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Costume e SocietàLetteratura

L’incontro al Ministero

La tela del ragno


GRF

Di Francesco Cesare Strangio

L’istriano aveva preso appuntamento verso la tarda mattinata. Non appena l’orologio segnò le undici, i tre partirono con un taxi per recarsi negli uffici del Ministero dell’economia. Una volta a destinazione, imboccarono la scala e salirono al primo piano del palazzo del Ministero. Un usciere era seduto comodamente dietro a una piccola scrivania all’inizio di un grande corridoio che portava nei vari uffici. Il faccendiere, rivolgendosi all’usciere, disse che erano attesi dal funzionario capo. L’usciere nel sentire quelle parole, si alzò e di mosse verso la fine del corridoio. Fece appena in tempo a entrare che subito uscì e con la mano fece cenno ai tre di venire verso di lui. Arrivati davanti alla porta, l’usciere li fece accomodare e subito dopo se ne andò verso la sua postazione.
Dietro a una grande scrivania di legno intarsiato c’era il classico burocrate che sembrava il risultato di un innesto genetico tra un nazista e un comunista. Aveva il volto austero e pareva affetto da una grave patologia di paresi facciale che gli impediva di abbozzare un sorriso. Il volto cupo del funzionario dava la sensazione di non essere nell’ufficio del Ministero, ma all’obitorio dell’ospedale. Aquilino era sempre stato un uomo gioviale, pronto alla battuta di spirito e dal facile sorriso. Quell’ambiente si presentava alquanto funesto, tanto che ricordò con piacere il sorriso dei funzionari cinesi. La cosa non lo preoccupò più di tanto, poiché i migliori affari li aveva sempre fatti con quel tipo di persone.
Il funzionario, con una voce rauca, passò subito al sodo, prese dalla tasca una chiave e aprì un cassetto della scrivania dal quale prelevò tutto l’incartamento; senza tirarla per le lunghe formulò una cifra che sorprese i due italiani: aveva chiesto 10.000.000. I due avevano preventivato il doppio e sentire quell’importo fu come se avessero detto loro “Benvenuti in Slovacchia!”
Aquilino stava per mettere mano alla borsa quando si ricordò di una regola fondamentale: non far capire al funzionario che quanto avesse chiesto fosse meno di quello che si aspettavano i due soci.
Tentò un energico: «È troppo!»
L’ibrido delle due ideologie rispose che, per meno di quella somma, non si sarebbe fatto nulla.
Simulando una certa contrarietà, onde evitare in futuro di avere richieste più onerose, Aquilino tirò fuori dalla borsa due mazzetti di denaro, la cui somma era pari all’importo chiesto dal funzionario. In pochi minuti furono firmati tutti i documenti necessari per prendere possesso dello stabile; poi si congedarono con un «Ciao!»
Usciti dal Ministero, si avviarono verso l’area industriale. La splendida giornata di sole esaltava la bellezza degli edifici che delimitavano i larghi viali.
Arrivati davanti alla struttura a loro assegnata, l’intermediario tirò dalla borsa un mazzo di chiavi, tra cui c’era quella per aprire il grande cancello di ferro che separava il piazzale di manovra degli automezzi dallo stradone. Aquilino se la rideva sotto i baffetti per com’era andata la storia della tangente corrisposta al funzionario. Ottenuta la concessione dell’uso del capannone, pensava di avviare l’attività verso i primi di settembre, in coincidenza con l’inizio dell’anno scolastico. Dopo aver periziato l’intera area, incaricarono l’amico istriano di trovare una ditta in grado di fare i lavori di adeguamento. Aquilino mise mano alla borsa di pelle che aveva con sé e tirò fuori una mazzetta di soldi che gli servivano per il saldo del faccendiere. Gli dovevano 2.000.000 per pareggiare i conti ma lui gliene diede tre. Il gesto fu visibilmente ben accettato da parte dell’istriano. Quel milione che sembrava essere stato dato in più, nella sostanza, l’aveva risparmiato dalla tangente che avevano dato al funzionario capo.
Avendo la certezza di aver lasciato l’istriano contento, Aquilino, rivolgendosi a Serafino, disse: «Nella vita è più conveniente avere un amico in piazza che cento ducati in tasca. Vedrai, da oggi in poi, con quanta devozione ci servirà.»
Nei giochi sottili di quello strano universo della Slovacchia, avere un amico in piazza era come se avessero sei occhi in luogo di quattro.
Serafino guardò l’amico con occhio indagatore, poi disse: «La buon’anima di mio padre diceva sempre che il destino non va né forzato, né osteggiato; è come il vento che gli uccelli governano con le loro ali, avvalendosi della sua infinita forza.»
Aquilino si trovò perfettamente d’accordo, conosceva bene l’animo nobile che risiedeva nel cuore del socio e in virtù di una tale consapevolezza si sentì autorizzato a procedere con la mancia di 1.000.000 di ₤.
Nel volgere di quattro ore, il faccendiere si presentò con un uomo di statura robusta e rosso in faccia: era il titolare di un’impresa edile incaricato a preparare un preventivo per i lavori di modifica necessari all’adeguamento del capannone.
Dopo avere finito il dovuto sopralluogo, furono consegnati all’impresario gli elaborati grafici con tutti i particolari e le misure necessarie per capire le quantità delle opere che si andavano a realizzare. L’impresario, dopo averne presa visione, s’impegnò di portare il preventivo nella tarda mattinata del giorno dopo.

Continua…

Foto: buongiornoslovacchia.sk


Gedac

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