Il FAI ci accompagna alla scoperta dell’effigie della Madonna della Grotta di Bombile
Domani la delegazione della Locride e della Piana del Fondo Ambiente Italiano organizza un evento decisamente suggestivo, certamente da non perdere. Alle ore 10:00, presso la chiesa dello Spirito Santo di Bombile di Ardore, lo storico dell’arte Pasquale Faenza illustrerà lo straordinario capolavoro di Antonello Gagini miracolosamente salvatosi dal crollo del 28 maggio 2004 che distrusse l’antico santuario della Madonna della Grotta di Bombile, all’interno del quale, fin dal 1509, era collocata la bellissima statua in marmo di Carrara della Madonna titolare.
L’incontro si qualifica per la partecipazione dei fedeli, dei pellegrini dell’intero comprensorio, del coro della parrocchia di Bombile, da sempre al fianco di questo immacolato simulacro mariano trasportato nella chiesa dello Spirito Santo nel 2007. L’evento, organizzato dalla Delegazione calabrese del FAI, mira a puntare i riflettori non solo sull’eccezionale valenza storica ed artistica della scultura, opera chiave del Rinascimento Meridionale, concordemente attribuita da tutti gli studiosi al grande maestro siciliano, ma vuole rendere il pubblico partecipe dello straordinario patrimonio immateriale, carico di devozione e pietà polare, che ruota attorno alla candida statua, commissionata nei primi anni del ‘500 dai monaci dell’Ordine Agostiniano.
Il santuario era stato ingrandito, o molto più probabilmente realizzato, nel 1508, all’indomani dell’insediamento, nella Timpa di Bonbili del frate Jacopo da Tropea, seguace del beato Franco Marino da Zumpano (1455/1519), promotore in Calabria della riforma dell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino. L’obiettivo di Francesco Marino era quello di risollevare le sorti degli agostiniani dalla decadenza morale in cui era sprofondato da tempo, istituendo delle congregazioni dipendenti direttamente dal priore generale. In Calabria queste comunità religiose, chiamate Zumpani, furono approvate già nel 1509 dal priore generale Egidio da Viterbo. Da allora la Congregazione, detta anche di Calabria, si diffuse in tutta la Regione, in modo particolare nella diocesi di Gerace. Bombile fu dunque tra le prime località calabresi a ospitare il nuovo ordine riformato, grazie anche al consenso del vescovo di allora Giacomo Cochilles, che permise a Jacopo da Tropea di scavare nel 1506 la grotta dove stanziare e dove costruire la Ecclesia di Sancta Maria della Grutta.
Un, santuario, quindi che nacque nel segno di una riforma sincera, carica di devozione, genuina, fedele agli insegnamenti di Sant’Agostino e ai suoi ideali, incentrati sull’amore verso gli altri, sull’affetto, sulla correttezza, sul fascino della bellezza, qualità che lo stesso vescovo di Ippona estendeva anche alla musica. “Qui cantat, bis orat” (Chi canta prega due volte) scriveva infatti Sant’Agostino alla fine del IV secolo nelle sue Confessioni. Ed è proprio il canto dei fedeli a restituire tutta la storia del Santuario di Bombile, le affascinati vicende degli agostiniani zumpanesi, la persuasiva magnificenza della statua di Antonello Gagini, l’immensa devozione nei confronti della Vergine.
Il santuario di Bombile è tra i pochi luoghi in Italia in cui l’arte del Rinascimento riesce ancora a mescolarsi con i misteri più profondi della natura e della fede. Nelle sue forme sincretiche, la devozione popolare di queste latitudini, avvolge e anima i simulacri artistici del passato, restituendoci qualcosa che va oltre il gusto per il bello. Travalicando il tempo, i canti, le preghiere, i rosari, gli sguardi dei fedeli e della stessa Vergine di marmo ci consentono di vivere un’esperienza particolare con il sacro, ma anche di cogliere aspetti spirituali antichi, se non addirittura arcaici, che toccano i sensi e l’animo, privilegiano i simboli e mai la ragione.