ADVST
Costume e Società

Ctrl+D

Di Deborah Callà

6:30:
Suona la sveglia.

7:30:
«Mamma, è arrivato il pulmino! Ciao!»
«Dimentichi la merenda!»
«Grazie, mamma!»
Com’è possibile che, alle sette del mattino, il mondo sia già sveglio e i suoni e i rumori prendano vita? Si insinuano ovunque, attraversano anche il cuscino schiacciato contro le mie orecchie. Se solo si potesse avere un po’ di silenzio…

7:45:
Coronavirus, Italia, raddoppiano i contagi…
«Buongiorno, pà…»
«Buongiorno!»
Stamattina anche il computer ha deciso di tuonare come un trattore. Se solo si potesse avere un minimo di silenzio…

8:00:
«Buongiorno, prof.»
«Buongiorno, buongiorno. Ciao, Callà»
Sono le otto e i suoni hanno preso vita da un paio d’ore: la gente parla, i motori delle macchine ruggiscono sull’autostrada dietro casa, il Telegiornale delle otto va avanti ininterrottamente, il vicino ancora non si è alzato e ha già il trapano in mano. Se solo si potesse avere un po’ di silenzio… Se solo ci fosse un modo per zittire il mondo…
«Ragazzi, siete troppo rumorosi, spegnete il microfono!»
Ctrl+D
Mi strofino gli occhi dopo aver schiacciato i tasti… Intorno a me tutto è bianco, le uniche sfumature di grigio si posano sul mio computer, la schermata di Google Meet e la mia scrivania. Perché non riesco a sentire più nulla? Scorgo sulla schermata, accanto alla mia immagine una S. Che fine hanno fatto i miei compagni e la prof?
Non trascorre molto tempo che alla S e accanto al mio volto confuso si sostituisce quello di un uomo. Ha i capelli bianchi, qualche ruga, occhi dolci e sorride. Strano come il volto di questa persona ispiri tranquillità. Provo ad aprire il microfono, ma Meet afferma Impossibile riattivare. L’uomo si porta un dito alle labbra e mi porge la mano che, lentamente, esce fuori dallo schermo. L’afferro, indecisa. In poco tempo attraverso il display e mi ritrovo in una grande stanza. Attorno a me non c’è niente, solo un interminabile spazio bianco occupato dal vuoto. L’uomo mi sorride, mi porge un portatile e inizia a parlare:
«Quale onore e gioia pervadono il mio animo ora che tu mi hai ridato vita. Io sono il silenzio e questa campana di vetro è la mia dimora. Qui dentro non potrai udire altro che me. L’unico modo per comunicare è scrivere sulla chat di Google Meet».
Incuriosita, apro il portatile e inizio a scrivere:
“Cosa è successo?”
«Desideravi il silenzio e ora mi hai dinanzi, cos’è che ti sconvolge? Non sarà la mia presenza?»
“Più che la tua presenza mi spaventa l’assenza dei suoni”
«Chi diresti che io sia?»
“Non saprei, ora come ora ti definirei confusione… ti si addice, confusione…”
«Non mi era mai capitato di essere identificato in un tal modo. Perché mi definisci confusione?»
“Il silenzio confonde perché non esiste, è una cosa relativa. Anche nei momenti di silenzio esso non esiste realmente, c’è sempre un rumore o un suono in secondo piano a riempire il vuoto che il silenzio causerebbe. Penso che il silenzio sia un’anomalia, non rilevare i suoni significa non capire cosa accade attorno a noi, non siamo abituati a questo. Parlando di silenzio relativo, non sentiamo suoni e rumori quando siamo soli, alcune volte la solitudine deprime e insonorizza”
«Colgo ogni tua parola, ma il silenzio può essere inteso anche in altra chiave. Il silenzio esiste quando le parole falliscono, è lui che prende vita e racconta. Origina un vuoto, ma non lo si può udire in quanto è sovrastato dal rumore dei pensieri, dall’armonia delle emozioni. Il silenzio non è solitudine: è necessario per dare ascolto a se stessi ed è abitato da coloro di cui senti la mancanza.»
“…”«Vedi? Il silenzio è una risposta colma di emozioni: talvolta è tristezza, talvolta rabbia, talvolta stupore e sbalordimento. La nostra conversazione è giunta al termine, ora puoi riattivare il tuo microfono»
“E tu, che fine farai?”
«Tutti nascono per morire e muoiono per rinascere».
Ctrl+D.

Deborah Callà

Foto di copertina: elle.com

Redazione

Redazione è il nome sotto il quale voi lettori avrete la possibilità di trovare quotidianamente aggiornamenti provenienti dagli Uffici Stampa delle Forze dell’Ordine, degli Enti Amministrativi locali e sovraordinati, delle associazioni operanti sul territorio e persino dei professionisti che sceglieranno le pagine del nostro quotidiano online per aiutarvi ad avere maggiore familiarità con gli aspetti più complessi della nostra realtà sociale. Un’interfaccia che vi aiuterà a rimanere costantemente aggiornati su ciò che vi circonda e vi darà gli strumenti per interpretare al meglio il nostro tempo così complesso.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button