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Politica

Autonome divergenze

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Il tema più caldo della settimana è certamente stato quell’autonomia differenziata, cavallo di battaglia della Lega che ha acuito timori e paure legate alla governabilità del Paese sia a destra sia a sinistra. Nonostante la piega più nazionalista impressa da Matteo Salvini, infatti, non è un mistero che il settentrione continui a occupare un posto speciale nel cuore del Carroccio che, nel tempo, ha avanzato una proposta che strizza chiaramente l’occhio al suo nord riuscendo tuttavia ad ammaliare anche governatori insospettabili. Fino a quando il governo è stato a matrice giallo/verde e, successivamente con Mario Draghi, che riteneva di avere questioni più urgenti da affrontare, l’autonomia differenziata è rimasta uno spauracchio la cui applicazione sembrava qualcosa di lontanano nel tempo, eppure, con l’entrata a regime del Governo Meloni e l’attivazione di Roberto Calderoli in qualità di Ministro per gli affari regionali e le autonomie, la questione pare essersi fatta più concreta che mai.
Ma in che cosa consiste, esattamente, quest’autonomia differenziata che fa gola al nord e terrorizza il sud?
Quello presentato questa settimana da Calderoli è un Disegno di Legge che sfrutta il comma 3 dell’articolo 116 della Costituzione, nella quale si dà la possibilità alle Regioni di occuparsi delle 23 materie di legislazione concorrente che altrimenti sarebbero di competenza dello Stato. Le materie in questione sono:

  1. istruzione;
  2. rapporti internazionali delle Regioni e con l’Unione Europea;
  3. commercio estero;
  4. tutela e sicurezza del lavoro;
  5. professioni;
  6. ricerca scientifica e tecnologica
  7. innovazione per i settori produttivi;
  8. tutela della salute;
  9. alimentazione;
  10. ordinamento sportivo;
  11. protezione civile;
  12. governo del territorio;
  13. porti e aeroporti civili;
  14. grandi reti di trasporto e di navigazione;
  15. ordinamento della comunicazione;
  16. produzione, trasporto e distribuzione dell’energia;
  17. previdenza complementare integrativa;
  18. coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
  19. valorizzazione dei beni culturali e ambientali
  20. promozione e organizzazione di attività culturali;
  21. casse di risparmio,
  22. casse rurali e aziende di credito a carattere regionale,
  23. enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

e ciascuna Regione può chiedere di autogestirsi tutte quelle nelle quali riterrebbe di ottenere risultati migliori che lasciandole a un’amministrazione centralizzata. Se Lombardia, Piemonte e Veneto non hanno dubbi in merito alla volontà di controllare in autonomia tutte le 23 materie, la scelta si fa assai più ardua per le altre 17 regioni, che dovrebbero capire quali servizi sono in grado di garantire (o di erogare) sulla base delle risorse a disposizione. C’è da dire che, nella bozza presentata dal Ministro Calderoli, per evitare che la disparità di risorse lapalissianamente presente tra le regioni, introduce i Livelli Essenziali di Prestazioni, il diritto ai servizi che ciascun cittadino ha dovunque risieda, e che lo Stato si impegna a garantire affinché le disparità tra un cittadino del nord e uno del sud non siano siderali come si teme. Il problema, tuttavia, è che, sempre nel DdL Calderoli, questi LEP devono essere varati con decreto della Presidenza del Consiglio entro dodici mesi dall’entrata in vigore della Legge e nel caso in cui ci fossero regioni che non sono in grado di garantirli, le intese verranno firmate lo stesso e il Parlamento, cui resterebbe il mero compito di ratificarle, non potrebbe più intervenire sulla norma. Se poi questa forma di federalismo dimostrasse di non funzionare a dovere, la sua cancellazione sarebbe possibile solo se il Governo e tutte le Regioni fossero d’accordo per l’abolizione, una sorta di contratto blindato che fa intravedere scenari apocalittici e che persino per i costituzionalisti più smaliziati punta a far correre la locomotiva del Nord pi che a garantire maggiore autonomia decisionale agli enti subordinati.
Condizioni ferree che, a onor del vero, hanno fatto tirare il freno a mano anche a Fratelli d’Italia, dal quale fanno sapere che l’autonomia differenziata si farà solo salvaguardando l’unità nazionale. Del resto, ha comunicato il partito della Premier, il tema è molto caro al Nord ma non può essere ad appannaggio esclusivo del Carroccio, considerato che ormai FdI è il primo partito anche al settentrione ma che, a differenza della Lega, si trova nella delicata posizione di dover mediare anche con i suoi numerosissimi sostenitori meridionali.
Un passaggio delicato che potrebbe rivelarsi il primo vero banco di prova del Governo Meloni e che potrebbe segnare in maniera irreversibile le sorti del futuro (almeno di quello prossimo) del nostro Paese. L’intento attendista di FdI lascia ben sperare, ma resta importante che i rappresentanti delle Regioni meno forti economicamente facciano sentire la propria voce rendendo chiaro che il DdL potrà essere approvato solo in seguito a una radicale revisione.

Foto: sky.it


Gedac

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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