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Attualità

Francesco Fortugno, un sacrificio da trasmettere

Un sorriso che non si potrà mai dimenticare. È quello, spezzato il pomeriggio del 16 ottobre 2005, di Francesco Fortugno. Palazzo Nieddu Del Rio, posto al centro di Locri, è la scena del delitto. Il bersaglio è il Vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria. È lui l’obiettivo di un killer che spara e fugge coperto da un complice che lo attende poco distante. Il gelo cade su Locri. La città si sente violata da quegli spari che uccidono un rappresentante dello Stato che si trova in mezzo ad altri cittadini e nel posto in cui si stava esprimendo il momento massimo della democrazia, mentre stava decidendo il futuro della nazione.
“Le modalità del fatto – scrivono i giudici della Corte di Assise di Locri nelle motivazioni del primo grado, – e la simbologia della quale era rivestito per il soggetto colpito, per il luogo prescelto, in cui era in corso lo scrutinio per la scelta del candidato premier dello schieramento di centrosinistra in vista delle Elezioni Politiche nazionali, nel rispetto delle regole di democrazia, per la tragica platealità dell’azione commessa in pieno giorno, a distanza ravvicinata dalla vittima, sono tutte esemplificative dell’attualizzazione, in quello scenario, di un chiaro metodo mafioso.”
Fortugno è stato colpito e, con lui, la parte sana della società civile che voleva cambiare il sistema. Ucciso da un proiettile che ha messo fine a un sogno. Quello del cambiamento. Non piaceva (e forse non piace ancora) a tutti la voglia di cambiamento che è stata recisa in quel dato momento storico a Locri e che ha segnato per lungo tempo l’evoluzione della politica locale e regionale. E forse anche oltre.
Del resto, per dirla come i giudici dell’Assise di Locri “è da escludersi anche per ragioni logiche che tale gesto possa essere ricondotto a una deliberazione momentanea, ma è stato accuratamente studiato.”
A chi dava fastidio la volontà politica di Francesco Fortugno di superare quello stallo in cui stava precipitando la politica regionale? Quale massimo sistema ha impedito di cogliere da quel sorriso un progetto politico nuovo e differente?
Il dolore per la morte di Fortugno è ancora troppo forte. C’è chi ha voluto sacrificarlo utilizzando “un chiaro metodo mafioso”, per dare un segnale che a molti non è stato chiaro, almeno fino a questo momento, e che ha ucciso un uomo e una politica della diversità. Forse questo è stato il motivo che ha portato a colpire Fortugno: il suo diverso modo di intendere la politica. Il suo essere diverso da molti altri politici che in quel determinato momento avevano altre aspettative e guardavano a interessi che non erano il vero bene comune.
La morte di Fortugno ha segnato però la sconfitta di quel mondo oscuro. Ha consegnato una forza incredibile ai giovani, che sono stati protagonisti di un risveglio non solo culturale, ma soprattutto umano. In quel momento, infatti, si sono spezzate delle catene che si stavano sempre più stringendo attorno alla società dell’epoca, malgrado i tanti tentativi di spezzarle, anche attraverso un voto libero. Nasce in quel momento una nuova primavera per Locri, la Locride, la Calabria intera. Nasce perché Fortugno è un politico libero e innovativo in mezzo a tanto ancien régime che stava oscurando la Calabria. Il tentativo di restaurazione non è stato consentito da quella parte dello Stato che ha condotto con celerità le indagini. Quello Stato che è giunto a Locri per dare un segnale forte e preciso. Che non si è lasciato intimidire dal metodo mafioso. Che non ha commesso lo sbaglio di lasciare da sola la Calabria. Che ha portato alla forza di gridare dei giovani calabresi. Anche per questo motivo quello di Francesco Fortugno è stato un sacrificio da trasmettere alle nuove generazioni come simbolo della voglia di cambiamento e di democrazia dei cittadini calabresi.

Foto: osservatoriosullandrangheta.org

Oὐδείς

Oὐδείς (pronuncia üdéis) è il sostantivo con il quale Ulisse si presenta a Polifemo nell’Odissea di Omero, e significa “nessuno”. Grazie a questo semplice stratagemma, quando il re di Itaca acceca Polifemo per fuggire dalla sua grotta, il ciclope chiama in soccorso i suoi fratelli urlando che «Nessuno lo ha accecato!», non rendendosi tuttavia conto di aver appena agevolato la fuga dei suoi aggressori. Tornata alla ribalta grazie a uno splendido graphic novel di Carmine di Giandomenico, la denominazione Oὐδείς è stata “rubata” dal più misterioso dei nostri collaboratori, che si impegnerà a esporre a voi lettori punti di vista inediti o approfondimenti che nessuno, per l’appunto, ha fino a oggi avuto il coraggio di affrontare.

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