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Costume e SocietàLetteratura

Come Ulisse con le sirene

Stasi XXVII - La parentesi jugoslava si rivela d’improvviso particolarmente piacevole, per Francesco Rossi ma, in una realtà totalitaria come quella dell’Europa dell’Est, il pericolo è sempre dietro l’angolo e anche i passatempi più innocenti potrebbero nascondere delle insidie…

Di Francesco Cesare Strangio

Il carattere irrequieto di Francesco Rossi era come il motore del suo GTV, dava il meglio di sé solo quando era sottoposto ai massimi giri.
Il suo carattere gioviale e l’ottimismo, sul teatro della commedia umana, lo rendevano particolarmente interessante e attraente.
Stefica era poco più che ventenne. Si sentiva attratta da quell’uomo che aveva superato da poco il quarantesimo anno di età. Non vedeva l’ora di lasciarsi andare nelle sue braccia, oltrepassando il limite della ragione per essere amata fino allo spasimo. Fremeva, soggiogata da quei pensieri.
A un tratto la giovane donna dai capelli corvini, esclamò:
«Siamo arrivati… è semplicemente fantastico!» Aveva un accento curioso e affabile.
Alla vista del mare, Rossi tirò un grande respiro a pieni polmoni, come se volesse assorbire l’intera area che aleggiava sopra quelle acque.
Chi nasce e cresce, come lui, vicino alla riva del mare, sarà attratto per sempre dall’impercettibile canto delle sirene.
A quel pensiero, gli tornò alla mente il verso cantato da Omero, e più volte recitato dal nonno:

… delle Sirene, e n’ode il canto, a lui
Né la sposa fedel, né i cari figli
Verranno incontro su le soglie in festa.
Le Sirene sedendo in un bel prato,
Mandano un canto dalle argute labbra,
Che alletta il passeggero; a non lontano
D’ossa d’umani putrefatti corpi
E di pelli marcite, un monte s’alza.
Tu veloce oltrepassa, e con mollita
Cera de’ tuoi così l’orecchio tura,
Che non vi possa penetrar la voce.
Odila tu, se vuoi; sol che diritto
Te della nave all’albero i compagni
Leghino, e i piedi stringanti, e le mani;
Perché il diletto di sentir la voce
Delle Sirene tu non perda. E dove
Pregassi o comandassi ai tuoi di sciorti,
Le ritorte raddoppino i lacci…

Per un istante, la mente di Rossi fu attraversata da un folle pensiero: «Forse la giovane donna, in un tempo diverso, è stata la maga Circe».
Con forza si allontanò dall’uscio di quel meandro di pensieri, facendo ritorno alla realtà. Volse lo sguardo verso Stefica, i cui occhi, sotto i riflessi di quel mare dalle limpide acque, decuplicarono la loro bellezza.
La donna, in un batter d’occhio, si tolse i vestiti e mise in mostra la perfezione del suo fisico. Il costume color nero esaltava la sua pelle vellutata accarezzata dai raggi del sole.
La brezza spostava la sua bionda chioma verso dietro: era semplicemente fantastica. Tutto sembrava animato da un magnifico e interminabile sogno.
A un tratto, Stefica abbandonò la terra tuffandosi nelle limpide acque assumendo l’aspetto di una ninfa. Pochi secondi dopo, la ragazza dai capelli corvini la seguì. La natura sembrava aver creato il suo capolavoro generando quelle due magnifiche creature.
Rossi mise in mostra il suo fisico da guerriero greco; il colore olivastro della pelle e il profilo del viso lo confondevano con un Dio dell’Olimpo.
Stefica si avvicinò nuotando sott’acqua per poi scivolare e pararsi davanti a Rossi. I loro sguardi s’incrociarono, la loro pelle venne a contatto provocando in entrambi dei brividi di emozioni.
In quegli attimi prevalse l’istinto e i due si baciarono, cosa che li portò ai confini dell’eternità. Rossi fu percorso da una vibrazione che gli partì dal petto per terminare nel basso ventre.
Il funzionario era una persona simpatica, ma nello stesso tempo un acuto osservatore dell’animo umano.
Rossi, da uomo navigato, si rese conto di essere scrutato e analizzato in ogni dettaglio, sin dal suo arrivo.
Non aveva nulla da temere, poiché la sua forza stava nella rettitudine e nella trasparenza; era amante delle cose giuste e ciò lo portava ad abiurare le bugie e la disonestà.
La cultura classica, acquisita sin dalla sua tenera età, lo avvantaggiava ogni qual volta che si trovava a confrontarsi con gli altri. Era astuto e rispettoso, stava sempre molto attento a non crearsi nemici.
Aveva la piena consapevolezza dell’area geografica in cui si trovava.
Crearsi oltre la cortina di ferro dei nemici come il funzionario, sarebbe equivalso a non fare più ritorno a casa.
Era suo costume evitare a ogni costo le liti; non voleva fare la fine di Ulisse che, lasciando Troia in fiamme, si trovò a navigare lungamente per mari sconosciuti. Accettava il rischio, ma preferiva viaggiare per acque conosciute.
Si sentì chiamare, era la ninfa di cui si era infatuato che segnalava dei languori allo stomaco.
Si avvicinò a Stevo e chiese se conoscesse qualche ristorante dove si mangiava del buon pesce.
Stevo rispose che sulla baia c’era un hotel ristorante che faceva al caso loro.
Si asciugarono al sole, una volta vestiti partirono in direzione della baia.
Stevo li portò in un ristorante in cui vi era l’albergo annesso.
Si trattava di una struttura dove andavano a fare le vacanze quelli della nomenclatura Jugoslava. La sua bellezza e la sua grandezza erano degne di nota.
Le ragazze non credevano ai loro occhi, tanto che ne rimasero ammirate.
Le loro possibilità economiche non avrebbero mai permesso loro di poter fare delle vacanze in un posto di una tale portata. Erano visibilmente contente ed emozionate, tant’è che Stefica prese la mano sinistra di Rossi e accostandola alle labbra la baciò ripetutamente. Quel gesto emozionò l’italiano che accostò il suo viso a quello di Stefica.

Foto: Ulisse e le Sirene di Herbert James Draper

Redazione

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