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Costume e SocietàLetteratura

Il Bracciale del Tempo

Le cronache di Atlantidea VII

Di Luisa Totino

Talòs e i tre ragazzi scesero la scalinata della Sala del Gran Consiglio fin dove c’erano i soldati con i Dasculòs. Talòs si rimise l’elmo e, con tono di comando, disse ai soldati: «Tornate nei vostri alloggi fino a nuovo ordine! Accompagnate i Dasculòs e sistemateli nei loro giacigli, nei sotterranei del Palazzo. Hanno bisogno anche loro di riposare!»
E i soldati risposero in coro: «Attulop, Talòs (Agli ordini, Talòs)!»
Vera, allora, incuriosita, si avvicinò a Talòs e chiese: «Come fate, qui ad Atlantidea, a parlare la vostra lingua e nello stesso tempo a conoscere quella del nostro mondo? E come fanno, esseri che potrebbero respirare solo sott’acqua, a stare tranquillamente in superficie? E…»
Talòs interruppe subito Vera: «Calma ragazzina, vuoi sapere troppe cose in una volta. Ho una missione con te, e anche con i tuoi amici: farvi conoscere Atlantidea.»
Vera replicò con aria di sufficienza alle parole di Talòs: «Io non sono una ragazzina, comunque. Sono Vera Kalendra, colei che salverà Atlantidea, non è così ragazzi?»
E Bea e Mattia in coro risposero: «Sì, sì, vero!»
Talòs guardò le nubi, minacciose e nere, da Nord, e disse: «Ora andiamo nel mio alloggio, sull’isola – satellite 4, lì ci riposeremo e davanti d una buona cena avremo tutto il tempo di parlare.»
Mattia, però, chiese subito a Talòs: «E come ci arriviamo senza i Dasculòs? Hai detto che si potevano muovere per terra, per mare e per aria.»
Anche Bea disse la sua: «Basta che non voliamo, per me va bene qualsiasi cosa.»
Talòs rispose: «I Dasculòs li utilizziamo nelle battaglie o per sorvegliare le Regioni di Atlantidea, ma non sono animali domestici. Qui sull’isola madre vivono solo le famiglie dei membri del Gran Consiglio, sulle isole – satellite abitano, invece, i soldati e le loro famiglie, quelli semplici e i comandanti di manipoli e coloro che lavorano per loro: i lucidatori di armature, i ricamatori di uniformi e gli addestratori di reclute per la Fratellanza di Atlantidea, che presto conoscerete.»
Mattia, a un certo punto, guardò le nubi che si avvicinavano e chiese a Talòs: «Cosa sono quelle nubi, è in arrivo un temporale?»
E Talòs: «Quando smetterete di pensare come gli abitanti del Metaverso? Ti basti sapere, ragazzo, che non è niente di buono, niente di buono davvero!»
Vera, allora, si rivolse a Talòs: «Perché parli sempre di questo Metaverso? Cosa sarebbe?»
Talòs le rispose: «Mi sa tanto che Lena non ha potuto raccontarti molto di Atlantidea. Ha lasciato questo onere a me a quanto pare.»
Parlando e camminando arrivarono nei pressi di un molo: davanti a loro il mare aperto, in lontananza un piccolo isolotto. Quando furono al bordo del molo Talòs gridò: «Tàrgorum (Emergi)!»
All’improvviso, nell’acqua, cominciò a muoversi qualcosa, le onde cominciarono a ribollire e ne uscì un gigantesco e stupefacente ippocampo, che si avvicinò subito a Talòs per essere accarezzato da lui.
Poi Talòs rivolgendosi ai ragazzi disse: «Lui è Afrione, il mio ippocampo domestico.»
Bea, subito, disse: «Dovremmo salire su quel coso?»
E Talòs: «Non è un “coso”, è un ippocampo. E ora in sella!»
Salirono tutti e tre dietro Talòs che, prese le briglie, spronò Afrione alla volta dell’isola – satellite. L’aria fendeva i volti dei ragazzi e i flutti sferzavano le loro gambe.
Talòs disse ai ragazzi: «Allora, come vi sembra cavalcare un ippocampo?»
E Vera: «È decisamente incredibile!»
E Bea, tenendosi forte a Mattia disse: «Non si potrebbe andare più piano?!»
Talòs disse: «Ci siamo quasi!»
Infatti, qualche minuto dopo, arrivarono in prossimità della spiaggia, salutarono Afrione e, giunti a riva, s’incamminarono all’interno dell’isola che aveva una flora rigogliosa e straordinaria, con piante singolarissime: cactus minuscoli, margherite arcobaleno, palme con sei chiome. I ragazzi erano attoniti, ma niente in confronto allo stupore davanti alla casa di Talòs. Si guardarono tutti e tre con meraviglia, non potevano credere ai loro occhi.
Talòs disse: «Finalmente casa!»
