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Costume e Società

Cesare Lombroso e la grande galassia lombrosiana


GRF

Di Vincenzo Carrozza

Il mio interesse su Cesare Lombroso è puramente accademico, nel senso che non avrebbe ragion d’essere se non fosse stato per le dichiarazioni giornalistiche di Carmen Consoli, che in un’intervista molto più ampia, rilasciata a Rolling Stone, parla di come sia stata realizzata l’Unità d’Italia e si spinge a dichiarare, parlando di noi meridionali, che, cito testualmente, sono “considerati inferiori da Lombroso per la circonferenza della nostra scatola cranica.”
Dichiarazione che, nella sua obiettiva inesattezza, ha fatto scattare l’orgoglio risorgimentale che si annida in alcuni studiosi meridionali di storia Patria. Ho quindi letto reazioni del tipo: “Ma perché gli artisti non si limitano a fare il loro mestiere, invece di andare a impelagarsi in questioni di cui nulla sanno”, oppure “la signora Consoli raggiunge i suoi traguardi canori grazie al fatto di essere cittadina di uno Stato… altrimenti probabilmente avrebbe fatto la cantante di strada con relativa elemosina”. Mi sono dunque permesso di difendere il punto di vista generale della Consoli, dicendo che “capisco la Consoli. Il museo Lombroso andrebbe chiuso per svariati motivi, non ultimo quello di essere luogo in cui si esalta una teoria priva di fondamento scientifico, e per motivi cristiani”.
Apriti cielo, sono stato sommerso da epiteti tipo “spara boiate a caso”, fino a essere catalogato come filoApriliano (Pino Aprile) e considerato spazzatura.
È stato inutile dire che, al massimo, potevo essere accusato di essere filiZitariano (Nicola Zitara), di cui ho sempre apprezzato il rigore scientifico e gli studi economici storici sul regno delle Due Sicilie. Pensavo di buttare acqua sul fuoco e invece, senza rendermene conto, avevo buttato altra benzina: infatti il povero Nicola veniva definito, dai nostri storici, “cialtrone”.
Ora, per chiarezza, devo dire che mi sento italiano e non credo che certa storia possa fare salti all’indietro, cioè non credo che il regno delle Due Sicilie possa ritornare, cosa ingenua da pensare.
Sulle mie spalle porto vari pesi: quello di essere nato in Piemonte e di essermi formato nelle sue università, di aver lavorato nei suoi ospedali, di essere meridionale, figlio di meridionali, e quello di essere un medico che, per formazione, crede nei fatti, nelle evidenze scientifiche e non nelle sedute spiritiche.
È dunque con molta cautela che, per tornare a Marco Ezechia Lombroso, detto Cesaro, passo dopo passo, ho deciso in vari articoli di trattare i molteplici argomenti di cui il nostro Ezechia si è interessato nella sua carriera. Trattarli con il massimo del rigore scientifico, partendo da quello che so e da quello che imparerò leggendo le sue opere letterarie, con mente aperta, disposto sinceramente a stracciare quello che attualmente è il mio pensiero sul collega Lombroso e, nel caso, chiedendo scusa agli accesi studiosi della nostra storia patria risorgimentale.
Attualmente è questo quello che conosco e che penso di Lombroso.
In una sua lettera a Paolo Mantegazza (antropologo e compagno di corso di Lombroso a Pavia), datata 08/08/1860, Ezechia lo prega di intercedere per il suo arruolamento nel corpo di spedizione dei Garibaldini (l’intercessione del Mantegazza non andrà a buon fine).
Lombroso è medico militare e, in questa veste, viene destinato al corpo di spedizione militare in Calabria per la lotta di repressione del brigantaggio. Partecipa a diverse azioni militari, tra cui l’assedio e l’incendio dell’abitato di Cotronei.
Di quel periodo di guerra fa il resoconto nello scritto Tre mesi Calabria, pubblicato nel dicembre del 1863 nella Rivista Contemporanea, fascicolo CXXI, Torino. Descrive, Lombroso, le condizioni pessime di igiene e di vita civile che conduce il popolo calabrese, fino quasi a commuoversi, ma questa commozione non la proverà per i briganti calabresi, donne e uomini fucilati, bruciati nelle case e utilizzati per i suoi studi scientifici.
Ha l’occhio del positivista. Odia la Chiesa e i preti e crede nel progresso. Acceso antiborbone, a cui imputa, secondo la vulgata risorgimentale, il sottosviluppo del meridione.
