FENEALUIL: il nuovo codice degli appalti, le morti sul lavoro e il dissesto idrogeologico
Proseguono le attività della sezione regionale della Federazione Nazionale lavoratori Edili Affini e del Legno che, guidata da Maria Elena Senese, ha parlato di nuovo codice degli appalti, morti sul lavoro e dissesto idrogeologico.
“Il nuovo Codice degli appalti non ci convince”
È diventato operativo il nuovo codice degli appalti, noto come codice Salvini, che modifica sostanzialmente le modalità degli affidamenti dei lavori e delle forniture da parte delle amministrazioni pubbliche. Con il nuovo codice il Governo ha scaricato sulle amministrazioni responsabilità nuove per gli affidamenti senza appalti, quelle stesse amministrazioni che per carenza d’organico o per personale poco qualificato non sono capaci di mettere a terra i progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
La procedura delle gare d’appalto è una procedura che ha sempre avuto come scopo quello di garantire pubblicità, massima concorrenza, necessaria trasparenza e imparzialità dell’amministrazione pubblica.
E, dunque, a questo come risponde il nostro Ministro? Meno appalti pubblici e più affidamenti diretti senza gara
L’Autorità Nazionale Anticorruzione si è espressa così nel merito: “Soglie troppo elevate per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici.»
Per questi motivi riteniamo che le nuove modalità di affidamento senza gara creeranno non solo preoccupazione negli amministratori pubblici, perché la scelta per un affidamento diretto rischia di essere ritenuta arbitraria o di parte, così come l’individuazione dei 5 o 10 operatori per fare una procedura negoziata. Proviamo a immaginare che cosa potrebbe succedere in quei Consigli comunali dove l’affidatario di un lavoro viene ritenuto, amichevolmente o politicamente vicino al Sindaco, o all’assessore ai lavori pubblici.
Quale sarebbe il seguito? Interrogazioni, accuse e molto probabilmente esposti alla magistratura.
Occorre specificare che i tempi lunghi per la realizzazione delle opere pubbliche non sono certo determinati dalle procedure delle gare d’appalto, necessarie per favorire la concorrenza, ma da altri fattori. Nel 2019 la Banca d’Italia, constatò che la fase di gara di appalto pesa solo per il 12% sull’intero processo e che i tempi lunghi sono dovuti invece alla progettazione, alle lungaggini burocratiche, alle incertezze nei percorsi autorizzativi.
A questi problemi il Governo non ha dato concrete soluzioni, ha invece preferito ridurre drasticamente le gare d’appalto e basta.
La semplificazione non è in sé un valore o un disvalore, ma bisogna capire dove la si vuole applicare. Il problema è a monte, in tutte le fasi che precedono l’aggiudicazione dell’appalto. C’è, poi, il problema delle stazioni appaltanti. In Italia ce ne sono più di 30.ooo.
Da tempo si invoca da più parti la necessità di ridurle e qualificarle ma si stenta a procedere in questo senso. Si è, invece, portata avanti negli anni una politica eccessiva di tagli al personale che ha finito per svuotare la Pubblica Amministrazione di personale tecnico e qualificato, e questo rende difficile gestire le pratiche e avviare le gare.
Non è stato varato un piano per la qualificazione delle stazioni appaltanti, non sono state censite le professionalità esistenti nel nostro Paese in materia di contratti nelle amministrazioni pubbliche per supportare le diverse stazioni appaltanti, non è stato previsto un piano di assunzione di personale per rafforzare le competenze nella PA che negli anni si sono ridotte, colpa anche il mancato ricambio.
Un Codice degli appalti, dunque, che riduce gli obblighi di applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro dell’edilizia mentre introduce la liberalizzazione dei subappalti a cascata, con un peggioramento della sicurezza per i lavoratori negli appalti pubblici, meno qualità e meno sostenibilità.
Noi abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere il ripristino del divieto dei subappalti a cascata e la valorizzazione delle imprese più strutturate, la loro qualificazione, la loro crescita dimensionale. Vogliamo diventare un Paese migliore, più efficiente, sicuro e ambientalmente sostenibile. Ma per fare questo dobbiamo difendere e valorizzare il lavoro di qualità, sicuro e legale, indispensabile per azzerare le morti sul lavoro e in particolare nei cantieri.
