»
Tideo, a quella voce, disse: «Zeus, perché continui a perseguitarci? Ancora non hai dimenticato? Lascia stare questa gente, hanno ancora tanta storia da vivere. Saranno l’estensione della gloriosa civiltà greca!»
Zeus tuonò: «Nessuno può dirmi cosa devo fare! Pensavate che la mia memoria fosse corta? Poveri illusi! Dimostrate chi siete o morirete!»
Anfiarao, disperato, disse: «Lascia andare Artemisia faremo ciò che vorrai. Non combatteremo più, se è questo che vuoi, così la tua boria sarà salva!»
E Zeus, ridendo: «Nessun risultato si ottiene senza sacrificio!»
Detto questo, l’orrendo tentacolo trascinò negli abissi Artemisia, per sempre. La madre, disperata, cercò di gettarsi in mare per seguire la figlia, ma Eurialo la trattenne con tutte le sue forze. La creatura marina, finalmente, si inabissò, ma Tideo e Anfiarao, presi dall’ira scagliarono le loro lance verso le nubi. Una di quelle ferì Zeus al braccio.
«Quale dio può mai essere colui che non perdona e si vendica?! Una volta ti abbiamo mancato di rispetto, ma per rimediare ti abbiamo sempre reso offerte e affidato le nostre battaglie. Il rispetto, però, adesso è finito!»
Così urlarono a Zeus Tideo e Anfiarao. Ed egli, presa una saetta colpì il ponte della nave, ai piedi dei due guerrieri. Questa divenne scura, e si sciolse come bronzo liquido, e lentamente iniziò a ricoprire il loro corpo.
Tideo disse: «Abbiamo servito bene la nostra patria, rimetteteci in mano la lancia e lo scudo! Se dobbiamo morire lo faremo da guerrieri, fino alla fine!»
Evante consegnò loro ciò che avevano chiesto.
Anfiarao aggiunse: «Non piangete per noi, brava gente, ma ricordateci, quando sarete nel nuovo mondo. Che esso sia giusto, accogliente, che diventi segno di civiltà, di fierezza e dignità, che le armi siano solo per difesa e mai per attacco!»
Detto questo, il bronzo li avvolse completamente. Davanti agli occhi di quelle persone erano diventati due splendide statue, il volto fiero e folti riccioli. Un forte scossone li fece cadere all’ indietro, precipitando rovinosamente in mare. Tutti si avvicinarono, per vederli scomparire negli abissi.
Eurialo confortando Teodira le disse: «Dobbiamo continuare a vivere per Artemisia, per quello che lei era.»
E Teodira, piangendo, disse: «È solo colpa mia se è successo tutto questo! Che brutta fine hanno fatto Tideo e Anfiarao!»
Ed Eurialo: «No. Un giorno, ne sono sicuro, saranno ricordati come meritano, vedrai!»
Evante disse a tutti: «Proseguiamo il viaggio!»
E, guardando il mare, esclamò: «Il futuro ci attende!»
Negli abissi Poseidone, mosso a pietà, inviò dei soldati, a dorso di ippocampi, a prelevare i due guerrieri e deporli in un luogo sicuro, in una coltre di sabbia, perché nessuno osasse rubarli o sfigurarli. Lì riposarono per migliaia di anni, fino a quando…


Gedac

Redazione

Redazione è il nome sotto il quale voi lettori avrete la possibilità di trovare quotidianamente aggiornamenti provenienti dagli Uffici Stampa delle Forze dell’Ordine, degli Enti Amministrativi locali e sovraordinati, delle associazioni operanti sul territorio e persino dei professionisti che sceglieranno le pagine del nostro quotidiano online per aiutarvi ad avere maggiore familiarità con gli aspetti più complessi della nostra realtà sociale. Un’interfaccia che vi aiuterà a rimanere costantemente aggiornati su ciò che vi circonda e vi darà gli strumenti per interpretare al meglio il nostro tempo così complesso.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button