Lombroso tiene rapporti epistolari intensi, ma non siamo stati capaci di trovare nell’epistolario pubblicato e messo a disposizione del lettore, cenni di questo periodo.
Ezechia viene definito il fondatore della moderna Antropologia criminale, mentre a nostro parere sia Enrico Ferri, sia Raffaele Garofalo, con le loro teorie sulle cause ambientali e psicologico/morali, centrano il bersaglio per la costruzione di una moderna considerazione del crimine e del criminale, mentre Lombroso, è ormai acclarato, con il suo determinismo sbaglia completamente.
Nel 1872, il cranio del calabrese Villella, con la sua fossetta occipitale mediale, diventa, secondo il Nostro, il paradigma del perfetto criminale per nascita.
Lombroso vuole quel cranio a tutti i costi. Non ci dorme la notte, e lo ottiene.
Nella triste, e inutile ricerca dello stesso difetto in altri crani di criminali della penisola, Lombroso spinge collaboratori occasionali e amici persino a estumulare scheletri di criminali per inviargli i crani. Addirittura il Golgi, poi premio nobel per le sue scoperte scientifiche, gli invia in regalo il cranio di un altro criminale calabrese.
Lombroso si occupa anche di pellagra, la malattia dei contadini poverissimi, che infesta vaste aree agricole del nord e del centro Italia. Anche nello studio sulle cause della pellagra fa un buco nell’acqua. Ritiene, infatti, sbagliando, che la pellagra sia causata dalla cattiva condizione di conservazione del mais e non dalla monodieta che costringeva i contadini a nutrirsi esclusivamente di polenta. La pellagra scomparirà solo quando miglioreranno le condizioni sociali dei contadini e potranno, finalmente, mangiare anche altro che la sola polenta e, così acquisire la vitamina B3 e PP, la mancanza delle quali sono la vera causa dell’insorgenza della malattia. Tuttavia Lombroso sottolinea la necessità di interventi pubblici statali a favore dei malati.
Napoleone Colajanni (1847-1921), medico anche lui e garibaldino, pubblica nel 1889 Sociologia Criminale in due volumi. Colajanni critica, sistematicamente, la teoria del determinismo criminale di Lombroso, ponendo l’accento sulla questione sociale e socialista. Imputa al nuovo Stato unitario il peggioramento delle condizioni sociali del Sud.
Colajanni pubblica anche Ire e Spropositi di Cesare Lombroso nel 1890, un pamphlet specifico contro le tesi deterministe del collega. Gaetano Salvemini ne prende le distanze e, a quanto pare, neanche Antonio Gramsci è stato suo estimatore.
Ma anche sul Lombroso socialista non marxista, ci sarà da studiare.
Cesare Lombroso è un sionista riluttante, ma quasi alla fine della sua vita, dopo opera di convincimento da parte della figlia Gina, appoggia, formalmente, il movimento sionista politico, tuttavia non parteciperà mai di persona a nessun congresso del movimento.
Lombroso è convinto che gli ebrei non riusciranno mai a riconquistare e colonizzare la Palestina e ritiene che appartengano più alla razza ariana che semita.
Lombroso lotta con tutte le forze per conquistare la cattedra di medicina legale dell’università di Torino e, misteriosamente, ci riesce nel 1876, nonostante non fosse ben visto dall’Istituto superiore di Sanità e nonostante la stessa università avesse affidato ad altro professore l’insegnamento ordinario.
Lombroso, abbandona nel 1850 la scuola pubblica e prosegue la sua formazione privatamente, perché l’educazione ufficiale divergeva dalle sue convinzioni e inclinazioni.
Marco Ezechia scrive di vino e psiche, della razza bianca e della razza nera, di psicologia, di epilessia, di genio e follia, delle patologie femminili, di prostituzione, di neurotteri e imenotteri, di spiritismo, delle armi atte a offendere, di antropologia culturale, di politica, di popolazioni esotiche.
Era considerato un genio, un ingenuo, un credulone, un facilone.
Figura complessa e divisiva, quella di Lombroso, apparentemente sopravvalutata sotto il profilo scientifico, politico e sociale viene però protetta, incomprensibilmente, da una galassia di estimatori in patria e all’estero, soprattutto in America latina. Noi proveremo a parlarne obiettivamente, considerandolo figlio del suo tempo.

Foto: unipv.it


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