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Costume e SocietàLetteratura

La precisione tedesca e l’amore per Firenze

Di Francesco Cesare Strangio

La casa si presentava come un santuario del gusto e della cultura. A prova di tutto ciò vi era una biblioteca che occupava l’intera parete della sala.
La governante prese permesso e si avviò verso la porta che stava nella parte sinistra del salone; a distanza di qualche minuto entrò una signora, si notò subito che quella era la padrona di casa. Il sesto senso di Francesco Rossi ebbe ragione.
Si alzarono e Klöden fece da cicerone delle presentazioni.
La signora disse di chiamarsi Eva.
Rossi si rese conto che Klöden lì era di casa.
La signora Eva parlava un buon italiano, l’unica a tradirla era l’accento tedesco, si capiva che era frutto di una conoscenza, più che da frequentazioni, da letteratura. La signora li pregò di accomodarsi e chiese loro che cosa gradivano da bere.
Rossi si sentì imbarazzato e si affidò alla padrona di casa.
Eva chiamò la governante e fece portare del cognac invecchiato.
L’imprenditore lo bevve lentamente, era qualcosa d’indescrivibile e ineguagliabile. Erano anni che non assaggiava un liquore simile. L’ultima volta che lo aveva bevuto era stata quando aveva ricevuto in dono una bottiglia da un industriale Svizzero.
La Signora, avvedutasi che l’italiano lo mandava giù con piacere, fece cenno alla governante di servire un secondo bicchiere di cognac.
La governante ritirò i classici bicchieri a pancia, tipici del cognac, e ne riempì degli altri puliti. Se fosse stato per Rossi avrebbe fatto il tris, ma le circostanze lo impedivano; era senz’altro tra i migliori al mondo, ma non poteva dare spazio al piacere della gola.
La signora chiese a Rossi: «In quale parte d’Italia risiede?»
Rossi rispose: «Abito a Firenze, sono calabrese e sono titolare di un’azienda a Milano.»
La Signora dondolava il capo in segno di compiacimento e poi chiese della zona in cui viveva a Firenze. Quella sua domanda così interessata fece capire che gradiva avere notizie di Firenze.
Rossi puntualizzò che abitava al centro, nella parte più antica, nelle vicinanze del Palazzo della Signoria.
Quando l’ospite sentì il Palazzo della Signoria, iniziò a parlare dei Medici; aveva una sbalorditiva conoscenza della storia di Firenze. I suoi occhi brillavano lasciando spazio alla grande ammirazione che aveva verso l’Italia e, in particolare, per la città d’arte per eccellenza.
Volle sapere le condizioni della chiesa di Santa Maria Novella, di Palazzo Pitti e poi si soffermò su Ponte Vecchio, lodandone la grande magnificenza della lavorazione dell’oro.
Fu d’obbligo per Rossi chiederle se avesse visitato Firenze. Gli rispose che l’avevano fatto per cinque anni di seguito, fino a quando la famiglia non si era ingrandita a tal punto da non poter più beneficiare del piacere di recarvisi. In ogni caso si era interessata alla città dei Medici studiando tutta la sua storia e i vari capolavori dell’arte che ospita.
Aggiunse: «Credo che non ci sia altra città al mondo che possa uguagliare la storia e l’arte di Firenze! Noi tedeschi amiamo follemente la Toscana.»
Si alzò e li pregò di accostarsi alla libreria.
Aveva un’infinità di libri di storia e di letteratura italiana. Rossi rimase esterrefatto, gli passò per la mente quando frequentava il Liceo Ginnasio di Soverato gestito dai Salesiani; riteneva a quel tempo di aver studiato molto e bene, ma davanti a tutti quei libri, che la donna affermò di aver letto, si rese conto di aver studiato bene ma poco.
Ritornarono a sedere e la padrona di casa confessò il sogno di passare gli ultimi anni della sua vita in una cascina ben restaurata in una campagna della Toscana.
Mentre si dialogava, un clacson fece sentire la sua voce, era arrivato il marito della signora.
Dopo un paio di minuti apparve alla porta del salone; era un uomo distinto di circa sessant’anni, si avvicinò ai presenti e si presentò con il nome di Friedrich.
Klöden presentò Rossi come il signore che produceva i profumi in Italia e che era lì perché interessato ad aprire un canale d’esportazione con la Germania dell’Est.
L’italiano ci tenne a far rilevare che la sua azienda era presente sul mercato della Germania dell’Ovest.
Friedrich annuì, accennando un breve sorriso.
La governante apparve dalla solita porta e disse che quando volevano avrebbero potuto accomodarsi a tavola.
Friedrich si alzò e tutti fecero la stessa cosa. La signora li precedette facendoli accomodare nella sala da pranzo.
Rossi guardò l’orologio e vide che le lancette indicavano esattamente mezzogiorno.
Notò la differenza che intercorre tra noi italiani, che siamo alquanto approssimativi, e loro. Forse questa nostra caratteristica ci ha permesso, nella storia, di raggiungere quei traguardi che per gli altri sono stati impossibili.
L’italiano notò che anche la sala da pranzo era ben curata e arredata con gusto. Gli veniva difficile pensare che anche nella Germania dell’Est ci fosse gente che, paradossalmente, non aveva nulla da invidiarci.
Come sempre c’è chi può e c’è chi non può! Come si suol dire: “Chi può va a cavallo, chi no va a piedi.”
Nel caso di Friedrich era tutto possibile.

Foto: cosmopolitan.com

Redazione

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