L’abitazione aveva forma ovale, tutta ricoperta di muschio, con delle finestre su due piani e una finestra centrale con un balcone, una canna fumaria per il camino e un lucernario fatto a vetri all’apice della casa. Superata la staccionata e percorso il vialetto si ritrovarono all’uscio dell’abitazione, sempre di forma ovale, che si aprì senza uso di maniglia. Entrarono in un salotto ben arredato, di gusto anticamente vittoriano, austero, ma accogliente, e tutto era rigorosamente di forma ovale, anche il caminetto.
Talòs disse: «Sedetevi. Prima di cenare dobbiamo parlare, dovete sapere del Bracciale del Tempo.»
I ragazzi si sedettero attorno a un tavolo, mentre Talòs si diresse verso uno specchio, situato alla parete, si tolse l’elmo e lo appoggiò sul mobile sottostante, poi pose il palmo della mano sullo specchio e chiuse gli occhi, dopo qualche minuto li riaprì e staccò la mano, poi andò a sedere con i ragazzi.
Vera, allora, gli disse: «Posso chiederti cosa hai fatto?»
E Talòs: «Ho riposto il mio tempo di oggi nel Raccoglistorie. Nel Metaverso non lo fate?»
E Vera: «Da noi lo specchio serve a riflettere la nostra immagine.»
E Bea: «A litigare con la nostra immagine, quando non ci vediamo come vorremmo.»
Talòs, allora, disse: «Sono tutte conseguenze del Grande Sconvolgimento. Molto tempo fa, quando tutto era in armonia tra uomini e dei, Atlantidea era l’unico mondo possibile. La Regina Altea regnava indiscussa e manteneva la pace e la prosperità in ogni momento del tempo di ognuno, perché possedeva il Bracciale del Tempo. Venne forgiato dai piccoli Tuttofare dell’Ovest. Su di esso è incisa la formula per mantenere il Tempo in equilibrio perfetto tra gli attimi bui e i giorni spensierati e solerti. Ma Altea aveva toccato il cuore di un giovane soldato dell’esercito della Fratellanza, lo incontrò, per la prima volta, alla Festa dei raccolti, nella Regione del Sud, era nel drappello di soldati che la scortavano. Tra loro scoppiò una passione travolgente: cercavano tutti i momenti possibili per vedersi di nascosto. Già, di nascosto, perché lei era promessa sposa a Gòrgos, figlio del dio terreno Ghèrberon, ma lei non lo amava. Purtroppo, però, una notte, mentre la Regina e il suo amato s’incontravano alle Cascate del Sogno, una sentinella di Ghèrberon li vide e corse a riferirlo. Fu l’inizio della fine, la Regina Altea fu accusata di tradimento dal dio Ghèrberon, non solo nei confronti di suo figlio, ma anche dell’intera Atlantidea: doveva essere bandita. A nulla valsero i tentativi del giovane soldato, davanti al Gran Consiglio, di difendere la Regina. Alla fine la decisione fu presa: Altea doveva essere esiliata. Il Gran Consiglio decise allora di creare un avamposto oltre il nostro mondo, il Metaverso, dove la Regina Altea avrebbe vissuto per il resto dei suoi giorni. La portarono via in catene, quei vigliacchi, ma il giovane soldato si ribellò e, con un manipolo dei suoi, decise di liberarla prima che passasse il portale per sempre. Ci fu una battaglia ai confini della Terra della Fermezza, caddero molti soldati, uomini che accorsero in aiuto della loro Regina, e dei. Alla fine le guardie del Gran Consiglio ebbero la meglio. Prima di farle oltrepassare il portale, quell’immondo di Gòrgos le tolse il Bracciale del Tempo ma, strappandolo dal braccio di Altea, lo ruppe, l’effigie con il volto della Regina rimase impigliato nella manica del vestito di lei. Altea e il soldato erano certi che non si sarebbero più rivisti. Non passò molto tempo, però, che il soldato scoprì l’inganno di Gòrgos. Fu lui, infatti, a inviare la sentinella a scoprire i due amanti dopo aver ordito a insaputa di entrambi il loro incontro. Fu condannato a vivere nell’abisso del Metaverso. Di lui si perse il ricordo, per i tempi dei tempi. Ma ora qualcosa sta cambiando, un’ombra oscura sta minacciando di nuovo Atlantidea. Se è Gòrgos, si sta preparando alla vendetta in modo spietato, perché ha una parte del Bracciale del Tempo, e tu Vera puoi ricompattare il Bracciale. Dobbiamo sottrarlo a Gòrgos e salvare i due mondi. Solo tu lo puoi fare, e ti devi preparare per questo, e voi con lei.»
Finito di narrare, i tre ragazzi avevano le lacrime agli occhi. Talòs si allontanò in fretta da loro e uscì da casa, andando a sedersi su una piccola roccia del suo giardino. Vera lo raggiunse e, mettendogli una mano sulla spalla, gli chiese: «Come si chiamava il soldato?»
E lui: «Talòs, si chiamava Talòs Antripate.»
Detto questo si sciolse in lacrime…

Continua…

Redazione

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