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Costume e SocietàLetteratura

L’improcedibilità dell’azione penale nel giudizio di impugnazione


Edil Merici

Di Enrico Barillaro

L’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, di recente introduzione, è disciplinata dal nuovo articolo 344 bis del Codice di Procedura Penale. Un istituto, evidentemente frutto di compromesso tra le forze politiche, che nasce al fine di garantire il principio costituzionale della ragionevole durata del processo penale, segnatamente, ridurre i tempi di celebrazione dei giudizi di impugnazione (appello e Cassazione) e raggiungere uno degli obiettivi posti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In realtà, sia concettualmente che praticamente, tale istituto è strettamente collegato a quello della prescrizione del reato, così come innovato dalla legge 3/2019, che prevede un blocco del suo decorso dopo la sentenza di primo grado (o del decreto penale di condanna), per cui la prescrizione può maturare solo ed esclusivamente nel primo grado di giudizio, rimanendo definitivamente sospesa nei gradi successivi. Infatti, l’improcedibilità nel giudizio di impugnazione, che viene, appunto, definita prescrizione processuale, è pensata proprio per porre un rimedio, una sorta di compensazione, e mira a evitare le lungaggini dei giudizi di impugnazione che, non avendo più quel pungolo rappresentato dalla scure della prescrizione, vedrebbero naturalmente dilatati a dismisura i tempi di definizione. Dunque, l’improcedibilità dell’azione penale ex art. 344 bis del CPP nei giudizi di impugnazione prevede un meccanismo estintivo correlato al superamento dei tempi di definizione del giudizio di gravame. I limiti predeterminati di durata sono: per il grado di Appello due anni e per la Cassazione il termine di un anno. Il superamento di tali termini senza che sia intervenuta la sentenza comporta la declaratoria di estinzione del giudizio per improcedibilità dell’azione. Come si può notare, in linea con i principi di ragionevole durata del processo penale, i segmenti temporali coincidono con i limiti di tempo previsti dalla cosiddetta legge Pinto (nº 89/2001) per l’equa riparazione da irragionevole durata. Le stesse disposizioni si applicano in caso di giudizio di appello in seguito ad annullamento della sentenza con rinvio da parte della Corte di Cassazione. Il dies a quo di decorrenza dei suddetti termini è indicato dall’art. 344 bis, comma 3 del CPP, nel 90º giorno dalla scadenza del termine previsto dall’art. 544 del CPP per la redazione della sentenza di primo grado (comprendente eventuali proroghe ai sensi dell’art. 154 della disposizione Attuale del CPP). I termini ordinari di durata massima dei giudizi di impugnazione (due anni per l’Appello e un anno per la Cassazione), superati i quali scatta la declaratoria di improcedibilità, possono subire delle deroghe. Infatti, il c. 4 del citato art. 344 bis del CPP prevede un articolato regime di proroga dei suddetti termini. Con ordinanza motivata, ricorribile in Cassazione, il Giudice può disporre la proroga quando “il giudizio di impugnazione è particolarmente complesso, in ragione del numero delle parti o delle imputazioni o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare…” per un periodo non superiore a un anno in appello e se mesi in cassazione. Tale previsione riguarda genericamente qualsiasi reato. Mentre è prevista, poi, la possibilità di ulteriori proroghe, sempre per il motivo della complessità del giudizio di impugnazione, in relazione a delitti di particolare gravità che vengono tassativamente elencati sempre al c. 4 citato. In questo caso, però, dalla lettura della norma, sembra che per i delitti specificamente indicati le proroghe potrebbero essere illimitate. Ciò si deduce dalla circostanza che al successivo capoverso viene specificato che (solo) quando si procede per delitti aggravati ai sensi dell’art. 416 bis c. 1 del Codice Penale i periodi di proroga non possono superare complessivamente i tre anni nel giudizio di appello e un anno e sei mesi nel giudizio di Cassazione.

Continua…

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 28/10/2022.


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