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Costume e Società

Le trattative degli sfollati di Africo con la Prefettura

Africo, un’altra storia


Edil Merici

Di Andrea Morabito

Ottenuta ampia collaborazione, le autorità nominarono alcuni individui responsabili dell’ordine, che sarebbero stati considerati responsabili di eventuali perturbamenti. La Commissione di alluvionati era così composta:

  1. Domenico Bruzzaniti fu Natale;
  2. Rosario Bruzzaniti fu Giovanni;
  3. Giuseppe Gligora fu Salvatore;
  4. Bruno Meliadò di Giovanni;
  5. Giovanni Modafferi di Fortunato;
  6. Domenico Morabito fu Rocco;
  7. Antonino Priolo di Stefano;
  8. Antonio Sicari di Rosario;
  9. Domenico Siclari di Rosario;
  10. 10.Don Francesco Pisani – Parroco di Casalnuovo.

Il Viceprefetto, ascoltate le lagnanze della commissione, dava le prime sommarie informazioni in relazione alle richieste fatte. Informò la commissione che i provvedimenti di sospensione dell’assistenza presi dal Prefetto non erano definitivi e che, quindi, chi si sentiva ingiustamente leso poteva presentare motivato ricorso; la riedificazione di Casalnuovo presso Bianco non era decisione che poteva prendere il Prefetto, ma solo gli Organi Centrali, la Prefettura avrebbe fatto tutto ciò che poteva per aiutare i casalnovesi, ma non poteva decidere nel merito. Consigliò infine per il futuro di presentare le lagnanze al Sindaco che, vagliata la sostanza delle stesse, le avrebbe sottoposte al Viceprefetto.
A eventuali turbamenti dell’ordine pubblico, il Viceprefetto, promise che si sarebbe risposto con la forza, non potendosi tollerare situazioni di illegalità.
La commissione ringraziò per quanto era stato fatto e si sarebbe fatto in futuro per Africo, a nome del quale promisero che si sarebbero uniformati ai dettami del Vice Prefetto. Chiriaco, il medico del Centro, il Brigadiere della caserma dei Carabinieri e il funzionario della Prefettura Giovanni Romeo, che era in missione a Bova (doveva presiedere la riunione del Comitato Comunale assistenza alluvionati di Bova Marina) nonché il Sindaco, fecero opera di persuasione e riuscirono a evitare conseguenze ulteriori. Comunque la caserma dei carabinieri fu fortemente rafforzata.
La protesta rientrò nei limiti di una contestazione pacifica e, seppur con accenti fortemente polemici, non prese quasi mai una deriva violenta. Vi furono singoli casi di violenza fisica, ma rimasero casi isolati se non unici. Ma la protesta continuò. Tra il 27 settembre e almeno fino al 5 ottobre, le proteste furono continue in tutti i centri raccolta profughi da parte dei casalnovesi, che si mantennero in agitazione per ottenere quello che ritenevano un diritto; l’annullamento del provvedimento di sospensione dell’assistenza e la ricostruzione del loro paese in agro di Bianco come per gli africesi, sostanzialmente per affrettare questa decisione. Lo stesso giorno vi furono proteste per l’identico motivo al Centro di Trabboccheto di Reggio Calabria, da parte di casalnovesi.
Le proteste si mantennero nel limite della legalità. Anche in questo caso vi furono atti di violenza solo isolati.
Tutti coloro che avevano ricevuto la comunicazione della sospensione vittuaria si premurarono a fare ricorso contro la decisione della Prefettura. Molti la inoltrarono con la Tenenza dei Carabinieri. A sostegno del loro ricorso, molti riuscirono a ottenere dai competenti uffici distrettuali delle Imposte certificati di nullatenenza, per il semplice fatto che i beni immobili di loro proprietà, segnalati nelle richieste di informazioni al Comune, risultavano inutilizzabili o perduti per effetto delle frane.
A ottobre una delegazione di alluvionati concentrati tra Bova Marina e Bova Superiore manifestarono ai carabinieri la volontà di mandare una loro delegazione dal Prefetto per portare la protesta di tutti coloro che erano stati privati dell’assistenza vittuaria e invocando un interessamento per un sollecito esame dei ricorsi presentati. Il brigadiere dovette fare opera di persuasione per evitare che si recassero a Reggio.
Il pomeriggio del 25 novembre una trentina di Capi famiglia si recò alla Tenenza e, una volta lì, fecero presente di essere ancora in attesa delle domande presentate per ottenere il ripristino dell’assistenza sospesa. Tutto si svolse senza nessun incidente. I casalnovesi vennero rassicurati che il loro ricorso era stato inoltrato al Prefetto. Trascorsi alcuni giorni, non vendo avuto risposta, si recarono in caserma nuovamente a protestare e, questa volta, minacciarono di recarsi in Prefettura per protestare contro quel provvedimento. Nonostante tutto non vi furono incidenti e l’ordine pubblico venne mantenuto.
Solo il 7 dicembre si ebbe comunicazione delle decisioni del Prefetto in merito alle istanze di   annullamento della sospensione dell’assistenza. A molti fu confermata, il che voleva dire perdita definitiva del diritto ad essere assistito dalla Prefettura, ad alcuni venne ripristinata, ma parzialmente, infatti la continuazione del diritto fu concessa solo per i figli minori e a volte anche per la moglie del Capo famiglia, mentre ad altri si ripristinò per l’intero gruppo famigliare. Poiché si prevedeva che le famiglie escluse dal beneficio si sarebbero organizzate per attuare forme di protesta collettiva, il Prefetto suggeriva ai Capi Centro dei vari ricoveri della provincia in cui erano assistiti gli interessati, di adottare tutte le misure per tutelare la legalità.

Foto: interno.gov.it


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