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Costume e Società

Scene da un Congresso: il superamento di una prova importante di maturità

Pari Opportunità e avvocatura: appunti di viaggio


Edil Merici

Di Rocco Lombardo

Si è conclusa la tre giorni leccese del XXXV Congresso Nazionale Forense, che ha visto l’Avvocatura riunirsi, finalmente in presenza, per discutere e parlare di temi relativi al presente e al futuro della nostra professione. Un Congresso, sicuramente vibrante, in cui l’Avvocatura ha ritrovato il ruolo centrale delle Associazioni decise a riappropriarsi di un ruolo centrale all’interno della massima assise di categoria.
Oltre che di temi istituzionali, gli Avvocati hanno lanciato un grido d’allarme su una Giustizia sempre più bisognosa di riforme ed endemicamente afflitta da organici sempre più incapaci di rispondere alle esigenze dei cittadini, e dello stato dei diritti umani e civili, sempre più sottoposti a un processo di continua erosione per come plasicamente rappresentato dal coordinatore dell’Organismo Congressuale Forense Sergio Paparo:

Noi avvocati siamo pronti a qualsiasi sacrificio, ma i risultati del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non saranno raggiunti perché la riforma del processo civile ancora una volta interviene sul sistema delle garanzie e sull’attività degli avvocati, ma non spende una sola parola sull’efficienza del processo: non esiste una norma in cui c’è scritto che il magistrato debba adottare i provvedimenti nei tempi prescritti dalla legge.

La peculiarità emersa in questa sessione congressuale è quella di una visione prospettica. Al di là di come la si possa e la si voglia pensare, bisogna trarre il meglio di quanto maturato nelle numerose tavole rotonde, nei deliberati congressuali, negli incontri e nei confronti svoltisi a margine dei lavori. I temi sono tanti e tutti di assoluto rilievo: dall’accesso alla professione alle aggregazioni professionali, dalla formazione continua e aggiornata alle nuove competenze, dall’intelligenza artificiale e l’armonizzazione telematica dei procedimenti alla valorizzazione da ultimo delle Pari Opportunità, che hanno formalmente (e finalmente, mi sia consentito!) occupato una posizione di rilievo all’interno dei lavori congressuali, ritagliandosi il giusto e dovuto spazio, superando ogni sorta di discriminazione non solo relativamente al genere, ma anche all’età e alla disabilità, tema quest’ultimo particolarmente caro perché oggetto di un lavoro di gruppo (Dipartimenti Pari Opportunità e Diritti Civili di Movimento Forense) che ho avuto il privilegio di presentare a mia firma in qualità di delegato, quale proposta di deliberato congressuale, confluito agli atti del Congresso stesso sotto forma di raccomandazione.
Personalmente ritengo essere stata superata una prova importante di maturità, serietà e responsabilità; l’aria di partecipazione e di coinvolgimento che si respirava tra i corridoi, i capanelli e i gruppetti disseminati ovunque, nei ristretti locali congressuali, aldilà degli inflazionati pasticciotti e dell’immarcescibile barocco abbagliante dei monumenti e delle vestigia leccesi, a furor di social e a torto assurti a metafora di un turismo forense che ha rappresentato una parte minoritaria, se non addirittura marginale, della presenza massiccia e consapevole degli oltre 600 delegati intervenuti, era quella della percezione di una reale occasione storica. Probabilmente si potrà obiettare che tutti i congressi hanno rappresentato, teoricamente, a loro volta, una svolta storica, ma la consapevolezza matura e responsabile della grave crisi che ormai attanaglia da anni la maggioranza degli Avvocati Italiani rappresenta il miglior antidoto a una prospettazione gattopardiana dell’Avvocatura, un ancient regime di salotti influenti che, per quanto ancora persista, dovrà confrontarsi necessariamente con la contemporaneità e la modernità della nostra professione.
La sessione mattutina inaugurale tenutasi nella suggestiva cornice del Teatro Politeama, ha dato inizio ai lavori congressuali con la lettura del messaggio di saluto del Presidente della Repubblica, cui sono seguiti i saluti di indirizzo delle Autorità Istituzionali, con la relazione introduttiva della Presidente del Consiglio Nazionale Forense Maria Masi, che ha invitato l’Avvocatura Italiana a credere e riappropriarsi del ruolo centrale non solo nella Giurisdizione ma anche della difesa superiore dello Stato di Diritto e della Democrazia.

Una rivoluzione culturale che, necessariamente, non può non prendere l’avvio dall’Università in un percorso di studi e di formazione fondato sulla qualità e non sui numeri. Nel formare un avvocato e un giurista si deve tenere conto anche delle sensibilità culturali e delle opportunità necessarie per andare oltre il sistema attuale, che pur amiamo, ma che non può e non deve escludere altro.


Gedac

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