FILCAMS: “Qualcuno sta cercando di riportare il mondo del lavoro al ‘900”

Di Giuseppe Valentino – Segretario Regionale della FILCAMS
Se vuoi lavorare in un negozio di giocattoli in Calabria non devi solo avere qualche competenza e capacità di rapportarti al pubblico. Per alcuni datori di lavoro in quegli ambienti evidentemente si consumano segreti indicibili e sperimentazioni futuristiche.
Non si spiegherebbe altrimenti come mai un’azienda avverta il bisogno di sottoporre contratti limitativi delle libertà individuali e sociali alle proprie lavoratrici e lavoratori dipendenti. È quello che come sezione regionale della Federazione italiana lavoratori commercio, albergo, mensa e servizi abbiamo scoperto avvenire in un grande negozio di giocattoli in provincia di Catanzaro: una ditta di Milano che sottopone i dipendenti a regole che violano palesemente le libertà politiche e individuali stabiliti dalla Costituzione della Repubblica Italiana, nonché dallo Statuto dei lavoratori e dai contratti nazionali.
Vietato volantinare, vietato discorrere di politica o parlare in famiglia di ciò che avviene in azienda, cosa ancora più grave, le donne devono prontamente comunicare entro e non oltre il settimo mese (termine previsto dalla legge per la comunicazione all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) lo stato di gravidanza. Insomma, una condizione di dipendenza non solo al lavoro, ma nella vita, questo è quello che vorrebbero certi datori di lavoro.
La barbarie giuridica rispetto alle norme che regolano il lavoro in questo nostro Paese ha raggiunto livelli indicibili, aggravate dalla mancanza di controlli e di organismi ispettivi e da un certo lassismo delle Istituzioni e da un’imperante cultura avversa al lavoro e sprezzante nei confronti di chi per vivere ha bisogno di lavorare.
Lo sfogo diventato virale sui social dell’ingegnere che avrebbe avuto 750 € di compenso per il suo lavoro è solo la punta di un iceberg della situazione con la quale giovani lavoratori e lavoratrici devono misurarsi.
L’dea che il lavoratore e la lavoratrice sia a disposizione del datore di lavoro non solo per effettuare una specifica prestazione prevista e scritta in un contratto tra le parti, ma a prescindere dalla stessa è il sentire comune. Assieme al contratto di lavoro, il datore di lavoro pensa di avere in fitto (o addirittura in possesso) il corpo, la mente e il cuore di chi è dipendente dall’impresa.
Siamo impegnati come sindacato nei settori più precari e a rischio di povertà per rivendicare un cambio radicale di cultura nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori, per restituire valore e dignità al lavoro, per contrastare azioni unilaterali da parte di alcune aziende che in nome del profitto, passano senza alcuna remora su qualsiasi regola e norma di civiltà.
La FILCAMS regionale non accetta e respinge questo tipo di cultura patronale che non deve trovare spazio nel mondo del lavoro. Invitiamo le lavoratrici e i lavoratori a organizzarsi liberamente per contrastare questi fenomeni, di denunciarli affinché altri non debbano subire un ritorno al secolo scorso in termini di diritti e di dignità sui luoghi di lavoro.