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Attualità

Quando la disperazione prende il sopravvento, la speranza si aggrappa alla vita

Oggi, non a caso, spunta l’arcobaleno a Bovalino. Mentre il sole, stamattina, si accingeva a sorgere, un barcone accarezzava un pezzo della spiaggia ionica per poi appoggiarsi definitivamente sulla riva della Conca Glauca. Portava con sé un carico di umanità, di coraggio, di sana follia. Trentadue cuori, trentadue volti che, giungendo a terra, hanno già conquistato un pizzico del loro sogno: raggiungere un luogo lontano da guerre e carestie. Provengono da Siria, Afghanistan e Iraq ma, nei loro occhi, si intravedono tutti i colori dell’universo. L’ennesimo viaggio della speranza del Mediterraneo, croce e delizia di anime migranti in cerca di fortuna. Non capiscono e non parlano la lingua italiana, ma percepiscono l’ospitalità della nostra gente. Tra loro sembrano molto uniti, somigliano a una grande famiglia: chissà quante volte hanno dovuto stringersi e consolarsi l’un l’altro durante la traversata. Scene e immagini del genere stimolano un’ampia e profonda riflessione oltre a scatenare intense vibrazioni nella sensibilità di ogni essere umano. Siamo tutti creature del mondo, apparteniamo allo stesso cielo e allo stesso mare, ma è il vento a stabilire la nostra rotta. Siamo figli diversi di tempi e luoghi diversi, ma ciò che ci rende unici e uniti è il sacrosanto diritto alla vita, alla sopravvivenza. Migrare è una necessità, è un esercizio per imparare ad allenare un’utopia: prima o poi, per una ragione qualsiasi, toccherà a tante e tanti di noi, anche solo con la mente. E nella migrazione, sia essa intellettuale, morale o sociale, andremo alla ricerca, istintivamente, di ciò che ci manca, di tutto ciò che ci completa. Benvenuti in Calabria, terra di niente e di tutto, di gente che parte e di gente che arriva, di culture che si intrecciano, di braccia che si allargano. Il potere della lentezza ci aiuterà a soffermarci su certi momenti, la bellezza potrà contribuire ad arricchire la nostra narrazione, oltre a salvare il mondo.

Foto: Elisabetta Andrizzi

Giovanni Ruffo

Nato e cresciuto sullo Jonio, con il corpo accarezzato dalla brezza del mare e un potente richiamo spirituale in Aspromonte. Cittadino e straniero ovunque, amante della bellezza immateriale e delle meravigliose ricchezze che madre natura dona ai suoi ospiti. Avventure radiofoniche di musicultura e una passione viscerale per il teatro e la scrittura, terapie dell’anima necessarie per coltivare i princìpi di resilienza e r-esistenza, coniuga la tradizione con l’innovazione, le radici con le ali. Ricerca sprazzi e scorci di poesia nelle crepe, negli anfratti più nascosti, in ogni spigolo di mondo. Ama la diversità e la libertà, intese come opportunità e strumenti di crescita. Detesta i muri dell’indifferenza e crede nei ponti dell’umanità, trovando nelle differenze delle autentiche risorse costruttive e collettive.

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