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Costume e SocietàLetteratura

«È arrivata?»

Sempre e solo colpa delle “tubolature”?


Edil Merici

Di Luisa Ranieri

Negli anni ’70/’80 (ma succede spesso anche oggi) per la via del Calvario a Locri , fin dalle prime luci dell’alba e poi per tutta la notte, si alzava in un crescendo ritmico una voce formata da mille voci e che aveva nelle sue corde un solo argomento: l’acqua che mancava.
«È arrivata?»
«No, non ancora, forse più tardi…»
E più tardi, verso le dieci del mattino:
«È arrivata?»
«Sì, un filino, ma così scarso che per lavare un bicchiere ci si impiega mezz’ora…»
«Da noi neppure quello… Sarà per via delle tubolature che da noi sono più vecchie delle vostre.»
«Sì, ma le nostre, quando le abbiamo rifatte, le abbiamo fatte passare su per la soffitta per non buttare all’aria tutto l’appartamento, del tutto ignari del disastro a cui saremmo andati incontro…»
E, intanto, pietosa, arriva la voce di un’altra vicina di casa che sta innaffiando il suo giardino con un grosso tubo di abbondantissima acqua.
«È di pozzo, del nostro pozzo, signora, non avetevela a male… Intanto, se vi sporgete a prenderlo, ve lo mando su.»
Ed ecco, sul mezzogiorno, il tubo che dal basso viene perigliosamente spinto in alto a portare il liquido salvifico che, però, si rovescia tutto sul pavimento per un gesto inconsulto e non previsto delle attrici del dramma.
Si cucina con l’acqua raccolta la notte precedente nelle bottiglie e si guardano in cagnesco i propri pargoli a pranzo che, del tutto incoscienti della tragedia idrica dell’intero quartiere, mangiano l’anguria con le mani e dalla buccia succosa ricavano un’armonica con cui fare il concerto in casa.
Finito il pranzo, via di nuovo con l’attesa di riascoltare la melodiosa voce che scorra fresca e gorgogliante nelle tubazioni.
«È arrivata?»
«Ma che arrivata! Si sono scordati di noi… È così dall’inizio di Giugno ed ora siamo nella seconda metà di Agosto… Belle ferie… rilassanti…»
E così, nell’attesa, passa il pomeriggio, quando i più ardimentosi prendono la macchina alla volta della montana Antonimina nelle cui fontane pubbliche l’acqua scorre copiosa, i più derelitti che non hanno la macchina se ne stanno silenziosi ad aspettare di sentire arrivare quella voce preziosa, e i disperati con prole piccola a carico si avventurano nelle ore più calde sulle rive mare dove almeno l’acqua, anche se salata, c’è e si può stare freschi e puliti fino al calare della notte.
Si fa cena con i piatti e i bicchieri del pranzo ancora nell’acquaio, si mettono a letto i bimbi e si ricomincia, sospesi, ad aspettare.
E nelle tenebre ecco che di nuovo si sente serpeggiare la fatidica domanda «È arrivata?» che si ripete di casa in casa, finché, verso le undici o la mezzanotte o anche più tardi (a seconda dell’altezza della via su cui sorge la casa di abitazione) arriva benedetto quel rumore, benedetta quella voce…
«È arrivata… è arrivata…» e il coro greco della via del Calvario si muta da tragico in lieto e tutti/e si mettono di lena a lavorare per pulire i piatti, la casa, i panni, a faticare, insomma, invece che andarsene a riposare a letto perché domani (è certo) sarà un giorno uguale all’oggi, da vivere tutto nell’attesa angosciosa del miracolo della sua venuta.

Tratto da In forma di parole, FPE 2009


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