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Attualità

La Locride delle divinità sia rimpiazzata da quella delle persone perbene!

Pensieri, parole, opere… e opinioni


GRF

La scorsa settimana ho partecipato a uno dei tanti begli eventi culturali che ancora si svolgono sul nostro territorio, durante il quale la frase di uno dei relatori mi ha dato molto su cui riflettere.
Nel caso di specie, parafrasando Don Giovanni Bosco, la persona in questione incensava l’attività che svolge sul territorio che gli avrebbe permesso, affermava, di «togliere un nutrito gruppo di ragazzi dalla strada». Al netto dell’importanza di fornire ai nostri giovani un’opportunità di crescita sociale e culturale, ho trovato l’affermazione del tutto fuori luogo in virtù del contesto in cui è stata pronunciata. La Locride del 2022, per quanto territorio povero a livello sia sociale, sia culturale, non è più, vivaddio, il crogiolo di povera gente obbligata ad arrabattarsi come meglio può e suo malgrado costretta a sottostare al potentemente di turno perché non sa come procurarsi il pane. Nè, tantomeno, i giovani tolti dalla strada dalla persona in questione provengono da contesti famigliari difficili, sui quali il fenomeno mafioso riesce a esercitare un tale fascino da richiedere il massimo impegno per tenerli occupati ed evitare che delinquano. Se a questo aggiungiamo che la sottrazione alla strada di questi giovani avviene per scopo di lucro ritengo che non si faccia che aggiungere ulteriore peso all’inadeguatezza dell’espressione utilizzata dinanzi, peraltro, a un folto pubblico proveniente da ogni parte del comprensorio.
Al di là del caso di specie (non me ne voglia lil relatore cui faccio riferimento, del quale continuo a stimare l’impegno e reo soltanto di una caduta di stile che nulla toglie al suo lavoro) mi capita sempre più spesso di assistere a casi di deificazione di sé stessi che mirano spesso a cercare di creare un sentimento di sudditanza da parte del popolino nei confronti di chi, semplicemente svolgendo il proprio incarico o, peggio ancora, per tornaconto personale, realizza qualcosa alle nostre latitudini.
Cavalcando il mito delle condizioni difficili offerte dalla Calabria, queste persone, impegnate nel sociale, nella medicina, nell’avvocatura e (dove se ne trova il maggior numero) in politica, riescono a propagandare che qualunque normale attività sia stata portata a compimento esclusivamente grazie al loro indefesso impegno, che concede oggi ai comuni mortali di fruire di qualcosa che solo loro sono stati in grado di realizzare. È così che un imprenditore che ha avuto il coraggio di restare su questo territorio si vende alla prima occasione pubblica come chi ha voluto anteporre ai propri interessi quelli della Locride per permetterle di conoscere il prodotto che sta vendendo, che il presidente della data associazione si permette di fare il gradasso durante un’evento pubblico perché senza il suo prezioso contributo e le sue conoscenze non sarebbe stato realizzato, che il politico che mai si è interessato del territorio viene a raccontarci che se non fosse stato per la sua vigilanza la data infrastruttura sarebbe più fatiscente di quanto già non sia… e potrei continuare a snocciolare esempi nella certezza che ciascuno di voi si sia ritrovato almeno una volta nella vita ad assistere a ciò di cui sto parlando.
Pur essendo pacifico che sul nostro territorio sia fondamentale impegnarsi affinché le cose possano cambiare e che, soprattutto in certi settori, gli sforzi da fare per raggiungere il risultato siano più grandi rispetto a quelli profusi da chi svolge attività paritetiche ad altre latitudini, ritengo che questo sia proprio uno di quegli atteggiamenti che impedisce al territorio di decollare una volta per tutte. Per estensione, credo anzi che sia anche a causa di questo atteggiamento se il nostro territorio per lungo tempo si è limitato a restare un bacino di voti che diffida talmente tanto di chi conosce da non riuscire a esprimere un proprio rappresentante presso le istituzioni che contano e se (ancora più grave), il cittadino medio è pervaso da un senso di sconforto che lo conduce ad assumere l’atteggiamento di impotenza che tanto abbiamo criticato nei nostri padri.
Può sembrare un pio desiderio (e probabilmente non sarebbe risolutivo) ma ritengo invece che sia proprio partendo dal riconoscimento degli sforzi di tutti, dal chiarire che, in certi ambiti, le cose sono dovute e non si stanno facendo favori, da un bagno d’umiltà o anche solo da una parola cortese (l’Assessore alla Gentilezza di Locri potrebbe insegnarcene di cose in merito!) si possano porre le fondamenta utili a costruire quella nuova Locride che da tempo immemore rincorriamo, che sarebbe finalmente popolata da meno divinità e da più persone perbene…

Foto di Marizavarzina


Gedac

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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