Incidenti sul lavoro: “La politica fermi questa emorragia”
In merito agli incidenti sul lavoro, nel chiedere che forze dell’ordine e magistratura accertino ogni eventuale responsabilità, non possiamo esimerci dal segnalare la necessità del massimo rispetto delle norme di sicurezza che informano il corretto svolgimento dell’attività professionale.
Continuiamo a ripeterlo, e vorremmo non doverlo fare più, per fermare questa emorragia è necessario il massimo impegno della politica, delle parti sociali ed imprenditoriali. La politica, però, è poco attenta alle questioni del lavoro e della sicurezza: ci sono 1.200 morti ogni anno, in Calabria in questi ultimi mesi il numero si è amplificato drammaticamente, e noi chiediamo che ci si ponga l’obiettivo di zero morti sul lavoro. Obiettivo che, in splendida solitudine, abbiamo lanciato con la nostra campagna avviata in piena emergenza da pandemia Covid-19.
Questo è il nostro impegno: continuiamo a rivendicare misure utili per cancellare questa tragedia.
Tutto ciò nella convinzione che il tema della sicurezza sul lavoro deve innanzitutto diventare culturale. È necessario aumentare le ispezioni, intervenire sulla sicurezza (anche parlandone nelle scuole) e sulla precarietà.
Va fatta, come sostenuto dal Segretario generale della Unione Italiana del Lavoro Pierpaolo Bombardieri, un’operazione verità: quando si violano in modo doloso le norme sulla sicurezza, non possiamo parlare di incidente sul lavoro, ma dobbiamo avere il coraggio di chiamarlo omicidio.
Siamo convinti che si debba creare una Procura speciale, chiamata a occuparsi di sicurezza sul lavoro. Proponiamo, infine, anche l’istituzione del reato di omicidio sul lavoro e una revisione della riforma Cartabia, che accelera la strada per la prescrizione nei processi per incidenti sul lavoro e l’applicazione di una attenzione particolare alla precarietà e all’alternanza scuola/lavoro.
“Non si sottovaluti più il problema del dissesto idrogeologico”
Il dissesto idrogeologico in Calabria è un fenomeno che non può essere sottovalutato. Per questo, dopo aver assistito con amarezza al disastro causato dagli incendi che sono scoppiati, su tutto il territorio calabrese, chiediamo alla Regione Calabria di approntare, per tempo e comunque prima dell’arrivo della prossima stagione invernale, un piano regionale, attraverso l’utilizzo di fondi propri, per il controllo, il ridimensionamento e il futuro azzeramento del fenomeno del dissesto idrogeologico.
Occorre sin da subito l’apertura di un tavolo con le parti sociali che sia finalizzato ad avviare un confronto rapido e costruttivo in grado di disegnare azioni utili destinate alla cura, alla manutenzione e alla salvaguardia del nostro territorio.
Siamo convinti, infatti, che non si possa più perdere tempo, che non si possa più delegare, che non si possano ancora aspettare i tempi di una politica romana che sembra sempre più distratta davanti alle reali necessità del territorio.
In quest’ottica, ci preoccupa la decisione del Governo di procedere, proprio nel giorno in cui il Capo dello Stato metteva in guardia la politica e lanciava l’allarme sui ritardi nella lotta contro i disastri climatici, al taglio degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per contrastare il dissesto idrogeologico.
Non ci può essere leggerezza nell’affrontare questi problemi, il cambiamento climatico che ha tropicalizzato il meteo della nostra nazione, e gli accadimenti recenti ne sono il sintomo preciso e violento che, insieme all’incuria, all’arroganza criminale degli uomini rischiano di mettere seriamente a repentaglio il nostro patrimonio territoriale.
Azzerare o anche solo rimandare il finanziamento di questi interventi è un errore strategico madornale. Per questo, invitiamo chi amministra la cosa pubblica in Calabria a muoversi per tempo rispetto alla politica romana, per trovare la copertura finanziaria necessaria alla progettazione di un piano di manutenzione del territorio moderno ed efficace che metta al riparo da incuria e malintenzionati le bellezze paesaggistiche e naturali della nostra regione.