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Costume e SocietàLetteratura

Eppur si muove…

Di Mario Staglianò

Il giornalista de La Repubblica Giuseppe Smorto ha scritto un libro edito da Zolfo Editore e intitolato A Sud del Sud. Viaggio dentro la Calabria tra i diavoli e i resistenti per raccontare una regione data per perduta nell’immaginario del Paese e afflitta da un’eterna emergenza criminale. Tuttavia, il problema della Calabria è anche quello di non sapersi raccontare. Di essere raccontata male da un certo giornalismo più incline al facile racconto del peggio che non alla valorizzazione del meglio. O di non essere analizzata per niente o in modo parziale da una certa pubblicistica giornalistico-giudiziaria che è tanto feconda quanto stereotipata e stantia.
Questo perché la Calabria è fatta anche di mille storie positive e di realtà resistenti che la cronaca nera spesso oscura e che Smorto descrive nel libro. L’autore svela l’altra faccia della terra dell’emergenza in un percorso di 21 capitoli che, alla fine, disegna una dicotomia tra bene e male, tra i diavoli e i resistenti di cui parla l’autore nel sottotitolo. La mancanza dello Stato, il predominio delle cosche, la burocrazia soffocante sono sempre contrapposti a tutti quei lati positivi della Calabria che esistono ma che stentano a emergere e a farsi sentire.
Il famoso giornalista sportivo lombardo Gianni Brera, nel 1987, in occasione della vittoria nei 3.000 siepi dell’atleta sidernese Francesco Panetta, durante i campionati mondiali di atletica leggera di Roma, scrisse in latino questa frase: calaber numquam bonus, si bonus non optimus, si optimus, non calaber. Da allora il razzismo insito in questa frase ha fatto si che il sentimento prevalente nell’opinione pubblica nazionale sia rimasto lo stesso anzi, se possibile, il clima è peggiorato. Quando si parla di Calabria c’è sempre diffidenza, sospetto e timore.Tutto ciò in parte è giustificato dal fatto che la Calabria è, quasi sempre, ultima in qualsivoglia classifica che indichi sviluppo o qualità della vita.
La parte più importante del lavoro di Smorto è proprio il tentativo di invertire la rotta delle cronache che riguardano la Calabria iniziando una narrazione diversa, critica, ma attenta alle differenze  e pronta a cogliere i miglioramenti e le positività. Ciò non è un aspetto marginale, dato che la reputazione è una precondizione del progresso, dello sviluppo, della crescita. Comunicare male un’istituzione, come un territorio o un’azienda significa minarne l’esistenza e pregiudicarne il futuro. A ciò va aggiunta la critica che Smorto fa alla classe dirigente che ha gestito questa regione dal dopoguerra a oggi. Nelle storie che Smorto, nei 21 capitoli del libro, racconta sul banco degli imputati siedono sempre i politici e gli amministratori.
Nel libro, Smorto ci racconta e ci descrive tante storie positive. Molto spesso storie di passioni, di rivincite e di successi. Le eccellenze, i posti meravigliosi, la forza di spirito che però si scontrano quotidianamente, essenzialmente, con due mafie: quella che spaccia, ruba e spara e quella dei colletti bianchi che gestisce tutta la cosa pubblica.
A lettura terminata quello che emerge è l’amore dell’autore per la propria terra che è lo stesso amore misto a nostalgia che prende la moltitudine di calabresi che la necessità ha spinto a lasciare la propria terra in una diaspora continua. Un amore che, seguendo Carl Gustav Jung è un “un concetto estensibile che va dal cielo all’inferno, riunisce in sé il bene e il male, il sublime e l’infinito”. I diavoli e i resistenti di cui appunto l’autore parla nel sottotitolo.

Foto di copertina: giornalistitalia.it

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